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Nuova Venezia – “Io ho pagato Galan per poter lavorare”

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

2

ago

2014

Mose, altre accuse per Galan

Alessandri (Sacaim): «Ho pagato il Governatore per lavorare»

Nuove accuse per Giancarlo Galan. I pm Paola Tonini e Stefano Ancilotto hanno depositato davanti al Riesame la testimonianza

Pierluigi Alessandri (Sacaim): «Ho pagato Galan per poter lavorare».

«Io ho pagato Galan per poter lavorare»

Alessandri già titolare di Sacaim smonta la difesa dell’ex governatore

E villa Rodella costò un milione e 800mila euro, metà dei quali in nero

VENEZIA – Aveva in azienda la Guardia di finanza per una verifica fiscale e si è deciso a parlare l’imprenditore veneziano Pierluigi Alessandri, anche perché le «fiamme gialle » c’erano arrivate e gli chiedevano insistentemente di quei 215 mila euro. Alessandri, allora, era ancora l’amministratore delegato della Sacaim, una delle maggiori imprese edili veneziane ora acquisita dalla friulana De Eccher dopo una crisi che l’aveva portata sull’orlo del fallimento, evitato grazie all’amministrazione straordinaria. Ieri, davanti ai giudici del Tribunale del riesame presieduti da Angelo Risi i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Paola Tonini hanno depositato lo stralcio di un verbale di Alessandri in cui racconta di aver consegnato 115 mila euro in contanti a Giancarlo Galan su sua richiesta e di aver compiuto lavori nella sua villa di Cinto Euganeo per altri 100 mila senza essere mai stato pagato. Nulla a che fare con il Mose e con il Consorzio Venezia Nuova e in apparenza con questa inchiesta, ma una conferma che il parlamentare di Forza Italia rinchiuso nel carcere milanese di Opera era solito richiedere mazzette e contributi, anche se per ora ha ammesso soltanto quelli elettorali. Per quei 215 mila euro anche Alessandri è finito nel guai, è infatti indagato per corruzione. Del resto Baita aveva già parlato della Sacaim in uno dei suoi interrogatori, affermando che in più di un’occasione Galan aveva chiesto a lui di inserire l’impresa veneziana in alcuni appalti. Alessandri ha riferito ai pubblici ministeri che era andato da Galan proprio per questo, per chiedere di lavorare perché l’impresa era in crisi e gli appalti concessi dal Comune non bastavano. Ha ripetuto che allora Galan gli disse che doveva entrare nella cerchia degli amici e gli fece capire che il sistema era quello di pagare. I fatti sarebbero avvenuti prima del 2009. I rappresentanti della Procura, per supportare la loro tesi, quella che Galan debba restare in carcere perché c’è il rischio che possa inquinare le prove, del resto è ancora ben inserito nel suo partito ed è ancora un membro della Camera dei deputati, hanno depositato anche alcuni stralci dell’interrogatorio di un altro imprenditore veneziano, Andrea Mevorach, un nome che non era ancora entrato nell’inchiesta sul Mose ma che prepotentemente si è affacciato proprio grazie al memoriale scritto di suo pugno da Galan. L’ex presidente della giunta veneta ha sostenuto, per inficiare la testimonianza della sua ex segretaria Claudia Minutillo, che quest’ultima si sarebbe trattenuto ben 300 mila euro che Mevorach, durante la campagna elettorale per le Regionali del 2005, aveva versato a suo favore. La prima domanda che i pubblici ministeri hanno avanzato nei giorni scorsi all’imprenditore veneziano è stata se mai aveva contribuito in qualche modo alle campagne elettorali di Galan. La risposta non solo è stata negativa, ma ha anche spiegato che non aveva motivo di foraggiare il governatore veneto, visto che lui non aveva alcun interesse in Regione, non aveva lavori da svolgere o da chiedere in cambio. Però, ha raccontato che almeno in un’occasione era stato avvicinato da Galan che lo aveva apostrofato malamente, utilizzando il luogo comune che indica gli ebrei come avari, chiedendogli contributi, visto che non ne aveva mai versati a suo favore. La terza testimonianza importate consegnata ieri ai giudici del Riesame è quella del medico di origine siciliana che da anni vive nel Padovano, il quale ha svelato finalmente quanto è costata villa Rodella a Galan. Il professionista l’aveva acquistata durante un’asta fallimentare, l’ennesima dopo che altre erano andate deserte, e l’ex ministro dell’Agricoltura e dei Beni culturali ha sempre sostenuto di averla pagata poco meno di un milione di euro. Ora il medico di origine siciliana riferisce di aver incassato ben un milione e ottocentomila euro complessivamente, di cui 700 mila dichiarate e, dunque, in bianco, un altro milione e 100 mila in contanti e in nero dalle mani di Galan. Anche questa circostanza non ha a che fare direttamente con le tangenti per il Mose, ma dimostra che l’indagato aveva grande disponibilità di danaro liquido che, presumibilmente, gli veniva da conti correnti in banche estere. Soldi che nel suo memoriale nega di aver mai posseduto, ma che Mazzacurati sostiene di avergli consegnato in contanti. I rappresentanti dell’accusa hanno depositato anche un’intercettazione di un colloquio tra Giovanni Mazzacurati e la sua segretaria, durante la quale l’anziano ingegnere spiega alla collaboratrice più stretta che il Consorzio dovrà sponsorizzare un convegno organizzato dalla Banca degli occhi di Mestre, di cui Mazzacurati allora era presidente, organizzato da Alessandro Galan, fratello di Giancarlo e primario oculista all’ospedale Sant’Antonio di Padova, lo stesso nosocomio dove l’indagato si è fatto visitare per la frattura al malleolo prima di finire a Este. Mazzacurati spiega alla segretaria che il Consorzio, sostenuto da finanziamenti pubblici, avrebbe dovuto impegnare 20 mila euro per il convegno medico, il doppio dei 10 mila consegnato l’anno precedente per la stessa iniziativa. E, rimanendo su Mazzacurati, i pubblici ministeri hanno depositato anche uno stralcio di un suo interrogatorio, durante il quale racconta di aver partecipato alla festa di nozze di Galan e di aver regalato un servizio di bicchieri di Murano, spendendo 12 mila 500 euro, naturalmente non di tasca sua, ma provenienti dai fondi del Consorzio Venezia Nuova. Infine, ci sono le affermazione di Stefano Tomarelli, imprenditore romano e uno degli amministratori dell’impresa «Condotte d’acqua ». Ai pubblici ministeri ha riferito che durante un colloquio con Mazzacurati, che riguardava i cassoni da affondare alle bocche di porto della laguna per il Mose, l’ingegnere gli avrebbe riferito di aver consegnato una notevole somma di danaro a Galan poco prima.

Giorgio Cecchetti

 

Chi ancora in carcere, chi pronto al patteggiamento

VENEZIA – Nel carcere di Opera c’è l’ex ministro Giancarlo Galan, in quello di Pisa l’ex assessore Renato Chisso. Al Marassi di Genova c’è il commercialista padovano Paolo Venuti, nel carcere di Pistoia il capo della segreteria particolare di Chisso Enzo Casarin, a Santa Maria Capua a Vetere il generale della Guardia di Finanza Emilio Spaziante, a Milano l’ex parlamentare Marco Mario Milanese. A due mesi dalla grande retata con cui è stato decapitato il sistema Mose le posizioni dei diversi indagati sono differenziate. A chi è rimasto in carcere sono andati male i ricorsi al Tribunale del Riesame (per Galan la decisione è attesa per oggi). Alcuni degli imputati invece hanno preferito uscire dall’inchiesta patteggiando una pena. Tra questi i principali sono: Maria Teresa Brotto, direttore tecnico del Consorzio Venezia Nuova, che ha stabilito un patteggiamento pari a due anni e alla restituzione di 600 mila euro. L’ex consigliere regionale del Partito Democratico Giampiero Marchese (accusato di illecito finanziamento) ha concordato una pena pari a 11 mesi di reclusione. L’imprenditore chioggiotto Stefano Boscolo Bacheto, titolare della «San Martino», ha patteggiato due anni e 700 mila euro di restituzione all’Erario. L’imprenditore Gianfranco Boscolo Contadin, titolare della «Co. Ed.Mar.», due anni e 800 mila (entrambi sono accusati di corruzione e reati fiscali). Franco Morbiolo, presidente del Consorzio Coveco, ha concordato un patteggiamento di un anno e la restituzione di 19 mila euro. Patteggiamento in vista anche per l’imprenditore svizzero: un anno. Aveva concordato con la Procura un patteggiamento a 4 mesi di reclusione e 15 mila euro di multa anche l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni. Mail Gup, lo scorso 28 giugno, ha respinto l’accordo giudicando troppo mite la pena. Molti gli indagati agli arresti domiciliari: da Roberto Meneguzzo a Lia Sartori. Mentre sono in stato di libertà i dirigenti regionali Giuseppe Fasiol e Giovanni Artico: il Riesame ha annullato il loro arresto.

Daniele Ferrazz

 

Incompetenza e nuove accuse ma il verdetto slitta a oggi

Ghedini e Franchini contestano la territoralità e i presupposti per la detenzione

La procura porta però altre testimonianze e segna alcuni punti a suo favore

VENEZIA – Per Giancarlo Galan un’altra notte di attesa nella sua camera- cella del carcere ospedale di Opera: ieri, infatti, i giudici del Tribunale del riesame hanno rinviato la decisione che lo riguarda – se scarcerarlo o comunque concedergli gli arresti domiciliari – a questa mattina. Quella di ieri è stata una giornata convulsa, i giudici presieduti da Angelo Risi hanno prima affrontato la posizione di altri due indagati, quella del giudice della Corte dei conti ora in pensione Vittorio Giuseppone, che si trova agli arresti domiciliari, e quella dell’imprenditore veneziano Andrea Rismondo, che ha l’obbligo di non uscire dopo le 20. Poco prima delle 13 sono finalmente entrati i difensori di Galan, l’indagato ha preferito non presentarsi probabilmente per le sue condizioni di salute, gli avvocati Antonio Franchini e Nicolò Ghedini. Ad attenderli in aula c’erano già i pubblici ministeri Paola Tonini e Stefano Ancilotto. Con una breve pausa per un panino, la difesa è intervenuta fino alle 16,30, puntando soprattutto sull’incompetenza del Tribunale di Venezia a indagare e giudicare, visto che le contestazioni elevate dopo il 2010 lo sono state quando ormai era ministro, prima dell’Agricoltura poi dei Beni Culturali, e dunque dovrebbe toccare al Tribunale per i ministri prendere in esame le accuse. Per quanto riguarda le accuse precedenti, stando sempre ai difensori, si tratta di reati già caduti in prescrizione. I due legali, sono anche entrati nel merito, affermando che non ci sarebbero i gravi e sufficienti indizi per tenere in carcere l’indagato, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare. Hanno poi preso la parola, per poco più di un’ora, i pubblici ministeri, prima Paola Tonini quindi Stefano Ancilotto, che hanno depositato stralci di verbali d’interrogatorio e di intercettazioni non ancora agli atti del Tribunale. A questo punto, gli avvocati Franchini e Ghedini hanno chiesto almeno mezz’ora di tempo per esaminare la documentazione e il Tribunale l’ha concessa. Quindi, l’udienza è ricominciata per permettere ai difensori di dire la loro sul nuovi documenti depositati dalla Procura. Alle 19 l’udienza è finita ed è iniziata la camera di consiglio per il presidente Angelo Risi e per i giudici a latere Daniela Defazio e Sonia Bello. Presumibilmente, hanno preso in esame subito le posizioni di Giuseppone e Rismondo, così che in serata hanno deciso e si sono riservati invece di prendere in esame la posizione di Galan questa mattina. Probabile, dunque, che nella tarda mattinata sarà nota la loro decisione.

(g.c.)

 

LA CURIOSITÁ – Regalo di nozze degli assessori pagato da Mantovani

Il trattore da giardino voluto dai compagni di giunta di Forza Italia fu liquidato da Buson

VENEZIA «Ma che cosa ne potevo sapere io?» Giancarlo Galan, pochi giorni prima di venire condotto in carcere, si arrabbiava così dopo aver letto le intercettazioni nelle quali Renato Buson, il braccio destro di Piergiorgio Baita, raccontava ai magistrati di Venezia la storia del trattorino. Regalo per il suo matrimonio da parte degli assessori regionali, pensava Galan; regalo della Mantovani secondo la ricostruzione di Buson e Baita. Questa è la piccola storia del trattore di casa Galan, sul quale si faceva immortalare poche settimane dopo il suo matrimonio. Interrogato per cinque volte (4, 10 e 29 aprile, 16 maggio e 11 luglio 2013), Buson racconta ai magistrati l’episodio minore nella saga di Galan. Domanda il magistrato: lei ha mai fatto consegne all’ex presidente Giancarlo Galan? Risponde Buson: personalmente somme di denaro mai. Ne ho consegnate a Baita e dalle lamentele di quest’ultimo presumo che fossero per Galan. Ho sentito spesso Baita lamentarsi dei costi che doveva sopportare per Galan. Domanda: e consegne di altri generi di bene? Risposta: mi ricordo un piccolo trattore agricolo per la sua casa di campagna. Mi fu fatta la fattura e pagai (circa 5000 euro). Domanda: quindi lui se lo andò a comprare e lei pagò la fattura? Risposta: Sì. Quando Galan ha letto la trascrizione dell’interrogatorio è sbottato: «Ma che ne sapevo io che non l’hanno pagato loro?» riferendosi ai suoi assessori regionali. Che, siamo nel 2010, erano: Giancarlo Conta, Renato Chisso, Marialuisa Coppola, Oscar De Bona, Fabio Gava, Renzo Marangon e Vendemiano Sartor. Difficile ricostruire l’accaduto, a distanza di così molti anni. Rimane il ricordo delle grandi feste di Galan, che usava ad ogni compleanno (il 10 settembre) riunire i suoi sodali e far presente che c’era una lista da sottoscrivere, su base volontaria, per essere accolti in pompa magna in villa o nelle osterie dei Colli Euganei che ancora ricordano la sua ospitalità.

 

 

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