Nuova Venezia – L’accusa: Galan a libro paga del Cvn
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
14
lug
2014
L’accusa: Galan a libro paga del Cvn
Il gip dispone l’arresto ipotizzando la «corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio», punita con pene da 4 a 8 anni
All’ex governatore è contestato uno «stipendio annuale di circa 1 milione di euro» in cambio del parere favorevole della Commissione Via ai progetti del Consorzio
A suo carico le dichiarazioni rilasciate dagli indagati Minutillo, Baita e Mazzacurati Non solo dighe mobili: pesa il possesso del7% di Adria Infrastrutture
VENEZIA – Essere stato – da presidente della Regione Veneto – a libro paga dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati (grazie ai fondi neri del Cvn) per stendere tappeti rossi davanti al Mose; e in cassa alle imprese per agevolarne i project financing in Regione. Queste, in sostanza, le accuse che i pubblici ministeri Ancilotto, Buccini e Tonini muovono a Giancarlo Galan, con una quadro probatorio che ha convinto il giudice per le indagini preliminari Alberto Scaramuzza a disporne la custodia cautelare in carcere per «corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio»: condanna prevista dal codice, da4 a 8 anni di reclusione. Per agevolare il Mose- elenca puntiglioso il gip Scaramuzza – l’ex presidente avrebbe ricevuto da Mazzacurati «uno stipendio annuale di circa 1 milione di euro; euro 900 mila nel periodo tra il 2007 e il 2008 per il rilascio nella Commissione di salvaguardia del 20 gennaio 2004 del parere favorevole e vincolante sul progetto definitivo del sistema Mose; 900 mila euro nel periodo 2006 e 2007 per nel novembre2002 e del gennaio 2005 per il parere favorevole della commissione Via della Regione Veneto ai progetti delle scogliere esterne alla bocche di porto a Malamocco e Chioggia». La prima a chiamarlo in causa era stata l’ex segretaria Claudia Minutillo, poi amministratore di Adria Infrastrutture. Arrestata a febbraio 2013, il 19 marzo mette a verbale: «A Giancarlo Galan venivano consegnate anche più volte all’anno ingenti somme di danaro, parliamo di 100 mila euro e anche più. Mi è stato riferito da Baita, che si lamentava delle richieste esose del Galan, ma anche dal Galan stesso quando ne ero la segretaria prima del 2006». A luglio 2013 è la volta di Giovanni Mazzacurati – arrestato a sua volta – dichiarare ai pm che gli chiedono del “quantum”: «La cosa era molto variabile, però diciamo un milione l’anno, più o meno insomma (…) per dare al Governatore oppure a chi voleva il Governatore». Racconta Piergiorgio Baita ai magistrati che lo interrogano tra maggio e ottobre 2010, della doppia tangente da 900 mila euro: soldi di Mantovani, «secondo quello che mi dice Mazzacurati, richiesti dall’assessore Chisso non per sé ma a nome del presidente Galan». E, ancora, «avevamo avuto molte sollecitazioni da Chisso dicendo che Galan lo pressava». Manon solo Mose e non solo si soli soldi è fatta l’accusa. Secondo la Procura, Galan sarebbe stato ricambiato anche in partecipazioni azionarie per «agevolare l’iter procedimentale dei project financing presentati da Adria Infrastrutture, accelerando le procedure, fornendo informazioni riservate e inserendo nelle posizioni chiave ella struttura organizzativa regionale persone legate e di gradimento dei vertici di Adria e del gruppo Mantovani». Il tornaconto? Il 7% delle azioni di Adria infrastrutture – intestate alla Pvp di Paolo Venuti, suo prestanome – «per partecipare agli utili che sarebbero derivati dall’approvazione dei project»; il 70% delle quote di Nordest media sempre per tramite di Pvp; «riceveva in occasione delle campagne elettorali cospicui finanziamenti che gli venivano consegnati da Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo»; «riceveva nel 2005 la somma di 200 mila euro all’hotel Santa Chiara da Baita tramite Minutillo»; si faceva pagare dalla Mantovani i lavori di ristrutturazione della sua villa di Cinto Euganeo, per un totale di 1,1 milioni, grazie a sovrafatturazioni della stessa Mantovani a favore della Tencostudio, per altri incarichi. Per il gip Scaramuzza Galan e Chisso «hanno totalmente asservito le rispettive funzioni di natura politico istituzionale (…) agli interessi delle società private componenti il Cvn a fini di lucro proprio, personale e ingente (…) condotta di rilevante gravità sia per durata sia per entità delle utilità oggetto di corruzione.
Roberta De Rossi
DOPO L’ARRESTO – Venuti, fedelissimo dell’ex Doge lascia il collegio sindacale Save
VENEZIA – Save, la società di gestione dell’ aeroporto Marco Polo di Tessera, ha reso noto di aver ricevuto ieri le dimissioni di Paolo Venuti dalla carica di membro del collegio sindacale. Le dimissioni sono state date «per ragioni di opportunità », in relazione «alle indagini in corso che lo riguardano ». Venuti, finito in carcere, era il commercialista di Giancarlo Galan e in questo ruolo, secondo le accuse formulate nell’inchiesta della Procura di Venezia sul Mose, sarebbe stato il prestanome del parlamentare forzista.
Hacker contro Consorzio e Mantovani
Pirati informatici nel sito del Cvn: caricato un video sui costi del malaffare
VENEZIA – Gli hacker attaccano i siti del Consorzio Venezia Nuova e della Mantovani. L’assalto è avvenuto ieri pomeriggio da parte dell’organizzazione OpGreen- Rights che, da qualche settimana, ha aperto una campagna contro il Mose e le grandi opere in laguna. E per rendere pubblico tutti gli affari di chi sta dietro a questa nuova tangentopoli. I pirati hanno messo fuori uso la pagina Mediateca del sito del Cvn. Dopo essere entrati hanno caricato un video di una trasmissione de La7 sui danni del Mose in laguna e sul malaffare collegato alla grande opera. Inoltre quando si apriva lo stessa pagina, appariva una breve spiegazione sui danni e sui costi collegati alla tangentopoli marcata Mose. Negli stessi istanti anche il sito della Mantovani veniva messo fuori uso. Un attacco che deve essere iniziato ben prima di quando i pirati hanno deciso di rendere pubblica l’azione. Infatti da alcuni tweet provenienti dal profilo del gruppo, gli hacker sostengono di aver carpito documenti relativi all’attività della società.
(c.m.)
Cantone annuncia «Nei prossimi giorni sarò a Venezia»
Il commissario anti corruzione in tv con il giornalista Giorgio Barbieri: «Meglio le opere idrauliche che il Mose»
PADOVA – Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, sarà a Venezia nei prossimi giorni per valutare gli sviluppi dell’inchiesta Mose, che ha portato all’arresto di 35 persone. La notizia è stata diffusa ieri sera, nel corso dello speciale «In Onda» su La 7, cui ha partecipato anche il nostro collega Giorgio Barbieri che ha presentato il libro scritto con l’economista Francesco Giavazzi: «Corruzione a norma di legge» edito dalla Rizzoli. Nella scheda di presentazione si legge che a Venezia, già nel XIV secolo, la figura dell’Avogador aveva una funzione precisa: controllare che non venissero effettuate ruberie ai danni del bene pubblico. Poteva svolgere questo ruolo solamente chi non avesse alcun conflitto di interesse con ciò che doveva controllare. Le vicende giudiziarie che hanno coinvolto il Mose, la “grande opera” ideata per risolvere il problema dell’acqua alta a Venezia, dimostrano invece il fitto intreccio che legava controllori e controllati, con conseguenze nefaste per la città, la regione e il bene comune. Nel loro libro Francesco Giavazzi e Giorgio Barbieri ricostruiscono la palude che per due decenni ha pervaso non solo il Mose, ma anche l’Alta Velocità, l’Expo di Milano, che proprio ieri ha visto finire nei guai anche il governatore lombardo Roberto Maroni. Dal libro emerge un resistente filo rosso che collega la Tangentopoli degli anni Novanta al Mose. Corruzione delle leggi prima ancora che violazione delle leggi. La vicenda del Mose è l’emblema di «un sistema che ha corrotto il Paese a tutti i livelli, durante la prima e la seconda Repubblica, e che ora mette con le spalle al muro la politica ». Barbieri ha spiegato che il peccato originale del Mose sta nella concessione unica del 1984 affidata dal governo al Consorzio Venezia Nuova: un’anomalia avallata da tutti i premier che si sono succeduti negli ultimi trent’anni: da Ciampi, Prodi, D’Alema e Berlusconi, tanto citare i big. Raffaele Cantone, dopo aver annunciato la sua visita a Venezia, ha ribadito che si deve fare tesoro della lezione con cui la Serenissima ha salvato la laguna: niente paratoie né tangenti, ma solo opere idrauliche nelle isole.
(al.sal.)
CHI HA RUBATO SI VERGOGNI PER SEMPRE
di BEPI COVRE
Cos’è la vergogna? Un «sentimento profondo di turbamento e disagio per timore di riprovazione e condanna (morale o sociale), di fronte a comportamenti che provocano disprezzo, discredito, giudizio sfavorevole», recita il dizionario. Da oltre un mese giornali, radio, televisioni italiane e non solo ci fanno arrabbiare sulle vicende del Mose; precisamente sull’operato dei dirigenti del Consorzio Venezia Nuova che da oltre trent’anni briga, intrallazza, corrompe, ruba per salvaguardare in teoria Venezia dalle acque alte. Quintali di carta stampata, fiumi di inchiostro, ore di trasmissioni,e siamo solo ai preliminari di uno scandalo che ci rovinerà l’anima almeno per i prossimi dieci anni, considerati i tempi della giustizia italiana. Premetto che non mi piacciono neppure certi arresti e incarcerazioni preventive fatte nottetempo, traumatizzando mogli e bambini nella serenità del sonno nelle loro famiglie. Soprattutto quando si assiste, poi, dopo settimane di carcere preventivo, alla rimessa in libertà da parte del Tribunale del Riesame, come nel caso dell’ingegner Fasiol (persona stimata, capace e onesta che conosco bene) o del funzionario regionale Artico (ex sindaco di Cessalto), scarcerato dallo stesso Tribunale del Riesame. In molti ci chiediamo: chi risarcirà mai questi signori, chi rimedierà i danni, morali, sociali, familiari che hanno subito e pagato a tanto prezzo? Per la serie che non bisogna mai fare di ogni erba un fascio, soprattutto quando si vuol fare giustizia giusta. Resta il fatto che lo scandalo veneziano sta assumendo gravità consistenza coinvolgimento di istituzioni pubbliche e aziende private in una dimensione che non ha uguali in Italia, forse neppure in Europa. Scandalo aggravato da almeno tre fattori. Il primo riguarda Venezia, la città più bella, conosciuta e amata nel mondo per la sua unicità, la sua storia gloriosa. Quando si va all’estero per turismo, ma soprattutto per lavoro, dire che si abita in Veneto, vicino a Venezia, è sempre stato per tutti noi motivo di prestigio e malcelato orgoglio. Un biglietto da visita che non abbisogna di ulteriori precisazioni. Ogni volta la risposta è sempre stata: «Che bella città, che fortuna viverci vicino». Adesso è meglio evitare perché l’atteggiamento cambia completamente: una smorfia di disgusto, soprattutto all’estero. Anche perché veniamo sempre da un Paese che non ha migliori biglietti da visita da presentare, essendo l’incubatoio di mafie, corruzioni sistemiche, ecc. Il secondo fattore ci tocca come veneti (qui ci manca purtroppo l’autorevole pensiero di Giorgio Lago!), popolo che per anni, sudando e lavorando come pochi al mondo, si è promosso ed è stato riconosciuto ovunque per impegno, capacità e onestà. Per verificarlo basta visitare le comunità venete in ogni continente. Provate a sentire ora cosa dicono e cosa pensano dello scandalo Mose. Il terzo fattore è quello politico. Anche in questo ambito ci siamo comportati bene, rispetto alle altre regioni. Il nostro Consiglio regionale è tra i pochissimi non inquisiti per ladrocinio, capace persino di ridursi nel numero e nelle spese di gestione. Bravo a gestire la sanità, tra le più efficienti in Italia. Non voglio neppure dimenticare i sindaci veneti; non ho memoria di arresti e neppure di scioglimenti di Consigli comunali per fatti di mafia o corruzione. Sì, eravamo orgogliosi di essere veneti e questo orgoglio ci dava la forza per tirare avanti, per lottare, per produrre, pagare le tasse, per mantenere uno Stato inefficiente. Ora ci viene rinfacciato tutto, senza pietà e con giustificato motivo. Ci sentiamo sbeffeggiati, derisi e presi in giro. Io non condanno nessuno di lorsignori, anche perché non so chi, come e quanto ha rubato. Dico però che chi l’ha fatto lo sa perfettamente e, prima ancora che arrivi la sentenza della Giustizia, provveda a vergognarsi in proprio, in grande e per sempre. Assuma la vergogna sulle proprie spalle, nei propri comportamenti, nelle proprie azioni future e sparisca dal consesso civile. Veda di eclissarsi, veda di non dare nell’occhio, di non abitare in case extralusso, di guidare auto costose o possedere barche di valore. Non siamo disposti a tollerare e tantomeno ad abbassare gli occhi se ci capita di incontrarli. Abbassino loro lo sguardo, perché per loro, se saranno condannati, «Pietà l’è morta!», per dirla con Nuto Revelli.
Bepi Covre