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Da Morbioli (Coveco) e Sutto conferme sulla gara truccata.

Tribunale del riesame: Boscolo Anzoletti resta ai domiciliari

VENEZIA – Il Tribunale del riesame di Venezia (relatrice Daniela Defazio) ha confermato gli arresti domiciliari per Roberto Boscolo Anzoletti, il titolare della «Lavori Marittimi e Dragaggi» di Chioggia, respingendo il ricorso presentato dai difensori, ha invece revocato la misura dell’obbligo di dimora nei confronti di Juri Barbujgian della «Nautilus srl» di Venezia e di Carlo Tiozzo Brasiola della «Somit» di Chioggia, così come avevano chiesto gli avvocati Marco Vassallo, Renzo Fogliata e Stefano Rizzardi. Infine, hanno modificato la misura per Luciano Boscolo Cucco de «La Dragaggi», difeso dall’avvocato Daniele Grasso: hanno confermato l’obbligo di dimora nel territorio del Comune di Chioggia, ma hanno revocato l’altro obbligo, quello di rimanere in casa dalle 8 alle 17. Ieri mattina, l’udienza a porte chiuse ha visto anche la partecipazione del pubblico ministero Paola Tonini, che a conferma delle sue accuse ha depositato i verbali d’interrogatorio di due indagati, quello del braccio destro di Giovanni Mazzacurati, Federico Sutto, e quello di Franco Morbioli, presidente del «Coveco«, il capo di Pio Savioli, colui che era incaricato di ritirare i soldi presso le imprese del Consorzio Venezia Nuova per poi consegnarle a politici e pubblici funzionari, oltre che a trattenerne un a parte. Sutto è agli arresti domiciliari, mentre Morbioli è semplicemente indagato. Nel verbale d’interrogatorio di quest’ultimo l’imprenditore racconta come era andata la vicenda della gara d’appalto per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale che è costata l’arresto a Mazzacurati e agli altri per turbativa d’asta. «Pio Savioli», si legge, «mi disse che la Cooperativa San Martino non avrebbe partecipato alla gara e che era stato l’ingegner Mazzacurati a fornire questa indicazione. Mi disse ancora che a quella gara avrebbero partecipato le piccole imprese e che si sarebbero astenute anche la Mantovani e la Codemar». Morbioli, però, non si astiene e presenta all’ultimo momento un’offerta e allora «Giorgio Mainoldi (del Consorzio) è venuto a chiedermi di ritirarla, dicendomi “Tu sai già come dovrebbero andare le cose rispetto alle gare dell’Autorità portuale, è bene quindi che il Coveco ritiri l’offerta perché poi potrebbero essersi problemi con il Consorzio”». E ancora: «Savioli mi disse che Mazzacurati era andato su tutte le furie a causa delle nostra offerta, poi mi disse che il Consorzio poteva prospettare una somma oscillante tra i 100 e i 200 mila euro, in cambio il Coveco doveva trovare il modo per non farsi aggiudicare la gara». Anche Sutto ha confermato di aver agito in questa direzione, aggiungendo di averlo fatto su precise disposizioni di Mazzacurati.

Giorgio Cecchetti

 

CACCIARI  «L’origine dei mali nella concessione»

«L’origine di tutti i mali è il concessionario unico». Lo dice Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia. «Il grave errore che si è fatto è stato quello di affidare la salvaguardia a un’unica opera di profilo altissimo», continua Cacciari, «creando l’humus ideale per ogni pratica monopolistica come quella che per anni ha visto unico attore il Consorzio, con il beneplacito di tutti i governi dal 1984 ad oggi. Berlusconi come Prodi. È davvero inquietante». Così Cacciari in un intervista proiettata giovedì sera dagli schermi dello Sherwood Festival al parco San Giuliano di Mestre.

 

IL CASO –  Anche il pm Ancilotto all’interrogatorio di Mazzacurati

Il magistrato che indaga sul caso Baita-Mantovani insieme alla collega Tonini: inchieste sempre più intrecciate

VENEZIA – Nuovo appuntamento con il pubblico ministero Paola Tonini per Giovanni Mazzacurati la prossima settimana, ma prima il magistrato interrogherà un altro degli arrestati che ha chiesto di essere sentito e che ha l’intenzione di vuotare il sacco, è Pio Savioli, il rappresentante del Consorzio Veneto Cooperativo nel Consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova. E’ quello che gli investigatori della Guardia di finanza hanno intercettato e filmato mentre ritirava i soldi in nero dagli imprenditori titolari delle ditte del Consorzio, la Cooperativa San Martino di Mario e Stefano Boscolo Bacheto, la Te.Ma di Gianfranco Castelli, la Geosigma di Diego Tramontin. Ma tutte le imprese avevano l’obbligo di contribuire al «fondo nero» consegnando lo 0,5 per cento dell’importo dei lavori ottenuti per il Mose. «Molte imprese avevano ingenti avanzi di gestione che abbattevano con il sistema della falsa fatturazione» si legge nell’informativa delle «fiamme gialle». E sia il pubblico ministero Stefano Ancilotto sia la collega Tonini hanno scoperto come gli imprenditori legati a Mazzacurati costituivano i fondi neri (sette milioni e mezzo Piergiorgio Baita della Mantovani grazie ad una società di San Marcino e la Coop San Martino cinque milioni e 800 mila grazie ad una società con sede a Villach in Austria). Adesso vogliono scoprire a chi finivano quei soldi: Claudia Minutillo, l’ex segretaria di Giancarlo Galan poi diventata manager, e Baita hanno già parlato, hanno fatto i nomi.

Adesso tocca a Giovanni Mazzacurati ed è proprio per questo che il pubblico ministero Ancilotto, giovedì pomeriggio, ha assistito all’interrogatorio dell’anziano ingegnere negli uffici della Guardia di finanza di Mestre e presumibilmente assisterà anche ai prossimi colloqui con il pm Tonini. Non è escluso che Baita, i cui verbali d’interrogatorio sono secretati, abbia sostenuto che era proprio Mazzacurati a consegnare le mazzette a Roma e a Venezia per quanto riguarda i lavori del Mose e che sarebbe stato necessario chiedere a lui i nomi di coloro che percepivano le tangenti. Dunque, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova sarebbe stato uno dei prossimi obiettivi dell’inchiesta partita dalla frode fiscale della Mantovani e per questo motivo anche il pm Ancilotto è interessato a ciò che ha da dire, dopo che è finito agli arresti domiciliari per turbativa d’asta. Un’accusa lieve, visto che con un patteggiamento o con il rito abbreviato potrebbe cavarsela con una condanna di poco superiore ai 12 mesi di reclusione, rispetto ai reati che potrebbero piovergli tra capo e collo se le ipotesi avanzate dagli investigatori della Finanza, quelle di associazione a delinquere, corruzione e altro, fossero provate. Intanto il pm Tonini e i finanzieri stanno monitorando tutti gli appalti per lo scavo dei canali navigabili dell’Autorità portuale, che sono diciannove. Per la maggior parte gare vinte dalle imprese maggiori, costrette però poi a subappaltare alle piccole che sono le uniche ad avere i mezzi necessari.(g.c.)

 

Pd: il consigliere Marchese si autosospende

Passo indietro dopo le accuse di finanziamenti illeciti. La parlamentare Rubinato: «Ora chi sa parli»

IL SEGRETARIO FILIPPIN – Non è mai stato il nostro tesoriere, spero che le indagini siano rapide e sono certa che Piero potrà dimostrare la sua totale estraneità

VENEZIA – Il consigliere regionale Giampietro Marchese si è autosospeso dal Pd. L’ha reso noto in serata il segretario della federazione veneziana, Michele Mognato, che ha definito il passo indietro «Un atto opportuno perché volto ad evitare strumentalizzazioni politiche anche se non previsto dallo statuto del Partito»; «Il Pd è estraneo ai fatti oggetto d’indagine», ha concluso il dirigente democratico «ed è evidente che auspichiamo la massima chiarezza, ribadendo la nostra fiducia nel lavoro della magistratura». Marchese, il cui nome compare nelle indagini della Guardia di Finanza come presunto destinatario di contributi elettorali illeciti dal Consorzio Venezia Nuova, ha 55 anni, vive a Jesolo ed è al terzo mandato nell’assemblea di Palazzo Ferro-Fini dove in passato ha ricoperto la carica di vicepresidente e di capogruppo. Veterano del Pci-Pds-Ds-Pd, è stato responsabile organizzativo e si è occupato delle primarie. Ha presieduto, fino a tre mesi fa, la Fondazione Rinascita che gestisce il patrimonio dei disciolti Ds ma non era il “cassiere rosso”: «Piero Marchese non ha mai ricoperto il ruolo di tesoriere del Pd veneto né di quello veneziano», ha precisato il segretario regionale Rosanna Filippin, lesta a smentire indiscrezioni trapelate a distinguere le eventuali responsabilità personali da quelle del partito democratico «attendiamo che le indagini facciano il loro corso in totale autonomia e mi auguro che si giunga presto all’accertamento dei fatti, sono sicura che Piero Marchese potrà dimostrare la sua totale estraneità a quanto riportato dalla stampa». Quanto ai finanziamenti privati, Filippin conclude ricordando che «Il bilancio del Pd, a livello nazionale ma anche regionale, è pubblico e certificato da una società di consulenza esterna, la Price Water House. Chiunque voglia può liberamente visionarlo sul nostro del Pd». La vicenda, comunque, suscita tensioni e disagio nel partito. In mattinata, ben prima dell’annuncio di Marchese, era stata la deputata trevigiana Simonetta Rubinato a rompere il silenzio, auspicando un segnale di discontinuità: «L’inchiesta sui presunti finanziamenti illeciti versati ad esponenti politici regionali, sta allargando ancor di più il solco tra i cittadini, politica e partiti, è bene che quanto prima sia fatta luce sull’intera vicenda da parte della magistratura», la premessa della parlamentare «per questo la stessa dirigenza del Pd deve collaborare con le autorità inquirenti e chi ritiene di poter essere coinvolto si autosospenda per non travolgere l’intero partito compromettendo l’impegno di molti militanti, dirigenti ed eletti che continuano a fare politica in modo corretto». «Già il tema del finanziamento lecito ai partiti è controverso», ha concluso Rubinato «figuriamoci poi se dovesse essere confermato che accanto ai contributi pubblici c’era anche il canale del finanziamento illegale. Perciò è doveroso che dirigenti, eletti e candidati democratici facciano piena chiarezza sui contributi ricevuti e sulle spese sostenute. In questo momento è necessaria la massima trasparenza e sobrietà».

Filippo Tosatto

 

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