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PIANIGA – Il fronte del no categorico all’autostrada Orte-Venezia si allarga. Dopo i consigli comunale di Fiesso, Dolo e Mira anche Pianiga e Mirano hanno detto no nei giorni scorsi alla Romea commerciale. Il Comitato Opzione Zero però punta all’en plein. Un no in tutti i consigli comunali di Riviera e Miranese. «Altri due Comuni», spiegano Rebecca Ruvoletto e Lisa Causin, «chiedono il ritiro del progetto. Ora sono cinque i Comuni contrari, tutti quelli collocati alla testa della famigerata Romea commerciale. I voti dei consigli comunali di Pianiga e Mirano contro la Orte-Mestre segnano ancora una volta un’inequivocabile inversione di tendenza. Di fronte all’evidenza dei fatti, gli argomenti e le ragioni di chi continua a sostenerla non reggono più». Preciso l’appello finale: «La Romea commerciale pensata alla fine degli anni ’90 ora con il traffico ridotto dalla crisi non serve a nulla», dice Opzione Zero, «è invece necessario affrontare il tema della messa in sicurezza immediata della SS 309 e del trasporto pubblico locale». Il comitato si aspetta nei prossimi mesi che tutti i 17 Comuni del comprensorio si esprimano contro la Commerciale.

(a.ab.)

 

Gazzettino – Mestre-Orte, anche Mirano e Pianiga dicono no

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21

lug

2014

VIABILITA’ – Lo annuncia il comitato Opzione Zero: «La vera urgenza è la messa in sicurezza della Romea»

DOLO – Il Comitato Opzione Zero commenta positivamente gli ultimi sviluppi in merito all’autostrada Romea commerciale. «Altri due Comuni del Miranese-Riviera come Mirano e Pianiga , in tutto sono cinque i comuni contrari, hanno chiesto che venga ritirato il progetto della famigerata Romea Commerciale – osservano le portavoce Rebecca Rovoletto e Lisa Causin – La pressione dei comitati, l’insostenibilità dell’opera ed il marciume legato alle grandi opere stanno ribaltando nel territorio la retorica del “fare comunque” tanto cara ai politici». Le portavoci del comitato aggiungono «La priorità deve diventare la messa in sicurezza della Romea come testimoniano le prese di posizione del comune di Mira, di Dolo e di Fiesso perché l’autostrada Orte-Mestre è un progetto che dev’essere stracciato nella sua interezza, come votato dai consigli Comunali di Pianiga e Mirano che segnano una inequivocabile e netta inversione di tendenza». Il presidente di Opzione Zero, Mattia Donadel, aggiunge: «Bisogna crederci fino in fondo, perché l’approvazione del progetto preliminare della Orte-Mestre non è per nulla irreversibile, si tratta di una decisione politica e come tale può essere messa in discussione in ogni momento. È fondamentale che Comuni e le forze politiche trovino il coraggio di cambiare posizione a capiscano che è invece necessario affrontare in modo prioritario il tema della messa in sicurezza immediata della statale 309 e del trasporto pubblico locale, vere urgenze per i cittadini della Riviera».

(L.Per.)

 

IL NUOVO PAT

TREVISO – «Il riconoscimento di Legambiente conferma che sul PAT (il vecchio piano regolatore, ndr) il centrosinistra ha cambiato marcia». Così ieri Luigi Calesso, del movimento “Impegno Civile”, ha commentato il nuovo indirizzo della giunta Manildo nel settore urbanistico. «L’atto di indirizzo del sindaco Manildo in materia di revisione del PAT – continua Calesso – rappresenta una autorevole conferma del fatto che l’amministrazione di centrosinistra ha imboccato la via di una netta discontinuità rispetto alle giunte precedenti in materia di governo del territorio. Si apre una fase completamente nuova e si restituisce a Treviso la prospettiva di una crescita sostenibile, intelligente, costruita intorno alla qualità della vita e non all’affastellarsi di condomini e strade: è la fine della cementificazione dopo che le giunte Gentilini e Gobbo dalla Variante Generale al PRG di inizio anni 2000 fino al PAT avevano operato esattamente nel senso opposto rovesciando sulla città 2 milioni di metri cubi di cemento che, tra l’altro, si sono trasformati in migliaia di alloggi vuoti».

 

Logo

 

Comunicato Stampa Opzione Zero


Altri due Comuni del Miranese-Riviera del Brenta chiedono il ritiro del progetto; in tutto sono cinque i Comuni contrari, tutti quelli collocati alla “testata” della famigerata romea commerciale.

La pressione dei Comitati, l’insostenibilità dell’opera, e il marciume legato alle grandi opere stanno ribaltando nei territori la retorica “del fare comunque” tanto cara a Renzi e Zaia.

Dall’inchiesta MOSE emerge in modo chiaro come proprio la nuova autostrada fosse pensata e voluta a solo uso e consumo delle cricche del cemento legate alla Mantovani, a Bonsignore e alle Coop emiliane.

Il mostro di asfalto si può e si deve sconfiggere, la priorità deve diventare è la messa in sicurezza della Romea.

Dopo la presa di posizione del Comune di Mira, Dolo, Fiesso ora si aggiungono anche i Comuni di Pianiga e Mirano: l’Autostrada Orte-Mestre è un progetto che deve essere stracciato nella sua interezza.

Infatti i voti dei consigli Comunali di Pianiga e Mirano contro la Orte-Mestre segnano ancora una volta una inequivocabile e netta inversione di tendenza: di fronte all’evidenza dei fatti, gli argomenti e le ragioni di chi continua a sostenerla non reggono più, diventando pura retorica, tanto più se chi la sostiene ora si trovano in carcere o agli arresti domiciliari proprio a causa di una gestione mafiosa della grandi opere.

Da dieci anni, i comitati analizzano dati ufficiali e incontrovertibili ponendoli all’attenzione delle istituzioni locali che, finalmente, si sono decise a prenderne atto: l’opera, oltre che anacronistica, risulta del tutto insostenibile e distruttiva da qualsiasi punto di vista. E del resto proprio dalle indagini sul MOSE, (dichiarazioni di Claudia Minutillo), emerge come proprio la nuova autostrada Orte-Mestre, del costo di almeno 10 miliardi di euro, fosse in cima agli interessi della cricca veneta del cemento così come di quella genovese legata a Bonsignore e di quella legata alle Coop Emiliane: dopo il MOSE, la nuova autostrada sarebbe diventata un altro grosso “osso” da spolpare attraverso la truffa del Project Financing.

Non è un caso che, a livello istituzionale, siano proprio i Comuni ad alzare per primi la voce. Sono infatti le amministrazioni e le popolazioni locali i soli a pagare gli effetti devastanti delle cosiddette “grandi opere” come la Orte-Mestre, sia in termini ambientali sia in termini economici. Anche per i Sindaci più possibilisti ormai è chiaro che le solite promesse di Governo e Regione sulle opere di compensazione sono solo specchietti per le allodole: la storia del Passante sta lì a dimostrarlo.

Rebecca Rovoletto e Lisa Causin, portavoce del Comitato, esprimono grande soddisfazione per questo importante risultato che continua a rafforzare e dà speranza a chi è da sempre impegnato in questa difficile battaglia; e che dimostra che i Comuni nel cui territorio dove dovrebbe trovare spazio la “testa” dell’autostrada si oppongono a tale progetto.

Inoltre la portata di questa presa di posizione supera finalmente la discussione artificiosa e fuorviante, tipicamente NIMBY, in quanto tale progetto viene rigettato per intero.

Secondo Mattia Donadel, presidente di Opzione Zero, “bisogna crederci fino in fondo”: l’approvazione del progetto preliminare della Orte-Mestre non è per nulla irreversibile, si tratta di una decisione politica e come tale può essere messa in discussione in ogni momento.

Per Opzione Zero e per tutto il variegato arcipelago di organizzazioni che costituisce la Rete Nazionale Stop Orte-Mestre, è fondamentale che Comuni e le forze politiche trovino il coraggio di cambiare posizione a capiscano che è invece necessario affrontare in modo prioritario il tema della messa in sicurezza immediata della SS 309 e del trasporto pubblico locale, vere urgenze per i cittadini della Riviera.

 

Ascompd.com – Veneto City ancora sotto esame

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12

lug

2014

LA SOCIETA’ CHE INTENDE COSTRUIRLO CHIEDE TEMPI RAPIDI.

PASQUALETTI (ASCOM CONFCOMMERCIO PADOVA): “AI COSTRUTTORI NON INTERESSA NULLA DEL TERRITORIO, NEMMENO NEI GIORNI IN CUI PADOVA E’ FINITA ANCORA UNA VOLTA SOTT’ACQUA”

Si sono mossi con un tempismo verrebbe da dire “eccezionale”, seppur a rovescio visti gli allagamenti di questi giorni, a conferma che agli attori di Veneto City non interessano poi granchè le sorti del territorio.
“A dire il vero – dichiara Franco Pasqualetti, vicepresidente vicario dell’Ascom Confcommercio di Padova – a me sembra un atteggiamento anche un po’ offensivo nei confronti di quelle famiglie che, in questi ultimi tempi, si sono viste le case allagate per colpa dei nubifragi ma, soprattutto, per colpa della cementificazione selvaggia”.
La questione: la società che si è candidata a costruire il maxi insediamento tra Dolo, Mira e Pianiga, dopo aver cercato di convincere l’opinione pubblica della bontà del progetto che si vorrebbe sviluppato su 718mila mq distribuiti tra hotel, negozi ed uffici, adesso chiede alle istituzioni di agire in fretta e chiede un’immediata riunione tecnica per ottenere l’ok al via dei lavori.
“All’inizio – continua Pasqualetti – convinti che tutti fossero dalla loro parte, non si erano preoccupati più di tanto di “abbellire” l’eco-mostro. Poi, constatata l’opposizione, hanno corretto il tiro prevedendo ben 415 mila mq di verde e 60 mila di Parco Scientifico. Hanno persino pensato di proporre uno sky line che richiamasse i Colli Euganei e le “bricole” lagunari e hanno promesso geotermia e fotovoltaico a tutto spiano quasi che una pennellata di sostenibilità ambientale potesse distogliere dalla “mission” del progetto: speculare sul territorio”.
Ad autorizzare l’avvio dell’opera è chiamata anche la conferenza dei servizi che prevede, tra le altre, anche la presenza dei beni architettonici e ai beni archeologici ma soprattutto dell’Arpav.

“Ed è proprio all’Arpav – incalza il vicepresidente dell’Ascom – che a questo punto chiedo di esprimersi con convinzione contro un progetto che non sarà devastante solo sotto il profilo economico per centinaia di piccole imprese del commercio, ma lo sarà anche sotto il profilo idrogeologico: stendere centinaia di migliaia di metri quadrati di cemento non aiuterà certo l’acqua ad essere assorbita dal terreno ed è evidente che, a quel punto, la mappa del dissesto dovrà contemplare anche una vasta area tra le province di Padova e Venezia”.
Insomma, per Pasqualetti insistere sulla realizzazione di Veneto City significa ipotecare, in negativo, il futuro della regione. Verrà ascoltato?
“Io spero che le autorità – conclude il vicepresidente vicario dell’Ascom – si assumano le proprie responsabilità di fronte ai cittadini e di fronte alla storia perché un insediamento così grande estenderà i propri effetti, io continuo a credere negativi, non per decenni, ma per secoli!”

link articolo

 

La società che costruirà il maxi insediamento vuole l’immediata riunione tecnica

In ballo il centro commerciale e direzionale ma anche il casello di Albarea

DOLO – Dopo mesi di silenzio torna la “bomba” Veneto City. L’occasione arriva da una lettera riservata inviata il 18 giugno scorso dai soggetti proponenti al Comune di Dolo, come responsabile del procedimento, e al comune di Pianiga, alla Provincia e alla Regione. Nel luglio 2013 i proponenti avevano presentato i documenti del «Progetto quadro», il Piano urbanistico attuativo (Pua) relativo al 1º e al 2º stralcio di fase1 del progetto «Veneto City» e il Progetto definitivo delle opere infrastrutturali. La documentazione era composta da 502 tavole: 76 elaborati per i Pua, 35 elaborati per il Progetto quadro e 391 elaborati per il progetto definitivo. Da allora era partita la fase dell’istruttoria da parte dei Comuni di Dolo e di Pianiga che avevano chiesto dei pareri che però, come si evince dalla lettera, non sono ancora arrivati costringendo i proponenti a sollecitare la questione. Nella lettera Veneto City Spa chiede infatti al comune di Dolo e agli altri enti di convocare “nei tempi tecnici più stretti possibili” la conferenza dei servizi nella quale devono partecipare gli enti interessati cui è stato richiesto il parere tecnico in fase di analisi del primo Pua. Si tratta quindi di soggetti proprietari o concessionari (Regione, Provincia, Consorzi di Bonifica, Comuni e Rfi – Rete Ferroviaria Italiana) nonché i soggetti competenti per materia (Enel, Cav, Soprintendenza ai Beni architettonici e ai Beni archeologici, Asl 13, Arpav). Nella stessa lettera si cita l’articolo 9 dell’accordo di programma che prevede la convocazione di un collegio di vigilanza che deve “esercitare il controllo tecnico sul programma degli interventi” e dirimere i dubbi. Inoltre si prevede che ogni ente nomini un proprio rappresentante in seno al collegio. I proponenti nella lettera segnalano che il collegio non è ancora costituito e l’unico rappresentante nominato è l’architetto Daniele Agnolon in rappresentanza di Veneto City Spa. Tra i temi in discussione c’è anche il casello autostradale di Albarea.

Giacomo Piran

 

Gazzettino – Volpago. La Pedemontana fa paura

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12

lug

2014

PARTECIPAZIONE – L’affollata sala dove ieri si è svolta la presentazione del progetto della Pedemontana

VIABILITA’ – Ieri l’incontro pubblico per la presentazione del progetto definitivo

A Guarda temono il traffico dei camion, a Volpago si sentono penalizzati

CONFERENZA – Il tavolo dei relatori

Sono emerse soprattutto le paure di Guarda, per il traffico legato ai lavori, e la rabbia di Volpago, che si sente penalizzata rispetto a Montebelluna, nell’incontro di ieri sera dedicato alla presentazione del progetto definitivo e dello studio di impatto ambientale relativo ad una variante di un tratto di Pedemontana al confine fra Montebelluna e Volpago. Al posto di due caselli se ne è previsto uno, immediatamente a nord della sede di Veneto banca, sulla Feltrina, ed è stato aggiunto, come opera accessoria, il sottopasso di piazza IV Novembre, volto ad eliminare il passaggio a livello.
Volpago è riuscita ad ottenere, invece, un prolungamento di un centinaio di metri del tratto in trincea, a Venegazzù. Ma ciò che hanno lasciato intendere vari volpaghesi, sia di Venegazzù sia di Selva campagna (peraltro non coinvolta nella variante in questione), è che si è «sacrificato Volpago per dare a Montebelluna». E se Ido Basso, del Comitato Volpago ambiente, ha evidenziato il problema dell’attraversamento a raso di via Caltrevisana a Venegazzù, a Selva si sarebbe sperato invece in un prolungamento della trincea, a fronte dei risparmi legati all’eliminazione del cavalcavia.
Per quanto riguarda Guarda, invece, i timori sono stati espressi, in particolare, dal presidente del Comitato civico Francesco Bortignon, di fronte al fatto che, per 14 mesi dall’avvio dei lavori (si comincerà presumibilmente in autunno), le strade assolutamente inadeguate della frazione saranno attraversate dai camion di ghiaia diretti alla cava in cui verrà depositata.
A proposito invece del progetto del sottopasso, voluto soprattutto dal sindaco Marzio Favero, qualcuno ha contestato la parabola rispetto alla Marosticana: l’ingresso avverrà infatti all’altezza del distributore e l’uscita lungo il viale della Stazione, in corrispondenza del parcheggio delle bici. Dalla rotonda di piazza IV novembre, in stazione si potrà solo entrare, mentre l’uscita avverrà in via Risorgimento. Sarà pure necessario rivedere l’organizzazione del parcheggio delle corriere. «Ma dopo l’incidente dello scorso anno scolastico – ha detto il sindaco Marzio Favero -, se ne era già ravvisata, con Mom, l’esigenza».
Più in generale, la voce del dissenso alla Pedemontana, che dovrebbe essere pronta nel 2018, è stata rappresentata dal Comitato capitanato da Elvio Gatto. Come una settimana fa a Volpago, si è puntato l’indice sul mancato pagamento degli espropri («abbiamo pagato», la replica). «Spero che i proprietari non siano dei polli – ha detto Elvio Gatto – e che non firmino le immissioni in possesso dei propri terreni».

Laura Bon

 

Mazzette per 250 mila euro su ogni cassone del Mose

L’impresa subappaltante pagava il Cvn con false fatture a carico dello Stato

Boscolo Bachetto della Coop San Martino: «Volevi un lavoro? Dovevi fare così»

VENEZIA – Ogni cassone del Mose valeva 250 mila euro in fondi neri-tangente: questo, infatti, il prezzo della “retrocessione” – coperta con false fatturazioni per spese inesistenti messe in conto allo Stato – che l’impresa subappaltatrice doveva all’appaltatore del Consorzio Venezia Nuova, per ottenere i lavori. Lo racconta Stefano Boscolo Bachetto, della Coop San Martino, nel suo interrogatorio di settembre davanti ai pm Ancilotto, Buccini e Tonini: testimonianza finita nell’ordinanza con al quale i giudici del Tribunale del Riesame hanno confermato la custodia cautelare in carcere per Renato Chisso, perché una tranche per 150 mila euro di queste tante retrocessioni- mazzette pagate a rate è passata – secondo la Procura – dalle mani di Boscolo a quelle di Pio Savioli (interfaccia delle cooperative nel Consorzio), dalle sue a quelle di Sutto (segretario particolare di Mazzacurati) e da queste a quelle dell’ex assessore alle Infrastrutture, con una consegna a domicilio a Palazzo Balbi sotto gli occhi dei finanzieri. Nel suo interrogatorio, Boscolo Bachetto spiega come funzionavano le cose: vuoi un lavoro? Lo paghi in “retrocessioni”, un tanto al pezzo. «Poi c’è la questione dei cassoni della Mose 6, che è la cosa più grossa che sono a conoscenza io nei confronti di Tomarelli », dice Boscolo. «E cioè, quindi , che cosa?», chiedono ovviamente i magistrati. «Lì fu costruita una consortile, la Mose 6, per l’esecuzione di lavori di costruzione dei cassoni», racconta l’imprenditore, spiegando che l’80 della società era della Clea di Campolongo e il 20% della San Martino: «Fu costruita questa Mose 6 per l’esecuzione di sei cassoni, fu stabilito l’importo di 8 milioni e 100 mila euro a cassone; però ci fu la pretesa da parte di Tomarelli (consigliere di Condotte d’Acqua, socia del Consorzio Venezia Nuova, per i giudici tra i quattro della “cupola” che decideva sui fondi neri, ndr) di avere una commissione per aggiudicarsi questo subappalto. In pratica, erano 250 mila euro a cassone, di cui 125 li doveva pagare la Clea e 125 la coop San Martino. Siamo nel 2010: noi non avevamo disponibilità del contanti e Sandro Zerbin, presidente della Clea, mi disse che se volevo lui aveva la possibilità di procurare il contante. Ne parlai con mio padre e mi disse “Va bene”, non so se lui abbia aumentato il prezzo del ferro che aveva all’interno dei cassoni del Mose o se abbia aggiunto delle quantità di ferri, però praticamente tramite queste fatturazioni riusciva a recuperare i contanti». Consegnati a chi? «A parte le primissime volte che fu mio padre, poi fu Zerbin di persona a consegnare i soldi a Savioli, il quale li dava a Tomarelli». «Perché avete accettato questa cosa?», chiedono i pm. «Perché sennò il lavoro non si faceva», «i subappaltatori li sceglieva Tomarelli, era lui il presidente della Clodia e lui aveva facoltà di decidere a chi dare i lavori: la Clea era partita da oltre 9 milioni come primissima offerta alla Clodia. Dopodiché si arrivò a 8,100. Anzi a 7,6, poi Tomarelli ha aggiunto questi 500 mila euro che andavano a coprire praticamente il costo dei 250». Fondi neri per tangenti e prebende pagati dallo Stato sottoforma di spese mai eseguite: è il sistema Mose dell’era Mazzacurati & Co.

Roberta De Rossi

 

mozione del m5s in parlamento

«Renzi fermi la Orte-Mestre»

VENEZIA «Non c’è da stupirsi, ma la Mantovani, dopo il Mose, aveva messo gli occhi anche sul progetto della nuova autostrada Orte-Mestre. Un’altra “gallina dalle uova d’oro” da realizzarsi con il delinquenziale sistema del project financing all’italiana e che godrà anche di 1,9 miliardi di incentivi fiscali». È quanto afferma la portavoce veneta delM5SArianna Spessotto che, insieme ad altri deputati grillini, ha depositato una mozione per impegnare il governo ad abbandonare il progetto «a favore di più piccoli e meno impattanti, ma assolutamente necessari interventi di messa in sicurezza delle arterie esistenti».

 

Galan, FI chiede il voto segreto. Pd-M5S compatti: sì all’arresto

Martella, vicepresidente dei democratici alla Camera: «Dopo il via libera della Giunta non ci sono più dubbi».

I grillini e la Lega: «Siamo pronti per il bis dopo il caso Genovese»

PADOVA «Martedì chiederò il voto segreto sulla richiesta di arresto nei confronti di Giancarlo Galan. Forza Italia è stata garantista con Genovese e lo saremo anche con il nostro collega»: Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, continua a lottare come un leone per salvare Galan dall’incubo carcere. Mercoledì scorso si era opposto all’ufficio di presidenza che ha messo in calendario per il 15 luglio il voto dell’Aula, 4 giorni dopo il via libera della Giunta delle autorizzazioni. «Non c’è il tempo per leggere gli atti», ha detto Brunetta, ma la presidente Laura Boldrini è stata irremovibile: martedì prossimo alle 17 si apre il dibattito e tre ore dopo arriverà il verdetto. Cosa accadrà nel segreto dell’urna? Brunetta spera nel colpo a sorpresa: il garantismo farà breccia? Per evitare sorprese il Pd ha convocato il gruppo in mattinata: i commissari della Giunta, Amoddio, Verini ed Ermini spiegheranno le ragioni del sì alla richiesta di arresto. «Il nostro compito è valutare se esista il fumus persecutionis della magistratura e non diventare il tribunale dello scandalo Mose: il lavoro della Giunta è stato molto accurato e quindi diremo di sì alla richiesta di arresto. Giancarlo Galan come qualsiasi altro cittadino si dovrà difendere nel processo e rispondere alle accuse della Procura di Venezia», spiega Andrea Martella, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera. Sulla stessa linea il sottosegretario Pier PaoloBaretta : «Voto sì, la magistratura ha il diritto-dovere di indagare anche su Galan» e parole analoghe arrivano dall’altro sottosegretario all’Economia, il veneziano Enrico Zanetti (Sc-Monti): «Seguirò le indicazione del relatore Mariano Rabino, mio collega di partito, che è a favore della richiesta d’arresto». Ma il Pd teme il voto segreto? «Non vedo imboscate», spiega l’onorevole Roger De Menech, segretario regionale, «il garantismo invocato da Fi è quanto mai sospetto. Citano il caso di Vasco Errani a sproposito e dimenticano che il governatore dell’Emilia si è dimesso tre secondi dopo la sentenza di condanna di secondo grado: noi siamo garantisti, ma con lo scandalo Mose abbiamo applicato il rigore assoluto, a partire dal caso Orsoni». Per il sì all’arresto di Galan si dichiarano anche Alessandro Naccarato: «Seguirò le indicazioni del gruppo» e Simonetta Rubinato: «Umanamente è sempre difficile decidere di mandare qualcuno in galera. Ma essendo stato escluso il fumus persecutionis, l’immunità parlamentare viene meno perché altrimenti diventerebbe un privilegio ingiustificato rispetto agli altri cittadini. Quindi il mio voto sarà favorevole». E i grillini? Francesca Businarolo, Silvia Benedetti, Gessica Rostellato , Arianna Spessotto, Marco Da Villa, Federico D’Incà, Emanuele Cozzolino non hanno dubbi: il sì all’arresto di Galan sarà un anime da parte del M5S. «Dopo il via libera in Giunta non ci sono dubbi, la magistratura ha il diritto di indagare su un deputato accusato di reati gravissimi: la legge è uguale, non esistono privilegi e immunità da far valere». Più garantista il commento di Alessandro Zan, ex Sel, ora nel Gruppo Misto: «La Camera martedì non si può trasformare in un’aula di tribunale. Sì alla richiesta d’arresto ma senza i toni giacobini dei grillini» dice il deputato padovano. Chi invece non va per il sottile è Marco Marcolin, della Lega: «Non ho dubbi:abbiamo detto di sì all’arresto di Genovese del Pd e diremo sì anche per Galan. È stato il mio governatore per 15 anni in Veneto: lo stimo, si professa innocente, ma deve accettare il processo in tribunale».

Albino Salmaso

 

I DEPUTATI PD «Magistrato Acque, poteri al Comune»

«La soppressione del Magistrato alle Acque non significa ovviamente una soppressione delle competenze che questo organismo aveva, ma impone una loro nuova attribuzione. Come deputati del Pd abbiamo chiesto, con un emendamento, che tutta una serie di funzioni vengano date in prima battuta al Commissario straordinario del Comune di Venezia. Per poi essere trasferite in via definitiva al sindaco metropolitano di Venezia». Così il vice presidente del gruppo del Pd alla Camera, Andrea Martella, spiega i contenuti di un emendamento presentato come primo firmatario al provvedimento di conversione del decreto-legge (24 giugno 2014, n. 90) «recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari». L’emendamento è stato sottoscritto dagli altri 18 deputati democratici veneti. «L’emendamento propone di modificare l’articolo 18 del provvedimento che ad oggi prevede di trasferire ogni funzione al Provveditorato territoriale per le opere pubbliche, articolazione periferica del Ministero per le Infrastrutture. Noi invece chiediamo di attribuire all’istituzione metropolitana le competenze relative all’estuario veneto, da quelle di polizia e vigilanza lagunare a quelle che si legano alle attività di salvaguardia lagunare e monumentale e di tutela-prevenzione dagli inquinamenti delle acque. Non da ultimo chiediamo di assegnare anche le risorse umane e strumentali legate a queste funzioni e che sono state fino ad oggi nella disponibilità dell’organico del Magistrato alle Acque. Si tratta di trasferimenti di poteri già previsti nella proposta di legge per l’istituzione della Città Metropolitana presentata nel 2010».

 

Campolongo – Boldrin: «S’indaghi sui raccomandati»

CAMPOLONGO «Ora si indaghi sulle assunzioni facili fate dai politici corrotti e si caccino i raccomandati». Dopo lo scoppio della tangentopoli del Veneto sul Mose, una proposta arriva da Oriana Boldrin, presidente dell’associazione Mondo di Carta: «Bisogna indagare sulle assunzioni fatte dai politici attualmente inquisiti di parenti ed amici. Di persone cioè che sarebbero state assunte senza alcun tipo di concorso, solo per essere state raccomandate, e che ora stanno togliendo il posto di lavoro ad altri magari molto più preparati e con i regolari titoli di studio». Di esempi la Boldrin ne vede parecchi anche nella zona della Riviera e a Campolongo: «Alcuni personaggi che ora sono in carcere hanno sempre fatto credere di aver fatto assumere grazie alla loro parola. Di fatto molti amici e parenti sono assunti nei settori e società pubbliche che controllavano. Forse è tutto regolare, ma visti il oro comportamenti un controllo sarebbe d’obbligo. Le motivazioni che hanno portato a quelle assunzioni andrebbero verificate».

(a.ab.)

 

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LARGHE INTESE SUGLI AFFARI – Nei verbali di Venezia ombre sulla grande opera da 10 miliardi con cui Bonsignore (Ncd) ha messo d’accordo destra e sinistra

di Giorgio Meletti, “Il Fatto Quotidiano”, 9 lug. 2014

Un fantasma si aggira per l’inchiesta sul Mose: è l’affare della nuova autostrada Orte-Mestre, nota anche come Nuova Romea. Costerà quasi dieci miliardi di euro, e dagli interrogatori si capisce che è il vero affare che calamita le attenzioni. Claudia Minutillo, ex segretaria del governatore veneto Giancarlo Galan, passata come manager al gruppo Mantovani, racconta che il suo nuovo capo, Piergiorgio Baita, non pensava ad altro. Quando li arrestano, nella primavera 2013, non c’è ancora il sospirato via libera del governo, che arriverà l’8 novembre 2013, in una riunione del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) presieduta dal premier Enrico Letta. Il 24 aprile 2012 Minutillo chiama Baita per parlare della riunione Cipe di tre giorni dopo. Sintesi giudiziaria della chiamata: “Baita voleva sapere se ci fosse la Romea e comunque chiederà ad Albanese… omissis…”.

Bisogna tirare il filo per vedere dove porta. Gioacchino Albanese, detto Nino, era già famoso negli anni 70 come braccio destro di Eugenio Cefis, poi è stato manager dell’Eni, coinvolto nello scandalo Eni-Petromin (1980), e nel 1981 è risultato iscritto alla loggia P2 con la tessera numero 913. Oggi ha 82 anni e ricopre ancora un ruolo decisivo: è amministratore delegato della Ilia Spa di Genova, promotrice della Orte-Mestre. Si tratta di un project financing, il modo più moderno di scavare buche nei conti dello Stato: in apparenza il privato costruisce un’opera pubblica a sue spese e recupera l’investimento incassando i pedaggi, in questo caso per 49 anni.

Per spiegare ai pm i rapporti corruttivi tra Baita e Galan, Minutillo tiene una lezione sul project financing degna del più radicale dei No-Tav. Conferma infatti che è la miglior maniera di evitare il fastidio di una gara d’appalto, ma che ovviamente prima di avanzare una proposta bisogna essere certi che il politico la inserisca nelle opere di “interesse pubblico”: “La presentazione di un project financing ha un costo significativo per non dire rilevante, motivo per cui se non si ha la sicurezza di avere dei contraddittori disponibili si rischia solo di gettare i costi dello stesso”. I politici spiega Minutillo, giustificheranno l’entusiasmo un po’ sospetto “dicendo che a loro l’unico interesse vero era comunque fare l’opera, questa è la cosa che dicono sempre”. Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli (indagato per corruzione nello scandalo Mose) il 23 febbraio 2010 ha benedetto la Orte-Mestre come “fondamentale per la piccola e media imprenditoria”, mentre Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture, a novembre 2013 saluta il via libera del Cipe a “un asse viario fondamentale per l’Italia, completamente coperto da capitali privati”. In verità, dei 9,8 miliardi lo Stato ce ne metterà 1,9 sotto forma di sconti fiscali alle imprese costruttrici, grazie ad apposita legge del governo Monti.

Il ministro dell’Economia dell’epoca, Fabrizio Saccomanni, era contrario. Baita soffriva. Minutillo spiega: “L’Economia, il Tesoro, si opponeva a questa cosa qua, quindi veniva… è stata rinviata più volte. Baita teneva i contatti con il dottor Albanese del gruppo di Bonsignore, e poi avevano dentro al ministero le persone”. Il capo di Albanese è Vito Bonsignore, ex andreottiano diventato imprenditore con la liquidazione da 2-300 milioni che gli dette Marcellino Gavio per farlo fuori dall’Autostrada Milano-Torino e legatissimo all’ex senatore Luigi Grillo e a Sergio Cattozzo i due uomini dell’Ncd arrestati a Milano nell’inchiesta Expo. Europarlamentare fino allo scorso 25 maggio, Bonsignore è stato insignito, durante Mani pulite, di una condanna definitiva a due anni per corruzione. Oggi è tra i fondatori del partito di Angelino Alfano e soprattutto di Lupi. Bonsignore ha buone amicizie. Il presidente della Ilia a cui il governo sta affidando l’autostrada da 10 miliardi è Giovanni Berneschi, momentaneamente agli arresti per lo scandalo della Carige, banca che supporta Bonsignore nella Orte-Mestre. Ma nessuno batte ciglio. Anzi. La delibera Cipe dell’8 novembre scorso è ancora segreta. Non è dato conoscere il piano economico-finanziario su cui si basa la previsione che i proventi del traffico ripagheranno l’opera. Sicuramente c’è una clausola secondo la quale ricavi inferiori al previsto comporteranno l’impegno dello Stato a pagare la differenza. Insomma, il rischio d’impresa è tutto a carico dei contribuenti, ed è per questo che delibere, piani e contratti con cui si impegnano miliardi pubblici non vengono pubblicati.

D’altra parte l’opera piace a tutti. All’inizio c’era un’Associazione Nuova Romea, presieduta da Pier Luigi Bersani, che si batteva per una nuova arteria tra Ravenna e Mestre, visto che la Romea era obsoleta e pericolosissima. C’era anche una società, che girava intorno alle coop rosse (Cmc di Ravenna e Ccc di Bologna su tutte) e alla Mantovani di Baita, pronta a proporre il suo projectfinancing. Finché nel 2003 Bonsignore spiazza tutti con un progetto unico, da Orte a Mestre, passando per Cesena e Ravenna, che il ministro dell’epoca, Pietro Lunardi, subito accoglie. Il governatore dell’Emilia-Romagna,

Vasco Errani, che è di Ravenna, attacca: “La scelta delle opere da fare non è compito dei privati”. Ma poco tempo dopo lo stesso Errani si batterà come un leone per chiedere al governo lo sblocco del project financing della Ilia. Come mai?

Nella rissa Bonsignore e Lunardi sfoderano la loro abilità. Racconta Minutillo: “Furono bravissimi, misero subito d’accordo cinque presidenti di Regione”. L’intesa arriva nel 2005 e prevede lavoro per tutti: per la Mantovani nelle tratte venete, per le coop rosse in Emilia e via spartendo. Il 27 luglio 2005 l’Anas dà il via libera al progetto di Bonsignore. Due settimane prima il regista della Orte-Mestre aveva discusso con il suo amico Massimo D’Alema le modalità di partecipazione alla scalata alla Bnl della Unipol di Gianni Consorte. L’ex premier riferisce al manager presunto rosso: “Voleva dirmi… voleva sapere se io gli chiedevo di fare quello che tu gli hai chiesto di fare, oppure no [ridacchia]… Che voleva altre cose, diciamo… a latere su un tavolo politico. […] Ti volevo informare che io ho… ho regolato da parte mia”. I magistrati di Venezia stanno portando alla luce i contesti trasversali e opachi con cui la politica spartisce denaro pubblico tra le imprese amiche.

 

DOLO – In attesa del commissario duro scambio d’accuse tra la lista civica del sindaco e il “Cuore”

DOLO – Botta e risposta senza esclusione di colpi tra maggioranza e opposizione. Materia del contendere è ancora una volta il Pati (il Piano di Assetto territoriale intercomunale di Dolo e Fiesso d’Artico che, peraltro, è in attesa di essere esaminato, per l’approvazione, dal Commissario ad Acta la cui richiesta di nomina è arrivata in Regione) e stavolta lo scambio d’accuse è cartaceo. A dar fuoco alle polveri un “manifesto” della lista “Per Dolo Cuore della Riviera”, affisso nei giorni scorsi nella bacheca davanti al municipio, con cui si spiega ai cittadini la scelta di non approvare il Pati, accusando l’amministrazione di voler riversare sul comune una colata di cemento. Dura risposta della lista civica “Mariamaddalena Gottardo sindaco” con un volantino distribuito ovunque dal titolo “Facce di bronzo e sacchi di cemento”. Nel volantino vengono elencati a uno a uno i firmatari del manifesto, specificando il ruolo politico che hanno avuto in passato e accusando: “I nostri concittadini hanno il diritto di conoscere chi, in realtà, ha dato il via libera alla cementificazione delle nostre terre nel corso di un incontrastato trentennio di dominio politico ed amministrativo». Nel volantino della maggioranza si fa riferimento all’approvazione della cosiddetta “Lottizzazione Ormenese” che portò 107.000 metri cubi di cemento, del Progetto “Laguna 2000″ nei pressi di Arino con altri 29.000 metri cubi di cementificazione e l’intervento in piazza don Gazzotti ad Arino, altri 8.760 metri cubi, tutte del 2002. “Si tratta di un elenco volutamente ridotto e parziale di cementificazioni firmate dal “Cuore” per un totale di 144.760 metri cubi. Una colata di cemento silenziosa ed incontrastata che si è stretta su Dolo nel corso degli anni”.

Lino Perini

 

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