Gazzettino – Venezia. Esposto contro il porto offshore
Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments
19
nov
2014
Nel 2010 si decise di non ingrandire la conca di navigazione per fare il terminal d’altura, che però ha tempi troppo lunghi
La conca di Malamocco è sbagliata e i sette anni che bisogna aspettare perché sia pronto il porto offshore, da quando partiranno i lavori, rischiano di far morire il porto commerciale di Marghera. Oltretutto le banchine in mezzo al mare, 15 chilometri al largo di Malamocco, sono un errore madornale. Nessuno vorrà partecipare finanziariamente a un progetto simile. Infine quel terminal è saltato fuori come alternativa all’allargamento della conca, che era stata progettata troppo piccola.
È il succo del pensiero di Giovanni Anci, che ha messo nero su bianco e ha inviato alla Procura della Repubblica sotto forma di esposto. Il componente della Lega Nord veneziana e membro del Comitato portuale, la pensa insomma allo stesso modo della vice segretaria nazionale del Pd, Debora Serracchiani. Ex capitano di lungo corso, ha visto più porti in giro per il mondo che parcheggi a terra.
Il problema di fondo sta in una frase: “rottura del carico”, vuol dire che quando la nave arriverà al porto offshore, dovrà scaricare la merce su un’altra nave o chiatta prima di farla arrivare a Marghera, e questo comporta maggiori tempi di lavorazione e maggiori costi. «E sappiamo benissimo che i traffici mondiali, in mano a grandi gruppi internazionali, funzionano sulla concorrenza, vince chi offre meno tempi e meno costi» afferma Anci.
Al di là delle critiche tecniche, però, il leghista nel suo esposto chiede che la Procura indaghi su aspetti che ritiene anomali, ricordando che il 16 settembre del 2009 il presidente dell’Autorità portuale di Venezia Paolo Costa firmò con l’allora presidente del Magistrato alle Acque, Patrizio Cuccioletta (che lo scorso ottobre ha patteggiato una pena di due anni e una multa di 700 mila euro nell’ambito dell’inchiesta per lo scandalo dei fondi del Mose) un accordo di programma per ingrandire la conca di Malamocco che risultava troppo piccola per il passaggio delle nuove navi sempre più grandi in circolazione (le post Panamax).
«È già strano che avessero progettato la conca troppo piccola, dato che il Piano regolatore portuale del 15 maggio 1965 impone la profondità utile di 14,5 metri dalla bocca di porto di Malamocco fino al porto petrolifero di San Leonardo, e invece la conca è profonda 12 o 12 metri e mezzo – continua Anci -. Il fatto ancora più strano, però, è che appena un anno dopo, il 4 agosto del 2010, Costa e Cuccioletta firmano un nuovo accordo di programma col quale stabiliscono che la conca può restare così com’è perché tanto avrebbero costruito in alternativa il terminal d’altura. E, siccome lo descrivono come opera complementare al Mose perché serve a portare fuori della laguna il traffico dei petroli, la progettazione preliminare viene effettuata dal Consorzio Venezia Nuova con Thetis e Mantovani».
D’accordo ma l’Autorità portuale ha ribadito anche la settimana scorsa che costruttore e gestore saranno da individuare solo ed esclusivamente con il meccanismo virtuoso e trasparente realizzato tramite gare internazionali e sostenuto dall’Unione Europea.
«Mi fa piacere, intanto comunque la progettazione l’ha fatta il Consorzio».
Lei sostiene che comunque nemmeno l’offshore risolverà i problemi dei traffici su Venezia.
«Poco ma sicuro. Non c’è nessun porto al mondo costruito su un’isola. E già questo dovrebbe dar da pensare. L’unico è a Shanghai ma poi hanno dovuto costruire una strada e una ferrovia lunga 29 chilometri per collegarlo alla terraferma».
PORTO – Presentato dal capitano Anci (Lega) contro Autorità veneziana e Magistrato alle Acque
LE ANOMALIE DEL PROGETTO «I petroli non ci sono quasi più e il cantiere viene pagato due volte»
L’Autorità portuale ha appena annunciato che la società di ingegneria olandese Royal Haskoning DHV ha rivisto il progetto del terminal offshore permettendo di abbassare i costi di 750 milioni di euro, e portandoli a 2 miliardi e 100 milioni. Il capitano Anci, però, ricorda che nei costi va aggiunto il terminal logistico in terraferma «e così si superano i tre miliardi. Ma, soldi a parte, c’è altro che non va. Negli accordi di programma hanno giustificato la costruzione del porto offshore con la necessità di portare i petroli fuori della laguna. I petroli però sono stati drasticamente ridotti perché la Raffineria di Venezia è diventata bio e quella di Mantova, che viene servita via pipeline da Marghera, ha chiuso e viene trasformata in deposito di carburanti, per cui da qui partiranno solo prodotti finiti. Meglio così, perché il progetto ha ottenuto la Via regionale e quella ministeriale nonostante le simulazioni dimostrino come uno spandimento nel terminal al largo porterebbe il petrolio sulle spiagge e pure dentro in laguna. Evento mai accaduto in 40 anni di funzionamento del porto di San Leonardo, dentro alla laguna».
Giovanni Anci ha provato a chiedere anche un’altra cosa «ma non mi hanno risposto: per costruire le parti del nuovo terminal d’altura si individua un’area come quella di Malamocco che è stata realizzata per costruire il Mose. Ebbene, dai disegni dei progetti si capisce che si tratta proprio della stessa area, e allora mi devono spiegare perché mettono in conto un costo di 17 milioni e 760 mila euro per attrezzarla».
(e.t.)