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Altreconomia – Un’autostrada salva l’altra

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

9

gen

2014

1 miliardo di euro è il debito che grava sul concessionario Cav

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha proposto una soluzione surreale al problema dell’indebitamento legato al Passante di Mestre: costruire la quarta corsia di un’altra arteria, la Padova-Venezia. Intanto il suo partito dà il via alla campagna “#iononpago”, contro gli aumenti dei pedaggi

La ricetta di Luca Zaia per rendere meno problematica un’autostrada è costruirne un’altra. L’arteria che ha un problema è il Passante di Mestre, gravato da un debito di un miliardo di euro, iscritto a bilancio del gestore Cav spa, e secondo Zaia è possibile fare in modo che la restituzione dell’indebitamento possa essere spalmata fino al 2050, diciotto anni dopo la data di scadenza naturale dell’attuale concessione. Per spostare il contratto in essere a favore di Cav -una società pubblica, perché partecipata dalla Regione Veneto e dall’Anas- il presidente della Regione Veneto suggerisce una cosa semplice: bisogna costruire una quarta corsia tra Padova e Venezia, un’altra tratta in concessione a Cav, ed ottenere così dal ministero delle Infrastrutture una proroga di diciotto anni rispetto alla naturale scadenza della concessione.

È, né più né meno, ciò che sempre in Veneto ha cercato di ottenere il gestore dell’autostrada Brescia-Padova, cercando l’approvazione del devastante progetti della Valdastico Nord, come raccontammo nel febbraio 2013 su “Altreconomia”.

Il “piano Zaia” cerca di disinnescare le polemiche che attraversano l’area metropolitana tra Padova e Venezia (unita da una tratta autostradale che non è il Passante), in particolare quelle dei pendolari sulle quattro ruote che hanno protestato contro l’entrata in vigore delle nuove tariffe 2014, che hanno visto il pedaggio passare da 80 centesimi a 2,80 euro.

Un tema -quello delle polemiche per i rincari autostradali- che si rinnova anno dopo anno, complice anche i meccanismi di calcolo di questi aumenti: il metodo “per la remunerazione delle concessionarie è totalmente ‘blindato’, i piani finanziari su cui si basa sono addirittura secretati, nel senso che nessuno li può vedere, nemmeno i parlamentari, e tale meccanismo è stato recentemente dichiarato da uno dei massimi gestori, che non ha peli sulla lingua, ‘del tutto privo di rischi per i concessionari’” ha scritto nei giorni scorsi il professor Marco Ponti -uno dei massimi esperti in Italia di Economia dei trasporti- in un intervento su arcipelagomilano.org.

In tutto questo, c’è la Lega Nord -il partito del presidente della Regione Veneto Luca Zaia- che per il prossimo 11 gennaio ha promosso in tutto il Nord Italia manifestazioni con lo slogan #iononpago, presidi ai caselli per protestare contro i rincari. Prima di convocare l’iniziativa, “per dire BASTA a uno stato che fa pagare (e tanto) le autostrade solo al Nord” mentre “al Sud le autostrade sono GRATIS e a dicembre il governo Letta ha regalato altri 340 milioni di euro alla Salerno-Reggio Calabria!”, i Giovani Padani avrebbero potuto riflettere su quanto sta avvenendo nelle tre Regioni che amministrano –Piemonte, Lombardia e Veneto-, dov’è in corso o in programma la realizzazione di circa 20 nuove autostrade (qui la presentazione di Ae “Nuove autostrade utili davvero?”). E dovrebbero riflettere anche sul costo di queste infrastrutture, che oggi finiscono per gravare in parte sulle casse dello Stato (anche quelle come la Tangenziale Est esterna di Milano, che avrebbe dovuto essere realizzata dai privati in project financing) e domani -cioè per i prossimi cinquant’anni- saranno pagate dagli utenti, dai cittadini. Anche se non servono, anche se ormai è caduta in modo rovinoso la scusa dell’Expo 2015, usata come grimaldello per imporre l’avvio dei cantieri per opere come la Pedemontana Lombarda, che costa cinque miliardi di euro e ormai è chiaro a tutti non sarà pronta né per l’avvio (maggio 2015) né entro la fine dell’Esposizione Universale.

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ARCIPELAGOMILANO.ORG

TARIFFE AUTOSTRADALI E CRISI: IL MIRACOLO DI CONCESSIONARI SEMPRE PIÙ RICCHI

Gli elevati aumenti delle tariffe autostradali in una situazione di calo del traffico non deve stupire troppo: il meccanismo per la remunerazione delle concessionarie è totalmente “blindato”, i piani finanziari su cui si basa sono addirittura secretati (?!?), nel senso che nessuno li può vedere, nemmeno i parlamentari, e tale meccanismo è stato recentemente dichiarato da uno dei massimi gestori, che non ha peli sulla lingua, “del tutto privo di rischi per i concessionari”.

Si noti che essendo la grandissima parte delle autostrade già ampiamente ammortizzate, ci si dovrebbe in realtà aspettare una diminuzione delle tariffe, non il loro sistematico aumento. Una delle cause di questa scandalosa situazione è certo la presenza di azionisti pubblici, che ha fatto in modo che le resistenze politiche al sistema, soprattutto a livello locale, siano state debolissime, anche in Lombardia. Pubblico e privato collaborano gloriosamente, e in modo “bipartisan”, a tosare gli automobilisti, abituati d’altronde a non fiatare. Si vedano gli aumenti stellari delle tasse sulla benzina. Ma si sa, sono perfidi inquinatori, come gli viene spiegato tutti i giorni. Poi non votano mica compatti …

Il dispositivo con cui le tariffe sono calcolate è tecnicamente complicato (“price cap“, RAB, WACC, fattore X, previsioni di domanda, ecc.) e non possiamo entrare qui in dettagli, pena la morte per noia dei lettori.

L’unico punto “attaccabile” del meccanismo sono in realtà i nuovi investimenti, e i loro prezzi. Formalmente questi investimenti sono decisi dal Ministero, cioè dall’ANAS, che li impone ai poveri concessionari a prezzi stracciati. Ma questi nuovi investimenti hanno anche un secondo fine, oltre a quello di far viaggiare meglio gli automobilisti: se ben programmati, servono a procrastinare all’infinito le concessioni stesse quando scadono, grazie a un’interpretazione “flessibile” di una legge (nota come Costa – Ciampi). Si pensi che un concessionario (non lombardo, ma per pochi chilometri …) ha serenamente dichiarato alla stampa, nell’imminenza della scadenza della sua lucrosissima concessione, che “era sufficiente manipolare un po’ il bando di gara, per non avere sorprese …”.

Gli investimenti e i loro costi sono in realtà negoziati in modo del tutto opaco (“secretato”) da ANAS con i concessionari stessi, e la sensazione è che quei due soggetti vadano davvero molto d’accordo.

Ma quel che ho descritto sinora non è il peggiore dei mali del settore: c’è molto di peggio. Il sistema dei pedaggi è oggi l’unico modo per finanziare le strade. Infatti per quelle non a pedaggio (statali, provinciali e comunali) i soldi sono pochissimi, e in diminuzione. Peccato che la domanda di traffico, soprattutto in una regione metropolitana come la Lombardia, sia per il 75% di breve distanza, e interessi l’intera rete, con gravi fenomeni di congestione diffusa (e si ricorda che un traffico congestionato inquina il doppio di un traffico ragionevolmente fluido, oltre a generare alti costi in termini di tempo per famiglie e imprese).

Quindi tra un po’ la viabilità ordinaria, quella che serve di più alla Lombardia, diventerà pericolosa e darà luogo a un disastro economico (i costi di manutenzione, se non s’interviene subito, crescono esponenzialmente). Spostare traffico sul ferro e sui mezzi pubblici sarebbe ottima cosa, peccato che sia costosissimo per le esangui casse pubbliche, e le simulazioni della Commissione Europea dicano che al massimo si sposterebbe pochi punti percentuali del totale del traffico. Ma i soldi vanno solo alle autostrade, cioè a quelle che gli automobilisti (e i camionisti) si pagano da sé con i pedaggi, come se non le avessero già pagate molte volte, visto che versano allo stato alcune decine di miliardi all’anno in accise e tasse varie. Poi sia il CENSIS, che più recentemente l’ISTAT, hanno definitivamente chiarito che la tassa sulla benzina è regressiva, cioè colpisce maggiormente le classi a reddito più basso. Lo stesso ovviamente vale per i pedaggi autostradali.

Che fare? Non si può fare molto, data la natura privatistica dei contratti di concessione: non si possono modificare unilateralmente. Ma almeno sui meccanismi di gare per le concessioni in scadenza, e soprattutto sulla razionalità e i prezzi degli investimenti, è urgentissimo che intervenga l’organismo apposito appena creato, cioè l’Autorità di regolazione, e che l’ANAS nel frattempo renda del tutto pubblico e trasparente il dispositivo con cui questi ultimi aumenti sono stati calcolati, comprese le analisi costi-benefici comparative e indipendenti, sui cui certamente si basano le scelte d’investimento fatte. Chi scrive, forse perché un po’ distratto, non ne ha mai vista una.

Marco Ponti

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