Nuova Venezia – Maltempo, l’ora dei bilanci.
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
6
feb
2014
In campagna danni ingenti
Primo bilancio dell’alluvione, polemica a Jesolo sui detriti
Coltivazioni distrutte danni per milioni di euro
Coldiretti: raccolti compromessi per cereali, ortaggi, coltivazioni in serra
Quaggio (Cia): escavazioni e manutenzioni non possono più attendere
PORTOGRUARO – Dai cereali (frumento, colza, orzo) del Portogruarese agli ortaggi a pieno campo del Miranese fino alle coltivazioni in serra del litorale di Cavallino-Treporti. Nel mondo dell’agricoltura è iniziata la conta dei danni causati dall’alluvione che ha colpito il territorio. «Per la sola provincia di Venezia si parla già di vari milioni di euro», è il grido d’allarme degli agricoltori, che chiedono alle istituzioni di realizzare, con urgenza, le opere ormai non più rinviabili di messa in sicurezza idraulica del territorio. «L’agricoltura del Veneziano ha subìto ingenti danni», commenta Giorgio Piazza, presidente regionale di Coldiretti e imprenditore vitivinicolo di Annone, «nell’area del Portogruarese si concentrano le coltivazioni a seminativo di cereali autunno vernini. Il persistere delle precipitazioni ha provocato il ristagno dell’acqua: accusando principi di asfissia nelle piante, il raccolto potrebbe essere compromesso. Per gli ortaggi a pieno campo, nelle zone di Mirano e Scorzè allagate per giorni, incombe il marciume. Non va meglio per le serre di Cavallino-Treporti, dove l’umidità ha segnato le verdure con attacchi fungini». Per Coldiretti è ancora presto per poter quantificare l’esatto ammontare dei danni, ma ci sono tutti i presupposti perché la cifra possa toccare i valori raggiunti dopo la terribile alluvione del 2010. «Quattro anni fa le perdite in Veneto sommavano a 16 milioni di euro. Anche in questo caso non ci allontaniamo da quelle stime regionali. Per la sola provincia di Venezia si parla già di vari milioni», conclude Piazza. Gli agricoltori si sono già rimboccati le maniche. Ma chiedono che anche la politica si metta al lavoro, per realizzare quegli interventi di messa in sicurezza idraulica del territorio che non possono più attendere oltre. «La politica e le istituzioni, numeri alla mano, devono dare risposte efficaci in tempi brevi, o si renderanno responsabili di un disastro annunciato più volte. A meno che non si voglia alzare il livello delle acque con lacrime di coccodrillo», attacca Paolo Quaggio, presidente provinciale della Confederazione Italiana degli Agricoltori. Cia Venezia ha realizzato anche un documento per evidenziare gli interventi idraulici prioritari. «Le precipitazioni di questi giorni hanno ancora una volta messo in crisi la sicurezza idraulica del territorio. Finora i danni maggiori sono avvenuti nel Veneto Orientale, ma anche il resto della pianura è in sofferenza. È troppo presto per una stima dei danni», analizza Quaggio, «ma è ormai palese che siano urgenti opere di manutenzione e ripristino del territorio, sia per la rete idrografica minore (scoli privati e consortili) che soprattutto per il sistema Brenta-Bacchiglione, quello attualmente a maggior rischio». Quest’ultimo sistema, di cui fa parte anche il Fratta Gorzone, ha volumi d’acqua in gioco assai rilevanti, anche di cento volte superiori agli altri. «È indifferibile l’avvio dell’escavazione dell’idrovia Padova-mare, in modo da poter scolmare, in caso di necessità, fino a 400 o 500 metri cubi di acqua al secondo. Una quantità», conclude Quaggio, «che, se dovesse riversarsi al di fuori degli alvei fluviali, avrebbe effetti distruttivi simili a quelli dell’alluvione del 1966». Ma Cia Venezia indica come priorità altrettanto urgenti anche il ripristino delle arginature («In più punti indebolite e parzialmente crollate», rilevano gli agricoltori) e il risezionamento degli alvei, alcuni dei quali da troppo tempo non sono oggetto di interventi idraulici.
Giovanni Monforte
Denuncia di Alisea spa: costi quadruplicati in quattro anni
JESOLO. Dal 2009 al 2013 il costo per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti è passato da 305mila euro, nel 2009, a un milione 118mila euro nel 2013, per un totale di 7.216 tonnellate di rifiuti. I numeri dello scorso anno potrebbero addirittura essere superati, o nella migliore delle ipotesi confermati, anche per quanto riguarda i costi da sostenere a fronte di contributi minimi. Una brutta grana per Alisea Spa, la società che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, e il presidente Gianni Dalla Mora che sta cercando di elaborare una strategia e un piano di interventi adeguato per il risparmio dei costi. «Alla fine di gennaio 2014», dice il presidente di Alisea, «la quantità da noi gestita tocca già le duemila tonnellate per un costo di 300mila euro. Se solo potessimo evitare di portare tutto il legno in discarica i costi pari a 155 euro a tonnellata potrebbero essere dimezzati». Le soluzioni nel breve periodo ci sono, adesso è solo una questione di autorizzazioni». Intanto da Torre di Mosto, il sindaco Camillo Paludetto, ex presidente della Conferenza dei sindaci del Veneto Orientale, ha chiesto al nuovo presidente Andrea Cereser, che fine abbia fatto il piano per la sicurezza e difesa idrogeologica da lui predisposto prima del passaggio di consegne.
(g.ca.)
«Class action per tutelare i cittadini di Jesolo»
Avvertimento del sindaco Zoggia alla Regione: «Non possiamo accollarci noi il costo dello smaltimento di tutti i detriti che arrivano sulle nostre spiagge»
JESOLO – Una class action per tutelare i cittadini di Jesolo davanti ai costi enormi per la pulizia della spiaggia. Dopo la mareggiata sono in arrivo tonnellate di rifiuti. Duemila solo a gennaio costeranno circa 300 mila euro per lo smaltimento. L’anno scorso furono settemila in tutto per un milione e 118 mila euro di costi. Lo ha annunciato ieri l’assessore all’Ambiente di Jesolo, Otello Bergamo, durante il tavolo riunito in municipio. I sindaci della costa veneziana, con il coordinatore, sindaco di Bibione, Pasqualino Codognotto, hanno già chiesto un incontro in Regione con Zaia. L’erosione ha provocato danni attorno ai 10 milioni di euro. Tre milioni circa a Jesolo, due a Bibione. Danni ingenti anche a Eraclea e Cavallino Treporti, in fase di elaborazione, poi a Caorle. E le spiagge sono coperte di rifiuti. Si cerca di declassare almeno i rifiuti da speciali a normali rifiuti per poterli conferire a costi più bassi. «In questi giorni abbiamo fatto numerosi sopralluoghi», spiega il sindaco di Jesolo Valerio Zoggia, «questa situazione non è più sostenibile in quanto lo spiaggiato di queste mareggiate arriva dai comuni che si affacciano sull’asta del Piave e del Sile. È giunto il momento che gli enti sovracomunali si facciano carico di questo annoso problema che non può più essere sostenuto solamente dalla comunità jesolana». Non è solo la montagna a dover preoccupare la Regione e Zoggia invita a Jesolo gli assessori regionali Finozzi e Conte perché si rendano conto dei danni. «Negli ultimi cinque anni questo problema si è più volte riproposto: da straordinario è diventano ordinario per Jesolo e per la nostra società», ha aggiunto il presidente di Alisea Gianni Dalla Mora. «Il problema va affrontato con urgenza affinché le autorità competenti in materia adottino delle soluzioni contingenti». Bisognerebbe intanto modificare la normativa per poter considerare la sabbia un bene da poter accatastare e rimuovere solamente una volta che il legno si sarà del tutto asciugato, variare il codice assunto dallo “spiaggiato”, per poter avviare la raccolta a un impianto per recupero energetico. Infine chiedere lo stato di calamità anche per le nostre spiagge». La FederConsorzi di Jesolo ha espresso la posizione degli operatori dell’arenile. «Chiediamo e auspichiamo che si trovino delle soluzioni affinché questo declassamento dello spiaggiato arrivi velocemente così come chiediamo agli enti sovracomunali di autorizzare i privati alla raccolta di rami accorciando di fatto le tempistiche di smaltimento dei detriti di queste settimane», ha detto il presidente, Renato Cattai, «inoltre mettiamo a disposizione di Alisea anche i nostri mezzi perché possano essere di supporto per superare questa emergenza». E ha proposto di consentire ai cittadini la raccolta del legname sulla spiaggia, idea lanciata su Facebook dal consigliere Daniele Bison che ha subito raccolto moltissime adesioni. Coinvolto anche il Bim del Basso Piave, il cui vice presidente Mirco Corsera è di Jesolo, che ha allertato i senatori Piccolo e Dalla Tor e il ministro all’Ambiente Orlando, per ottenere il cambio codice dei detriti spiaggiati.
Giovanni Cagnassi
«Lido e Pellestrina dimenticati»
Spazzati due metri di sabbia. L’appello degli operatori: «Uniamoci o moriremo»
LIDO – Due metri di sabbia spazzati via dal mare. Tanto sono riuscite a fare le onde nel corso della mareggiata che ha colpito anche il Lido di Venezia, facendo riemergere il basamento della vecchia diga del Consorzio Alberghi. Una struttura che era sepolta sotto un metro e mezzo di sabbia, e che ora ne emerge per almeno 50 centimetri. «E questo è il risultato di quanto non viene fatto a sufficienza per il Lido», tuona Francesco Volo, responsabile dello stabilimento lidense. «Da mesi continuiamo a ripetere che al Lido serve un intervento cospicuo di ripascimento, che vanno costruite le dighe soffolte che spezzano le onde al largo dell’isola, e che vanno potenziati i pennelli attualmente non sufficienti a difendere le nostre spiagge. Però nessuno ci ascolta. Vorrà dire che proverò a scrivere anche al Presidente della Repubblica, vediamo se in questo modo otterremo qualcosa». Il sollecito è naturalmente indirizzato a Regione e Magistrato alle Acque. Ma Volo rincara poi la dose: «Sul litorale a nord del Lido tutti si organizzano per trovare fondi e soluzioni, qui al Lido e a Pellestrina veniamo invece dimenticati. Un altro esempio? La grande duna di sabbia che innalziamo al Consorzio Alberghi ogni autunno per difendere le capanne e le strutture, ci costa 6 mila euro. Ora dovremo rifarla perché le onde del mare ce l’hanno ridotta di molto. In questo modo dovremo spendere altro denaro, e così si annulla tutto il guadagno che ci può essere in una stagione balneare. Siamo esasperati dalla situazione che affrontiamo ormai, più volte, ogni inverno. Qualcuno deve ascoltarci e risolvere questo problema che non è solo del Consorzio Alberghi, ma anche di altri stabilimenti balneari che hanno un arenile ancor più ridotto davanti alle capanne o ai ristoranti». E negli ultimi giorni sia la Municipalità che il Consorzio balneari dell’isola si erano già mossi con il Comune per cercare di ottenere un incontro con la Regione e il Magistrato alle Acque. Senza contare che nei prossimi giorni è atteso l’arrivo di legno e rifiuti sulle spiagge lidensi, effetto delle piene dei fiumi che si scaricano in mare nell’area del nordest della regione.
Simone Bianchi
Erosione a Cavallino: oggi un sopralluogo per definire gli interventi
CAVALLINO. Sopralluogo per valutare i danni della mareggiata previsto per stamattina sulla spiaggia di Cavallino-Treporti da parte del sindaco Claudio Orazio e dell’assessore al demanio Claudio Castelli assieme ai tecnici comunali. Il monitoraggio servirà a stimare con più precisione il fronte dell’erosione marina delineando gli interventi da programmare per la pulizia della grande quantità di detriti trasportati dalla mareggiata di questi ultimi giorni. Intanto il comandante della protezione civile comunale, Vincenzo Martin, offre già un quadro dell’erosione di porzioni di spiaggia più colpite come Ca’ di Valle e Ca’ Savio. «Sul fronte marino» spiega «il punto più a rischio e quello del chiosco di Ca’ di Valle, puntualmente minacciato dalle onde ad ogni mareggiata. È evidente che quel manufatto dovrà essere spostato per trovargli una sistemazione più idonea. Io posso solo auspicare che si trovi al più presto una soluzione definitiva perché l’attuale posizione del chiosco è onerosa per tutti. Erosi anche altri punti come la spiaggia di Ca’ Savio». «La Protezione civile» continua «è intervenuta per allagamenti contenuti causati dal malfunzionamento delle chiaviche che hanno provocato il mancato deflusso dell’acqua dai terreni ai canali quando si è alzato il livello. In particolare lungo via Ca’ Tiepolo, a Treporti, è stata installata un’idrovora mobile che rimarrà anche nei prossimi giorni nel tentativo di prosciugare le zone più basse invase dall’acqua piovana».
(f.ma.)
Cedimenti sul Rio Serraglio a Fiesso Il sindaco: «Situazione sotto controllo»
FIESSO. Situazione sotto controllo lungo il Rio Serraglio dopo i lievi cedimenti che hanno coinvolto in due punti gli argini del corso d’acqua. A confermarlo è il sindaco Andrea Martellato. «Ci è stato segnalato un cedimento lunedì sera», precisa il sindaco, «e due di minore entità sono stati trovati nella mattinata di ieri. In nessuno dei casi c’è stata comunque fuoriuscita d’acqua». Le aree interessate sono la zona industriale di via Barbariga, alla fine di via Prima Strada, e l’area delle idrovore in via Pioghella. «Ho fatto intervenire già lunedì sera una ditta specializzata», prosegue Martellato, «ieri i tecnici hanno monitorato tutte le rive e stanno valutando come operare». Notizie rassicuranti arrivano anche da Stra e Dolo dove nei giorni scorsi c’era stata la tracimazione di un tratto del Naviglio Brenta e l’innalzamento del livello dell’acqua nel Ponte dei Cavalli, allo Squero e sul Rio Serraglio. I livelli dei corsi d’acqua sono in diminuzione e vengono continuamente monitorati dal personale comunale, dai volontari della protezione civile e dai tecnici del Genio Civile.
Giacomo Piran
MALTEMPO»RESTA L’ALLARME
Il Gorzone scende, il mare riceve Sollievo a Chioggia e Cavarzere
Terminata l’emergenza, resta l’allerta per il livello del fiume dopo le previste nuove precipitazioni
Sul campo decine di uomini della Protezione civile. A Sottomarina le spiagge invase dai detriti
CHIOGGIA «Un metro e 19 e continua a scendere, cinque centimetri l’ora». C’è del sollievo negli occhi dei volontari della Protezione civile che, da due giorni, presidiano Punta Gorzone. Le acque del fiume che martedì erano arrivate a pochi centimetri dalle porte delle case, tanto da indurre l’amministrazione comunale, su richiesta del Genio Civile, a predisporre un’ordinanza di sgombero delle abitazioni, ieri avevano lasciato qualche metro di terreno asciutto. L’assenza di vento aveva favorito il deflusso delle acque e i volontari in tuta gialla stimano a occhio la velocità del fiume, «almeno 20 nodi» dicevano «buon segno se il mare riceve». La soddisfazione maggiore, ovviamente, era però quella dei residenti che vedevano allontanarsi il pericolo di dover abbandonare le case. Del resto nessuna delle tredici famiglie destinatarie dell’ordinanza di sgombero aveva fatto i bagagli. «Da qui ce ne siamo andati solo con l’alluvione del 1951» racconta un residente «nel 1966, invece, c’erano le tende dei militari. Per il resto ci siamo sempre arrangiati da soli. Anche in questi giorni teniamo d’occhio chi arriva. Non si sa mai…». E, infatti, i “foresti” vengono fotografati dall’occhio vigile dei residenti che annotano anche le targhe delle macchine mai viste prima. Le ondate di furti degli ultimi mesi e il sospetto che qualcuno tenti di approfittare della situazione spingono le persone ad auto-organizzarsi, anche se «qui non è mai successo nulla» dicono. Il clima che si respira è di grande collaborazione e di mutuo aiuto: dalle case escono i caffè per i volontari della Protezione civile e le forze dell’ordine che periodicamente passano a controllare, vengono accolte con simpatia e fiducia. A rovinare tutto potrebbero essere le piogge previste nella notte appena trascorsa: un nuovo innalzamento del livello del fiume metterebbe a rischio ancor di più gli argini già stressati dalla piena. Ma questo si vedrà oggi. Cavarzere. Nessuna ordinanza di evacuazione ma il Gorzone fa paura anche a Cavarzere. L’acqua filtra dagli argini tra Boscochiaro e Dolfina e invade le strade sottoarginali, come sulla rampa che porta al cimitero della frazione e in località Viola dove è stata messa in opera una tamponatura con un telo impermeabile che fermi l’infiltrazione dell’acqua e l’erosione sotterranea. Da venerdì i 25 volontari della Protezione civile, i vigili del fuoco e altre forze dell’ordine, monitorano i livelli dei fiumi, con uscite ogni due o tre ore, e i fontanazzi sono stati arginati con sacchi di sabbia. La polizia locale ha girato casa per casa nella zona di Dolfina, la più bassa del territorio comunale, per controllare la situazione. I residenti hanno portato ai piani più alti i beni più attaccabili dall’acqua. Il sindaco rassicura: «La situazione è sotto controllo e siamo pronti a lanciare l’allarme in caso di pericolo imminente». Per il momento, quindi, non si registrano danni alle case e alle persone ma, anche qui, le opere di difesa idraulica sono lontane dall’essere sufficienti con questi livelli delle precipitazioni. Sottomarina. Anche il litorale sud di Sottomarina è stato colpito dal maltempo e le spiagge sono state invase da tonnellate di rifiuti portati in mare proprio dalle piene dei fiumi e riportati a terra dalle onde del mare: tutto materiale che dovrà essere raccolto e smaltito, prima della stagione estiva.
Diego Degan
San Stino, gli sfollati tornano a casa. Riaperte le scuole.
Accuse tra Consorzio di bonifica Veneto orientale e friulano
Sos da Lignano ai proprietari di case: svuotate gli scantinati
SAN STINO – Gli sfollati di San Stino sono rientrati nelle loro case martedì sera. Respirano i residenti di via Fosson, nella zona di Corbolone, che hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni per la tracimazione dell’omonimo canale impazzito. Non era la prima volta che il Fosson faceva paura. Accuse tra Consorzi. Secondo il Consorzio di bonifica Veneto orientale la fase acuta dell’emergenza può considerarsi superata, anche se le previsioni per il fine settimana non promettono nulla di buono. Il funzionamento degli impianti idrovori si è ridotto del 50%. Ieri rientro a scuola per i numerosi studenti delle scuole primarie e secondarie. I costi dell’energia elettrica, intanto, in tutto il Veneto orientale sono schizzati a quota 500mila euro. Quanto accaduto in questi giorni pone seri interrogativi sul futuro, e soprattutto sulla politica di Veneto e Friuli in materia di prevenzione dal rischio idrogeologico. Nei giorni scorsi è stato criticato il Consorzio di bonifica Cellina Meduna, che gestisce la diga di Ravedis, nel territorio di Montereale Valcellina. Si tratta di una diga che trattiene le correnti del torrente Cellina, fiume di montagna che si tuffa nel Meduna, fiume che poi si tuffa nel Livenza. Aumentando il livello del Livenza tutti i collettori esondano. Come accaduto l’altro giorno per il Fosson esterno che però assieme al Malgher è alimentato da Sile e Fiume. Per i tecnici veneti in Friuli mancano arginature e sistemi comunque in grado di far defluire le acque più velocemente e si creano situazioni come quelle del Fosson esterno, che si è riempito d’acqua senza poter scaricare. Cane messo in salvo. Si contano a decine gli animali morti in questi giorni, travolti dalle acque. In questo scenario desolante c’è una storia lieto fine. Un cane abbandonato da mesi dai proprietari che sono andati via lasciandolo legato a una catena piccola in via Villanova tra Malafesta e Villanova della Cartera di San Michele, è stato messo in salvo dai volontari della Protezione civile e affidato ai veterinari dell’Asl 10. Sos da Lignano. Da Lignano, intanto, un avvertimento ai veneti che possiedono una casa al mare. Sono molte le case a rischio infiltrazioni. La Protezione civile ha scoperto che l’acqua di falda sta occupando gli scantinati di alcuni condomini e presto potrebbe raggiungere quelli delle seconde case, in particolare nella zona di Riviera. Nel giro di due, massimo tre giorni, i proprietari sono stati invitati a mettere al riparo, in un posto sicuro, gli oggetti stivati negli scantinati.
Rosario Padovano
Ance Venezia «Bisogna derogare al Patto stabilità»
«Gli investimenti destinati alla salvaguardia del territorio devono rimanere fuori dai vincoli del Patto di stabilità, anche solo per il periodo necessario al completamento degli interventi. Questo diventa una priorità anche tenendo conto che il 40-50% degli investimenti in infrastrutture e salvaguardia del territorio derivano ormai da fondi europei». È la posizione assunta da Ugo Cavallin, presidente dell’Ance di Venezia, l’associazione dei costruttori edili. «La mancata prevenzione dal rischio idrogeologico costa ai cittadini 3,5 miliardi di euro all’anno, secondo una stima dell’Ance e del Cresme» ribadisce l’Ance «Se si considerasse la quota di spesa relativa al Veneto, in poco più di un lustro daremmo attuazione al piano di salvaguardia elaborato dal professor Luigi D’Alpaos risparmiando negli anni a venire i costi di intervento post disastro».
«Fermiamo la cementificazione»
L’assessore Bettin attacca il Piano Casa regionale: «Uno scasso del territorio»
VENEZIA «Questa emergenza è anche figlia di scelte sbagliate. Della cementificazione del territorio e insieme della sottovalutazione fatta in questi anni dell’allarme sui mutamenti climatici. Se non si capisce questo ci troveremo sempre il giorno dopo a contare i danni senza aver fatto nulla per prevenirli». Gianfranco Bettin, assessore all’Ambiente del Comune di Venezia, punta il dito contro la Regione. «In queste ore il lavoro è quello di soccorrere con rapidità le popolazioni colpite e di far funzionare la Protezione civile», dice, «ma da domani abbiamo il dovere di alzare lo sguardo». «Il presidente Zaia faccia autocritica», continua l’assessore, «non basta piangere il giorno dopo. Bisogna cambiare politica: basta asfalto e cemento dappertutto». Nel mirino il Piano Casa, dove è tuttora in corso un braccio di ferro tra Comune, associazioni ambientaliste e Regione. «Il Piano Casa è in realtà un Piano di cementificazione a scasso ulteriore del territorio. Significa andare in direzione opposta a quello che si dovrebbe fare». Allarme lanciato anche dall’ngegnere idraulico Luigi D’Alpaos, che ricorda come le colpe della cementificazioni siano spesso anche dei comuni. «Una politica demenziale di cementificazione del territorio che nella nostra Regione da sempre governata dal centrodestra è in corso da decenni», dice ancora Bettin, «e che adesso paghiamo tutti». Per questo, conclude l’assessore, il sindaco Orsoni è a Johannesburg, per illustrare il nuovo Piano di Azione per l’Energia sostenibile (Paes) appena approvato dal Comune e chiedere al summit delle 40 città impegni concreti per l’ambiente. Solo una visione miope e incosciente può considerare quella missione alla stregua di una gita». Primo problema, conclude Bettin, «è quello di riaccendere i riflettori sull’emergenza ambientale e sulla distruzione sistematica del territorio oltre che sui cambiamenti climatici. Questioni che la politica e l’opinione pubblica guardano distrattamente, se non quando si strappano le vesti dopo le sempre più frequenti catastrofi».
(a.v.)
IL BILANCIO DIVENTA SEMPRE PIU’ PESANTE IN TUTTA LA REGIONE
Frane a Rovolon e a Fregona
Tremila polli annegano a Lozzo per colpa delle idrovore
PADOVA – Il Veneto in ginocchio con l’emergenza maltempo lancia appelli al governo, una richiesta disperata che fotografa l’incubo di questo febbraio 2014 in tutto simile al novembre 2010. Alluvione è la parola esatta. Con danni incalcolabili alle abitazioni e all’agricoltura. La situazione più grave resta nella Bassa padovana, con le 600 famiglie sfollate a Bovolenta e a Battaglia terme, invaso dall’acqua tracimata dal canale. Sulla fascia collinare e pedemontana si contano le frane, con le strade che si sbriciolano: paura in via Rialto a Rovolon sui Colli euganei, dove l’asfalto ha ceduto per una decina di metri. Assai più grave la situazione a Fregona, nel Trevigiano: e una frana si è portata via parte del piazzale di un’officina. Finite nella voragine due macchine e un trattore che erano parcheggiati sullo spiazzo. L’ennesimo guasto al territorio a causa delle piogge incessanti è avvenuto ieri mattina in via Osigo a Fregona. Inghiottiti anche cinque grossi alberi che sono rovinati nel ruscello. Nel Veneziano, tutto il Veneto orientale è in preda all’incubo dell’alluvione: per Portogruaro e San Stino si tratta di un autentico disastro con la richiesta dello stato di calamità naturale. Ieri sfollate anche 15 famiglie a Chioggia. Dalla pioggia alla neve, che non dà tregua al Bellunese. L’Agordino è in ginocchio per la paralisi causata dai tre metri di neve che ha bloccato tutta la valle, mentre a Cortina alcuni tetti delle case crollano per il peso della neve accumulata: gli alpini e le squadre della Protezione civile continuano a lavorare giorno e notte, ma anche la linea ferroviaria tra Calalzo e Ponte nelle Alpi è bloccata e i treni non viaggiano. Inoltre c’è da registrare che circa 3mila polli sono morti nell’allagamento di un allevamento avicolo a Lozzo Atestino (Padova), causato dalle forti piogge di questi giorni. «Sta andando malissimo per colpa della disorganizzazione degli enti di bacino», ha detto il sindaco di Lozzo, Fabio Ruffin – «Quellì mi stanno inondando il paese. Non ho avuto nessun problema fino alle 7 di ieri, mi sono svegliato e ho trovato il paese allagato senza che me lo dicessero». Sul posto per un sopralluogo il presidente del Consiglio regionale Ruffato. Infine, la Cassa di risparmio di Venezia ah messo a disposizione 5 milioni di euro per i prestiti alle popolazioni e aziende compite dal maltempo.
L’INTERVENTO DELL’ESERCITO
Oltre 300 militari impegnati contro neve e allagamenti
Tiozzo, Bonfante e Naccarato: Zaia non ha realizzato i tre bacini di laminazione
VENEZIA – Sotto metri di acqua e di neve. Per il Veneto non c’è tregua ogni qual volta piove per più di due giorni. E se il governatore Luca Zaia decreta lo stato di calamità nella regione a causa del maltempo, ben prima l’Esercito, su richiesta delle Prefetture, ha messo a disposizione uomini e mezzi nelle zone critiche. Per la precisione 140 militari e 41 mezzi, tra cui dei cingolati e macchine movimento terra, sono stati inviati a Belluno per sgomberare la neve accumulata e rimettere in sesto la viabilità nei comuni di Cencenighe Agordino, Santo Stefano di Cadore, Pieve di Cadore, Falcade, Valle di Cadore, Arabba, Borca di Cadore, Rocca Pietore, Forno di Zoldo, San Pietro di Cadore, San Vito, Sappada e Cortina. Proprio a Cortina, dove sopra i tetti sono caduti due metri di neve, sono in azione i rocciatori dell’Esercito. Nel trevigiano ci sono invece 175 Lagunari con 35 mezzi, quelli speciali del genio e idrovore, impegnati nel monitoraggio e il rafforzamento degli argini, per il drenaggio delle acque e per la rimozione di detriti nei comuni di Motta di Livenza, Meduna e Preganziol. Accanto ai militari, un altro esercito, silenzioso e permanente, si attiva da sempre in Veneto ogni qual volta ci sia stato o meno di calamità. Sono tutte quelle numerosissime associazioni di volontariato, dalla protezione Civile, alla Caritas, all’Associazione Nazionale Alpini, solo per citarne alcune, che operano alacremente per il bene di tutti. «Anche nelle prossime ore i mezzi speciali dell’Esercito continueranno ad operare, sulla base delle richieste avanzate dalla Prefetture, lungo tutta la penisola in supporto alla popolazione» fanno sapere dallo Stato Maggiore dell’Esercito, mentre Zaia ringrazia «tutti quelli che si stanno prodigando» per mettere fine all’emergenza, in particolare quell’esercito di volontari, fatto di tanto cuore, di cui non si parla abbastanza.
(l.z.)
L’Ance del veneto
«Il dissesto idrogeologico costa 3,5 miliardi l’anno»
Marcolin e Poli: le risorse per la difesa del suolo non rientrino nel Patto di Stabilità
PADOVA – Alluvione: Zaia invoca l’aiuto del Governo sostenuto dal deputato trevigiano della Lega Marco Marcolin che ha chiesto a Letta di garantire le risorse necessarie per mettere in sicurezza la rete idrogeologica del Veneto. La priorità resta «la deroga al patto di stabilità per consentire ai Comuni di investire le risorse nel territorio», perché il calcolo dei danni fa davvero riflettere. La conferma arriva da Luigi Schiavo, presidente di Ance Veneto: «La salvaguardia dal rischio idrogeologico resti fuori dai vincoli del Patto di stabilità. Citando un dato Ance-Cresme, la mancata prevenzione costa in Italia 3,5 miliardi di euro all’anno. Non investire oggi significa spendere 4 o 5 volte di più domani e questo è incoerente con gli obiettivi e la ratio del Patto stesso», afferma Luigi Schiavo. E proprio oggi a Roma ci sarà il lancio ufficiale di #dissestoitalia, la più grande inchiesta multimediale sul dissesto idrogeologico realizzata da Next New Media: se ne parlerà in un convegno promosso da Ance, Ordine degli Architetti, Geologi e Legambiente. «Nell’arco di pochi anni, se venisse lasciata libertà di spesa agli enti locali solo in questo specifico ambito, riusciremmo a completare gli interventi previsti dal piano di salvaguardia elaborato dal professor Luigi D’Alpaos», dice Schiavo. E su questa linea di attesta anche il senatore Antonio De Poli (Udc): «Lancio un appello al Governo, in vista del semestre italiano alla presidenza di Bruxelles: lasciamo fuori dal Patto di stabilità le risorse per la difesa del suolo contro il rischio idrogeologico». Assai più critiche le analisi del Pd: i consiglieri regionali Lucio Tiozzo e Franco Bonfante, consiglieri regionali, invitano Luca Zaia a «non scaricare le colpe sugli altri . Chiediamo alla Giunta di assumere nel bilancio 2014 decisioni concrete e di mettere a disposizione soldi veri». E sui ritardi di Zaia insiste il deputato Pd Alessandro Naccarato: «Il Veneto non merita questa offesa e i cittadini non vanno ingannati. Nel 2011 sono arrivati in Veneto 320 milioni di euro per coprire gli indennizzi dei danni e a finanziare le opere di messa in sicurezza del sistema delle acque. In più proprio Zaia ha potuto esercitare i poteri di commissario straordinario per far fronte all’emergenza dell’alluvione. In particolare, come segnalato nell’interrogazione al Presidente del Consiglio del 21 novembre 2012, oltre alle opere di manutenzione delle sponde dei fiumi, sono stati giudicati indispensabili tre bacini di laminazione: «un’opera di invaso sul torrente Timonchio», nel comune di Caldogno (Vicenza), al «costo stimato e finanziato» pari a euro 41.500.000; «un’opera di invaso sul fiume Agno-Guà» nei comuni di Trissino e Arzignano (Vicenza), al «costo stimato e finanziato» pari a euro 44.650.000; «un’opera d’invaso sul torrente Lastego-Muson», nei comuni di Riese Pio X e Fonte (Treviso), al «costo stimato e finanziato» pari a 13.800.000. Ebbene, perché queste opere che lo stesso commissario straordinario ha indicato come urgenti non sono state realizzate?
Zaia scrive a Letta: «Avremo danni per altri 500 milioni»
Il governatore: «Come nel 2010, quando furono colpite diecimila aziende e famiglie
Incontriamoci per progettare la sicurezza del suolo veneto. Ci servono 2,7 miliardi»
MESTRE «Il nostro territorio continua ad essere in pericolo perché se oggi non piove, le previsioni non migliorano per i prossimi giorni e la montagna preoccupa moltissimo». Una situazione «disastrosa», tra fiumi dagli argini fragilissimi, centri alluvionati, frane e valanghe, quella dipinta ieri mattina nella sede della Protezione civile regionale dal presidente della Regione Luca Zaia, che accompagnato dall’assessore Stival, ha annunciato di aver inviato ieri mattina al presidente del consiglio Enrico Letta una lettera per «denunciare la drammaticità di una emergenza che rischia di colpire più del 2010», quando si contarono danni per mezzo miliardo di euro e oltre 10 mila furono le aziende e le famiglie bisognose di aiuti economici. «Le chiedo a nome di tutti i veneti che in queste ore stanno affrontando con la consueta dignità e con forte spirito di solidarietà questa ennesima calamità, il massimo sostegno del Governo affinché con rapidità vengano posti a disposizione della Regione tutti gli strumenti normativi e economici che consentano di gestire al meglio l’emergenza», è un passo della lettera con cui il governatore chiede anche un incontro con il primo ministro Letta per illustrare la situazione. Un milione di euro stanziato subito non basta, avverte Zaia. Il conto dei danni non è certo ma l’impressione è che soprattutto i danni provocati dai tre metri di neve caduti in montagna nei giorni della “Merla”, quelli tradizionalmente più freddi, e che invece «sono i più caldi di questo inverno», con lo scioglimento, faranno salire il conto delle richieste di risarcimento al mezzo miliardo di euro. Come nel 2010 e nonostante le 925 opere realizzate finora «che comunque sono servite». «Serve un piano Marshall contro il dissesto idrogeologico», spiega il presidente della Regione, che invita il governo Letta a garantire i 2 miliardi e 700 milioni di euro necessari a mettere in sicurezza il Veneto. «Il governo finanzi sul serio i bacini idrografici e quelli di laminazione» dice Zaia. «Con 21 miliardi di tasse pagati ogni anno dai veneti, Roma risponda all’appello e investa negli interventi contro il dissesto». Confermata quindi la richiesta di stato di calamità ed emergenza per la nostra Regione. Duemila e 500 i volontari impegnati nelle zone più colpite, il Padovano, i colli Euganei, la montagna, i Comuni alle presi con zone alluvionate del Veneto orientale. Il presidente della Regione difende dalle critiche anche il nuovo piano casa e a D’Alpaos assicura che delle 12 casse di espansione previste per decreto, 5 sono già progettate. Ma il problema, dice, in Italia è sempre lo stesso: «La burocrazia che ammazza il settore dei Lavori pubblici e pure anche i cittadini». Un contributo al dibattito lo porta anche Ance (associazione costruttori ) di Venezia: «La mancata prevenzione dal rischio idrogeologico costa ai cittadini 3,5 miliardi di euro all’anno. Se si considerasse la quota di spesa relativa al Veneto, in poco più di un lustro daremmo attuazione al piano di salvaguardia elaborato dal professor Luigi D’Alpaos risparmiando negli anni a venire i costi di intervento post disastro». Insomma, il messaggio al governo è chiaro: agire sarebbe un vantaggio per tutti.
Mitia Chiarin