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Domani prima riunione di 20 Comuni e della Regione con gli attivisti del Comitato «Nel 2003 le rive franate erano il 15 per cento, l’anno scorso più del 50»

CAMPOLONGO – Una ventina di Comuni coinvolti delle province di Padova e Venezia, accomunati dalla vicinanza col fiume Brenta: il comitato Brenta Sicuro, nato a Campolongo per richiamare le istituzioni di tutti i livelli sul rischio idraulico del territorio, sta allargando a macchia d’olio la sua base. E domani sera organizza un’assemblea pubblica a Piove di Sacco, l’appuntamento è alle 21 all’auditorium Giovanni Paolo II di via Ortazzi, per rilanciare il tema “Il Brenta e le sue rive: opportunità o rischio ambientale?”.

Il comitato ha fatto sentire la sua voce lo scorso settembre quando ha promosso una manifestazione a cui hanno partecipato oltre mille persone sulle rive del Brenta: in quell’occasione i dieci sindaci presenti delle province di Padova e Venezia avevano sottoscritto un appello alla Regione, documento che verrà riproposto ai primi cittadini che si sono aggiunti condividendo le finalità del comitato.

«La conferenza di domani – dice il presidente di Brenta Sicuro Marino Zamboni – ha ambizioni maggiori della manifestazione sul Brenta, che ha comunque avuto il merito di accendere i riflettori sul problema con l’immediato inizio di alcuni lavori di pulizia e monitoraggio delle rive da parte del Genio civile. Lo scopo della serata vuole essere quello di porre precise domande alla Regione sui progetti attuati per porre le rive del fiume in condizione di sopportare le ondate di piena, il rinforzo dei punti critici, la verifica di infiltrazioni e fontanazzi.

La criticità della situazione – continua Zamboni – è dimostrata dalla moltiplicazione delle frane: dalla rilevazione effettuata dalla protezione civile nel 2003, su 9 chilometri di rive circa il 15% era franato, a distanza di soli otto anni l’azione erosiva si è moltiplicata arrivando a quasi al 50%».

Di fronte a questi numeri la preoccupazione è sempre più alta e la popolazione sente quanto mai realistico il rischio di allagamenti e alluvioni.

«L’esondazione del Brenta – avverte Zamboni – può arrivare alla portata addirittura tripla del Bacchiglione, ciò significa triplicare il disastro del 2010 nei comuni padovani.

E comporterebbe problemi in una area molto vasta dalla Zona industriale di Padova, tutta la Saccisica, fino a Stra e Mira in un’area densamente popolata e con una economia fortemente sviluppata con danni per miliardi di euro».

«Il Comune di Piove», fa sapere il sindaco Davide Gianella, «ha aderito da subito alla causa del Comitato: dobbiamo fare fronte comune su un problema che, esattamente come l’acqua, non ha confini». All’assemblea sarà presente per la Regione il dirigente del Genio civile Tiziano Pinato, ma sono stati invitati anche il governatore Luca Zaia, l’assessore all’Ambiente Maurizio Conte e tutti i consiglieri. Fra i parlamentari hanno aderito Alessandro Zan di Sel e Margherita Miotto del Pd.

Elena Livieri

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il docente di idraulica luigi d’alpaos

L’ESPERTO: LUIGI D’ALPAOS

«I fiumi abbandonati diventano bombe»

«Quel fiume è una bomba ad orologeria»

A sostenere da tempo lo stato l’allarme sul rischio idraulico che interessa il territorio compreso tra i fiumi Brenta e Bacchiglione è il professor Luigi D’Alpaos, docente di Idraulica alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova.

Qual è il principale problema legato al fiume Brenta? «Quello principale consiste nel fatto che non è in condizioni di poter convogliare le massime piene che possono verificarsi. È successo nel ’66, ma può succedere domani. La situazione è solo peggiorata da allora. Da anni i fondi per la manutenzione di alveo e argini sono ridotti al minimo se non azzerati in alcuni casi. E vale per tutti i fiumi. Nel 2010 è toccato al Bacchiglione. La situazione è la stessa. Tre anni fa le condizioni meteorologiche avverse hanno interessato di più l’area del Bacchiglione a monte, ma poteva accadere l’identica cosa al Brenta. Sono due bombe pronte a esplodere».

Quali sono le soluzioni possibili? «Ci sono due strade: o si adegua la sezione dei fiumi per garantirne una portata maggiore, oppure si realizzano interventi importanti a monte, con invasi e bacini di raccolta.

Ma esiste una terza via, il completamento dell’idrovia, da usare come canale scolmatore sia per il Brenta che per il Bacchiglione. Metterebbe al sicuro tutto il territorio a valle del primo, da Vigonovo in giù, e del secondo da Voltabarozzo in giù, con benefici per un’area vastissima. Se ne parla da tanti anni, a parole sembrano tutti d’accordo. Ma l’opera non parte. Non è mica la politica a decidere. Sono gli interessi particolari a cui la politica si adegua. E intendo gli interessi di chi preferisce costruire strade e autostrade. Il problema è che la politica non risponde all’interesse generale, mentre dovrebbe essere obiettivo primario il bene della comunità. E quei portatori di interessi particolari sarebbe ora di mandarli in vacanza.

Quindi di chi è la responsabilità? Nessuno può chiamarsi fuori. Dai sindaci che hanno fatto i piani regolatori stravolgendo il territorio, alla Regione che tarda a intervenire strutturalmente sui fiumi. Ci siamo abituati a piangere davanti alle tragedie, ma il giorno dopo si guarda altrove. Oggi più che mai la difesa idraulica di questo territorio è una priorità. Ma si continua a parlare troppo e a fare troppo poco». (e.l.)

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