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CHIOGGIA – Il sindaco scrive a Renzi per contestare le trivellazioni dei croati

L’allarme di Casson: «Assurdo ignorare i pericoli, il Governo intervenga»

IL RISCHIO «I 6 miliardi per il Mose diventerebbero inutili»

CHIOGGIA – Il sindaco Giuseppe Casson scrive a Matteo Renzi per chiedere un intervento serio del Governo contro le trivellazioni in Alto Adriatico che la Croazia intende cominciare il prima possibile.

A lanciare l’allarme, qualche giorno fa, è stata GreenPeace. Il governo di Zagabria ha approntato un piano quadro che prevede la suddivisione del 90 per cento della superficie marina adriatica croata in ventinove “blocchi”, di ampiezza variabile tra i 1.000 e i 1.600 chilometri quadrati.

Le prime procedure per l’assegnazione dei diritti di ricerca in queste aree sono già state espletate con l’assegnazione di dieci concessioni a cinque compagnie, tra cui l’italiana Eni.

«Per quanto abbiamo sin qui appreso, da un punto di vista ambientale il piano del governo di Zagabria è lacunoso e potenzialmente disastroso per l’Adriatico, un mare fragile e già sotto stress, che per l’Italia rappresenta una risorsa preziosa – dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace – Vogliamo un Adriatico trasformato in una specie di Texas a poche miglia dalle nostre coste?».

Anche il sindaco Casson si sta muovendo e, nei prossimi giorni, invierà una lettera al presidente del Consiglio Matteo Renzi. «Assurdo – afferma Casson – spendere sei miliardi di euro per realizzare il Mose e salvare dalle acque Chioggia e Venezia e poi non fare nulla contro il rischio di un abbassamento della costa dovuto alle trivellazioni croate. Quello che non capisco è come mai il mondo si muove contro le grandi navi nel bacino di San Marco e poi nessuno muove un dito e non vede il pericolo generato dalle estrazioni di gas. Renzi deve prendere in mano la partita e portare a Bruxelles il messaggio che la salvezza di Venezia è un affare europeo che anche la Croazia deve rispettare».

La Croazia intende trivellare la quasi totalità dei suoi mari, non risulta infatti un limite ai pozzi e alle piattaforme previste. «Nell’ambito di queste operazioni – conclude Greenpeace – non vengono considerati gli effetti transfrontalieri, così come sono ignorate misure di tutela per aree cruciali per la riproduzione di specie ittiche di importanza commerciale anche per la flotta peschereccia italiana. Ugualmente appaiono trascurati gli impatti sul turismo. Alcune trivellazioni potrebbero inoltre essere realizzate su fondali profondissimi».

Marco Biolcati

 

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