Nuova Venezia – Prima volta del Mose alzate tutte le paratoie
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
12
nov
2014
Per la prima volta alzate per prova le 21 paratoie del Lido
Mose, un pezzo già funziona
Prova generale con la chiusura delle 21 barriere del canale di Treporti al Lido
Venezia Nuova: «Orgogliosi». Fabris a Roma incontra Cantone e il prefetto
VENEZIA – Un pezzo di Mose funziona. Solo una prova, ma per la prima volta ieri i tecnici delle imprese del Consorzio Venezia Nuova hanno sollevato con successo tutte e 21 le paratoie del canale di Treporti in bocca di Lido. Alle 9.10 del mattino le dighe mobili hanno raggiunto, dopo circa 35 minuti dal via, la posizione «di lavoro» con una inclinazione di 35 gradi. Per qualche ora dunque metà bocca di Lido – 420 metri del varco tra Punta Sabbioni e l’isola artificiale del bacàn – è rimasta chiusa alla marea, che nel frattempo continuava a crescere. Come da progetto l’acqua entra fra i traferri, cioè tra una paratoia e l’altra, visto che gli elementi del sistema sono incernierati sul fondo e tra loro indipendenti. «Ma è un passaggio d’acqua irrilevante», dice soddisfatto il direttore del Consorzio, l’ingegnere Hermes Redi, «siamo davvero contenti di questo lavoro, della precisione millimetrica con cui il sistema ha funzionato». Uno spettacolo seguito dalle barche e dai mezzi Actv in transito, ma anche dalle dighe di Punta Sabbioni e San Nicolò. Per la prima volta si sono visti le 21 barriere gialle sollevarsi insieme dopo essere state riempite di aria compressa. Il segnale di via è stato dato dalla centrale sull’isola artificiale in mezzo alla bocca di porto – dove saranno agganciate anche le altre 20 paratoie del varco di San Nicolò – e seguite dalla centrale nell’Arsenale Novissimo, dopo circa un’ora dall’accensione degli impianti.
Il presidente del Consorzio Mauro Fabris si è detto «orgoglioso» del risultato. «Siamo stati chiamati 16 mesi fa in un momento di emergenza dalle imprese», dice, togliendosi un sassolino, «abbiamo portato alla fase finale la costruzione delle dighe mobili e ottenuto i finanziamenti mancanti. Questo grazie al lavoro dei tecnici». Ieri Fabris è volato a Roma, convocato a sorpresa da Cantone insieme al prefetto Pecoraro con cui ha avuto un lungo colloquio. Un segnale inaspettato, che potrebbe portare anche a qualche novità nella procedura del commissariamento. E forse a un periodo di «cogestione» della materia, sicuramente complessa.
I tecnici hanno testato intanto pompe e materiali. Comprese le vernici delle paratoie che hanno mostrato già i primi segni di attacco della salsedine. Fenomeno prevedibile, trattandosi di un meccanismo che vive interamente sott’acqua. «Ma si tratta di sabbia e microrganismi che non compromettono in alcun modo il funzionamento delle paratoie», precisa il Consorzio in una nota, «e la patina è facilmente rimovibile». Un problema che si porrà soprattutto per gli alloggiamenti delle paratoie, dove in condizioni di esercizio potranno depositarsi sabbia e rifiuti che dovranno essere rimossi.
Quanto alle 79 paratoie del sistema (41 al Lido, 20 a Malamocco, 18 a Chioggia) il progetto ne prevede la rimozione continua, una al mese. Saranno sollevate da una speciale nave («jack up) e portate all’Arsenale per essere ridipinte. Un affare infinito, che costerà tra i 40 e i 50 milioni ogni anno.
Intanto il Cipe ha sbloccato i fondi rimanenti (un miliardo e 300 milioni, su un totale di quasi sei miliardi) per portare a completamento l’opera, che slitta al giugno 2017. Il giorno del lancio della prima pietra, nel 2003, Berlusconi aveva promesso di completare l’opera entro otto anni. Il ritardo da allora è già di sei anni. Poca roba dato che nel giorno dell’inaugurazione del prototipo Mose, nel lontano 1989, l’allora premier Bettino Craxi annunciava: «Finiremo nel 1995. Non ammetteremo alcun ritardo».
Anche il prezzo del Mose, del resto, ha subito negli anni un notevole incremento. Il progetto preliminare costava 3200 miliardi di lire (circa un miliardo e mezzo di euro). Costi lievitati progressivamente fino a 4 miliardi e 200 milioni di euro, infine a 4 miliardi e 600 milioni («Prezzo chiuso»). Poi sono stati aggiunti i nuovi costi dei materiali e le opere compensative richieste dall’Unione europea. E si è arrivati alla cifra attuale: 5 miliardi e 600 milioni di euro. Gestione e manutenzione escluse.
Alberto Vitucci