Sabato 21 gennaio – Manifestazione regionale a Vicenza
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17
gen
2017
SABATO 21 GENNAIO MANIFESTAZIONE REGIONALE A VICENZA
DALLE VALLI ALLA LAGUNA
FERMIAMO LE GRANDI OPERE INUTILI
(appuntamento ore 15.30 Piazza Mateotti Vicenza)
Opzione Zero aderisce alla manifestazione e invita tutti a partecipare!
L’appello dei Comitati vicentini
Da circa due mesi, nella provincia di Vicenza, abbiamo dato vita alla campagna #vicenzasisolleva, un percorso fatto da attivisti No Dal Molin, da Comitati contro le grandi opere e da cittadini impegnati per la difesa dei Beni Comuni.
Questa campagna ci sta portando verso il prossimo 16 gennaio, data in cui saranno 10 anni dal sì di Romano Prodi alla costruzione della nuova base militare Usa al Dal Molin. Una scelta che allora, da un lato, calpestò la volontà popolare con una pesante imposizione alla città di Vicenza e, dall’altro, generò una presa di coscienza e un percorso di lotte virtuose e radicali contro la militarizzazione del territorio e le grandi opere.
Dal 12 al 26 Gennaio torneremo al terreno del Presidio No dal Molin rimontando quel tendone che ha saputo essere piazza di discussione in difesa della terra e dei beni comuni, ci torneremo per 15 giorni di assemblee convegni, iniziative perché siamo ancora in cammino verso una società che ripudia la guerra, dove al primo posto mettiamo la tutela della terra e la difesa dei beni comuni.
Ci torneremo perché vogliamo ancora lottare contro la voracità dei potenti che cura gli interessi di pochi, e costruire insieme un mondo diverso e migliore. Vicenza non è un’eccezione nel consumo del suolo e nella predazione delle risorse. Dalla Tav alla Pedementana, dalla Valdastico Sud e Nord alle Grandi Navi, dai progetti di incenerimento dei rifiuti alle discariche, dalle cave all’inquinamento dell’acqua, il territorio del nord-est è sottoposto alla continua cementificazione ed è divorato da piccole e grandi opere inutili e dannose, facili prede per le lobby del cemento e del capitalismo finanziario.
All’interno della cornice dei 10 anni dall’inizio della battaglia contro il Dal Molin vorremmo costruire insieme a tutt* voi un momento di manifestazione e mobilitazione che metta insieme i nostri No!
Per dispiegare quella necessità di alternativa di sistema che vogliamo affermare a partire dai nostri territori.
Vogliamo che sabato 21 gennaio diventi la giornata in cui affermiamo, ancora una volta, il nostro amore per la terra in cui viviamo.
Vogliamo che i NO che abbiamo gridato negli ultimi dieci anni, e quelli precedenti a noi, i NO che emergono dalle paludi dei ricordi, dalle nebbie che respiriamo in queste terre di pianura, che sorgono sulle nostre colline e sulle montagne all’alba, che questi NO diventino un favoloso SI alla vita, liberi dal malaffare, dalle mafie, dalle ruberie dell’uomo sull’uomo e sull’ambiente.
Vogliamo affermare che dove non c’è terra non c’è vita.
L’alternativa esiste, bisogna saperla vedere.
Emergenza smog – Flash mob a Marghera sabato mattina
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12
gen
2017
CLICCARE SULL’IMMAGINE PER INGRANDIRLA
SABATO 14 GENNAIO
ORE 11.30 PIAZZALE PARMESAN MARGHERA
MOBILITAZIONE ANTISMOG DI COMITATI E ASSOCIAZIONI
Da mesi una cappa impressionante di smog ammorba l’aria della Pianura Padana, una delle regioni più inquinate del mondo! Particolarmente grave è la situazione in Veneto e nell’area metropolitana di Venezia.
I livelli di polveri sottili e ultrasottili (PM10 e PM 2,5) registrano continui sforamenti dei limiti di legge con picchi estremamente elevati e pericolosi per la salute delle persone. Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA), basato su dati raccolti in oltre 400 città nel periodo 2000-2014, sono 430mila i decessi prematuri stimati a causa del PM2,5, le polveri ultrasottili. Ma a colpire l’organismo sono anche l’esposizione al diossido di azoto (NO2) e all’ozono responsabili, rispettivamente, della morte prematura di 71mila e 17mila persone. Questo tipo di inquinamento causa o peggiora problemi respiratori, malattie cardiovascolari, cancro.
Le cause dell’inquinamento da smog sono molteplici e complesse, ma è ormai assodato che le emissioni dirette e indirette di queste microparticelle sono dovute principalmente al traffico e al riscaldamento degli edifici, oltre che alle attività industriali e agricole. Di fronte a questa gravissima situazione, la politica è immobile. Governo, Regione e Sindaci si rimpallano le responsabilità e intanto nessuno fa niente. E invece qualcosa si può fare, sia per affrontare lo stato di emergenza, sia per cambiare modello energetico e sistema della mobilità.
Sabato mattina diamo la sveglia al Presidente della Regione Zaia, al Sindaco metropolitano Brugnaro, ai primi cittadini dei Comuni veneziani. Richiamiamoli alle loro responsabilità!!
Comitati, associazioni e cittadini si ritroveranno a Marghera per un’azione di protesta simbolica e per avviare una vera e propria campagna antismog dal basso!
Intanto te abbassa il riscaldamento a 18°C e usa di meno l’auto!
Il 4 dicembre votiamo no alla riforma per restituire democrazia ai territori
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14
nov
2016
Il Comitato Opzione Zero aderisce all’appello dei comitati e dei movimenti ambientalisti e il 4 dicembre invita a votare NO
SUI NOSTRI TERRITORI DECIDIAMO NOI!
IL 4 DICEMBRE VOTIAMO NO ALLA RIFORMA
PER RESTITUIRE DEMOCRAZIA AI TERRITORI
Siamo quello che negli ultimi anni è stato definito il popolo del NO.
Migliaia e migliaia di persone, associazioni, comitati che si oppongono alle grandi opere imposte e impattanti, alla devastazione ambientale, alle discariche inquinanti, alle trivellazioni in mare e in terra, agli inceneritori, allo smaltimento illecito dei rifiuti, ad un modello di sviluppo che devasta i nostri territori, mette a rischio le nostre vite e contribuisce ad arricchire gruppi particolari a scapito della collettività.
La riforma Costituzionale formalizzata dal Governo Renzi, e sostenuta da Confindustria e dalle lobbies finanziarie ed economiche è un attacco diretto alla nostra possibilità di decidere sul futuro delle nostre vite e dei nostri territori. Un ulteriore e definitivo attacco da parte di quello stesso Governo che, in spregio ai valori della democrazia, ha sbeffeggiato con un #ciaone gli oltre 13 milioni di persone che il 17 Aprile scorso hanno votato per un modello energetico libero dal petrolio.
Con l’ennesima Riforma del Titolo V, gli Enti territoriali, che spesso si sono fatti carico delle istanze dei cittadini, contribuendo a migliorare la realizzazione di taluni progetti o evitando, quando ciò fosse manifesto, che il territorio venisse devastato, non avranno più voce in capitolo su materie o politiche cruciali per la sorte delle collettività locali: quali, ad esempio, l’energia, le infrastrutture, il governo del territorio, la valorizzazione dei beni culturali e, più in generale, ogni altra materia che il Governo dovesse ritenere – se entrerà in vigore la riforma – di lasciar disciplinare al solo Parlamento nazionale, in virtù della c.d. “clausola di supremazia”.
Chi come noi ha lottato per salvaguardare il proprio diritto alla vita e alla salute e perché si affermasse un modello sociale sostenibile sa bene cosa significano queste parole: commissariamenti, sospensioni democratiche, militarizzazione dei territori a tutela dell’interesse del potentato economico, lecito o no, di turno.
Questa volta con forza sentiamo quindi di definirci il Popolo del NO.
Un NO convinto e deciso alla Riforma costituzionale su cui saremo chiamati alle urne il 4 Dicembre.
Un NO al commissariamento del nostro diritto a decidere.
Un NO che non abbiano timore di dichiarare, forti del senso di giustizia insito nelle nostre proposte, orientate a un cambiamento radicale del sistema in chiave democratica e alla costruzione di un modello economico e sociale sostenibile, rispettoso dell’ambiente, dei territori e delle popolazioni che lo abitano.
Nelle mobilitazioni che abbiamo alimentato negli ultimi anni abbiamo imparato una lezione capitale: la democrazia nel nostro Paese va riformata, sì. Ma nel senso che va estesa e restituita alle collettività locali. Non possiamo accettare una costituzionalizzazione della sospensione democratica, da noi avversata con forza in questi ultimi anni, né accogliere la becera logica sottesa a provvedimenti dannosi come lo Sblocca Italia. In altre parole: non possiamo restare impassibili dinanzi all’idea che gli interessi economici e senza scrupolo dei potentati di turno, delle grandi lobbies finanziarie, energetiche e industriali diventino parte della nostra Costituzione.
In queste settimane costruiremo iniziative in tutto il Paese, rilanceremo le ragioni di chi quotidianamente lotta per il diritto all’autodeterminazione del proprio territorio, daremo vita ad una giornata di mobilitazione nazionale, indetta per il 27 novembre.
Il 4 dicembre riempiremo le urne di NO: un No pacifico che è un Sì per una diversa e nuova concezione democratica per il nostro Paese, per una autentica e più moderna riforma dello Stato, che redistribuisca i poteri, che metta al centro del sistema la persona umana e i suoi bisogni, le comunità locali e il loro diritto all’autodeterminazione.
TUTTE LE ADESIONI
Comitato 3 e 32 – L’Aquila, Act – Agire Costruire Trasformare, A Sud, Abruzzo Beni Comuni, Altromodo Flegreo, Altrementi – Sulmona, Amig@s MST – Italia, Anpi – Sezione Edmondo Riva, Arci – Crotone, Arsave – Laboratorio per la città che vogliamo, Assemblea Permanente Prima le Persone, Ass. Antimafie Rita Atria, Ass. Asolapo Italia, Associazione Crs -Centro di studi e iniziative per la Riforma dello Stato, Ass. Culturale P.P.L.A.F., Ass. Culturale Punto Rosso Paderno Dugnano,vAss. Equomondo – Potenza, Ass. Energia Felice, Ass. Garibaldi 101, Ass. Intercomunale Lucana, Ass. Medici per l’Ambiente ISDE Italia, Ass. Michele Mancino, Ass. Nazionale Liberacittadinanza, Ass. Noi genitori di tutti – Terra dei Fuochi, Ass. Nuovo Senso Civico – Abruzzo, Ass. Orsa Pro Natura Peligna, Ass. p.s. RESET – Potenza, Ass. RCS – Centro di studi e iniziative per la Riforma dello Stato, Ass. Rifiuti Zero – Piemonte, ATTAC-ROMA, Azione Civile Abruzzo, Bassano Bene Comune, Brindisi Bene Comune, Cambiamo Abbiategrasso, Cantieri Sociali Bene Comune, CAPSA – Comitato di Azione, Protezione e Sostenibilità, Ambientale – Nord Ovest Sardegna, Casa Internazionale delle Donne, CAST (Comitato Ambiente Salute e Territorio) Abruzzo, CDCA – Centro Documentazione Conflitti Ambientali, CEA Oasi Bosco Faggeto di Moliterno – Potenza, CEPES – Centro Studi di Politica Economica, Circolo di Legambiente – Chieti, Circolo Dossetti, Circolo Arci Carlo Cafiero – Barletta, Circolo Arci – Gela, Circolo Arci Sparwasser, Città Felice – Catania, Cleanap, Collettivo attack Irpinia, Collettivo Frastuono – Saviano, Comitato Acqua e Beni – Comuni Mentana e Monterotondo, Comitato Acqua e Territorio – Quarto Flegreo, Comitato Articolouno: la sovranità appartiene al popolo, Comitato “Bassano per il NO”, Comitato Bene Comune – Trani, Comitato Cittadini Attivi Loanesi di Loano (SV), Comitato Cittadini Calcinato, Comitato cuneese del CDC, Comitato Democrazia Costituzionale Comprensorio del Cuoio, Comitato Democrazia Costituzionale – Savona, Comitato Democrazia costituzionale – Voto NO, Comitato “NO al Referendum XIII Municipio”, Comitato No Centrale – Mercure, Comitato No Inceneritore – Greve, Comitato Non Bruciamoci il Futuro di Macomer (NU), Comitato per il NO – Afragola e Casoria, Comitato per il NO – Cinisello Balsamo, Comitato per il NO – Democrazia Costituzionale Genova, Comitato per il NO – Insieme per la Costituzione Palmi, Comitato per il NO – Monterotondo, Comitato per il NO – Nizza – Riviera Ionica, Comitato per il NO – Parma, Comitato per il NO – Roma, Comitato per il NO – Savona, Comitato Diritto alla Città – Rovigo, Comitato Donne 29 Agosto Acerra, Comitati di Base della Valle Bormida, Comitato di base No Muos/No Sigonella, Comitato di Difesa della Salute & Ambiente Molise, Comitato iovotoNO-XII Municipio Roma, Comitato Mattonelle Rosse – Chieti, Comitato Malagrotta, Comitato Mamme No MUOS – Niscemi, Comitato per il NO al Referendum di Grosseto, Comitato No Chimica Verde Porto Torres – Sardegna, Comitato No Corridoio Roma – Latina, Comitato No Megacentrale Guspini – Sardegna, Comitato No Lotto Zero – Isernia, Comitato No Petrolio, Sì energie Rinnovabili – Puglia, Comitato Opzione Zero Riviera del Brenta, Comitato No Triv Avella, Comitato No Triv Brindisi di Montagna, Comitato No Triv Monterotondo, Comitato per la Salute, la Rinascita e la Salvaguardia del Centro Storico di Brescia, Comitato Popolare Lasciateci Respirare – Monselice, Comitato Referendario Napoli No Triv, Comitato Sala Consilina, Comitato San Giovanni Rotondo, Comitato Taranto LIDER, Comitato Tecnico-Scientifico per l’Ambiente e la Salute – AsperilSUD, Comitati Cittadini per l’Ambiente – Sulmona Rete Adriatica, Cooperativa EVA, Coordinamento Cittadini Liberi – Lombardia, Coordinamento Comitati Ambientalisti – Lombardia, Coordinamento Genitori Democratici Co.Ge.De – Liguria, Coordinamento irpino no triv, Coordinamento Nazionale NO Triv, Coordinamento No Triv Basilicata, Coordinamento No Triv Terra di Bari, CRAP – Coordinamento Romano Acqua Pubblica, Donne 29 agosto – Acerra, Ecoistituto del Veneto Alex Langer, Ex Opg – Je so’ pazzo, Fondazione Lelio e Lisli Basso ISSOCO, Forum Ambientalista, Forum siciliano dei movimenti per l’acqua ed i beni comuni, Forum per la tutela della legalità e del territorio “Stefano Gioia” – Basilicata e Calabria, Fuoritempo, Gruppo Alto Casertano per il NO alla Riforma Costituzionale, Gruppo Rottama Italia – Ravenna, Identità Insorgenti, Il Manifesto Sardo, Il Popolo dice NO – Basilicata, Il Salice Bianco – San Vitaliano, Laboratorio Aprile, Lab. Omar Moheissi, La Città Felice di Catania, La Città Futura – Giornale Online, Lasta – Laino, territorio salute acqu, Lanciano Decide, Libera – Monza e Brianza, LINK – Coordinamento Universitario, Mamme NO Inceneritore Mattonelle Rosse, Medicina Democratica Movimento per la Salute Onlus, Movimento C’at accis’ a salute, Movimento No Coke Alto Lazio, Movimento No TAV della Valle di Susa, No Dal Molin, No Elettrodotto Villanova- Gessi, No Eolico Selvaggio – Alta Irpinia, No Grandi Navi, No Ombrina, No Tav – Val Susa, No Tav- Terzo Valico, No Triv – Sannio – Non si trivella la Costituzione, No Triv – Terra di Bari, Officine Civiche, Ordine AgroForestali Prato, Osservatorio Migranti Basilicata, Pagina On Line, Presidio Piazzale Trento – Cagliari , Rete Autonoma Sibaritide e Pollino per l’Autotutela- rete RASPA, Rete Comitati Veneti “30 novembre”, Rete Commons Chiaiano, Rete della Conoscenza, Reti di pace, RETUVASA – Rete per la Tutela della Valle del Sacco, Rize Up, Sa Nuxedda Free Vallermosa – Sardegna, Salviamo il paesaggio – Roma e Lazio, Solidarietà e partecipazione, Spezia Via dal Carbone – La Spezia, Stop Biocidio, Studenti per l’ambiente, Studenti per il NO – Messina, Taranto Ricerca Futuro, Transform!, Trivelle Zero – Marche, UGI – Unione Giovani Indipendenti – Colleferro, Uallò Uallà – Lanciano, UDS – Unione degli Studenti, Un Popolo in Cammino, Unione Mediterranea Lucania, VeneziAmbiente, Viva la Vida – Sibari, Zero Violenza, Zero Waste Lazio, Zero Waste Sardegna, Zero Waste Sicilia, Zona Ventidue – San Vito Chietino
Dieci SI per Venezia – Domenica 25 settembre 2016 ore 15.30
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12
set
2016
Il Comitato Opzione Zero della Riviera del Brenta aderisce alla manifestazione del 25 settembre indetta dal Comitato NO Grandi Navi e invita tutti a fare il possibile per partecipare.
Dieci SI per Venezia
Venezia 25 settembre 2016 ore 15.30
Appello alle associazioni e ai cittadini del Veneto per una grande manifestazione per l’estromissione delle grandi navi dalla Laguna e contro le grandi opere inutili ed imposte, il 25 settembre!
Sono passati quattro anni e mezzo senza che le autorità preposte abbiano ottemperato a quanto previsto dal Decreto Clini Passera, in merito al passaggio delle grandi navi da crociera in Bacino San Marco. La deroga, in attesa di una soluzione alternativa, sta diventando infinita.
La soluzione alternativa viene rinviata, per una precisa responsabilità dell’Autorità Portuale, la quale, invece di accettare l’evidenza che navi sempre più grandi e insostenibili per l’equilibrio idrodinamico e morfologico della Laguna, debbano attraccare fuori in un avamporto alla Bocca del Lido, si intestardisce a voler imporre altre grandi opere inutili e dannose per far entrare le navi da crociera dalla Bocca di Porto di Malamocco, per giungere in Marittima senza passare davanti a San Marco.
Come se il problema fosse solo questo e non l’estromissione di navi che provocano erosione dei fondali e la trasformazione della Laguna in un braccio di mare, nonché inquinamento dell’aria ed elettromagnetico. Queste grandi navi, ma anche gli altri natanti, compreso i mezzi ACTV, utilizzano carburanti pessimi (altro che accordi volontari per l’uso di combustibili verdi!) tanto che il Parlamento Europeo ha accolto una petizione popolare che mette in evidenza che non esiste neppure una rete efficiente di rilevazione degli inquinanti, tra i quali le polveri ultrasottili, ed ora il Governo rischia una procedura d’infrazione. Anche la Magistratura ha aperto un’inchiesta per inquinamento atmosferico.
Prima il Canale Contorta – Sant’Angelo, progetto stroncato dalla Commissione di Valutazione d’Impatto Ambientale, poi, su suggerimento del Sindaco Brugnaro, il Canale Tresse – Nuovo, che non ha neppure la dignità di essere un progetto, visto che l’A.P. voleva farlo passare per una variante del Contorta: ipotesi che la Commissione V.I.A. ha prontamente stoppato.
E’ nota a tutti, con la conferma del mondo scientifico, la devastazione provocata dal Canale dei Petroli, eppure si vuole ancora insistere con la manomissione ambientale ed idraulica, raddoppiando in pratica il Canale dei Petroli portandolo, con il Tresse Nuovo, direttamente in centro città; quali saranno gli effetti sulla velocità e direzioni delle correnti e sulle maree??? Quali saranno gli effetti cumulativi, oltre alle navi commerciali e ai traghetti, del passaggio delle grandi navi da crociera che dovrebbero percorrere quasi tutto il Canale dei Petroli per arrivare in Marittima tramite questo nuovo ed immane scavo?
Altre soluzioni praticabili di avamporto alla bocca del Lido, potrebbero garantire la permanenza e anzi lo sviluppo del settore, mantenendo le navi di stazza insostenibile fuori della Laguna, conservando la Marittima quale terminal e comunque come attracco delle navi più piccole.
Ma perché allora l’Autorità Portuale, la Venice Terminal Passeggeri e le varie lobby continuano ad insistere per far arrivare tutte le navi da crociera alla stazione Marittima a S. Marta e su banchine portuali esistenti (i nuovi soci della VTP vorrebbero pure un attracco a Marghera per le navi ancora più gigantesche)??? La risposta è molto semplice l’Autorità Portuale di Venezia senza alcuna gara ha dato in concessione trentennale (che dovrebbe scadere nel 2024) la gestione delle Banchine della Stazione Marittima di Venezia a VTP; se dovesse passare il progetto di una nuova struttura portuale alla bocca del Lido la gestione di queste nuove banchine dovrebbero passare attraverso un bando europeo e così VTP rischia di perdere il monopolio assoluto sulla gestione del crocerismo a Venezia.
Anche la Cruise Lines International Association (CLIA, che associa gli operatori della croceristica) si oppone ferocemente ad un terminal esterno alla Laguna: per forza, le maggiori corporations della croceristica (Costa – MSC – Royal Carribean e i turchi di Global Liman Isletmeleri) hanno appena comprato le azioni di Veneto Sviluppo (Finanziaria della Regione Veneto) della VTP, arrivando in pratica alla privatizzazione del porto croceristico, sul quale non ci sarà più alcun controllo pubblico.
I nuovi padroni della Marittima faranno il bello e cattivo tempo per garantire i loro interessi speculativi: è stato dimostrato che i porti vanno in perdita quando sono gestiti – in conflitto d’interesse – dagli stessi armatori, per il semplice motivo che le tariffe vengono abbassate per aumentare gli utili delle compagnie di navigazione. E le tariffe magari saranno abbassate contenendo il costo del lavoro dei portuali (stiano attenti, i lavoratori! invece di ascoltare le sirene di Costa, Trevisanato e di qualche sindacato giallo, sui No Navi che fanno loro perdere il lavoro).
Perché invece, per quanto riguardo il traffico petrolifero e i mega container, l’attuale (e in scadenza) presidente dell’A.P. vuole fortissimamente un nuovo porto off shore, davanti a Malamocco, il cosiddetto Voops (Venice Offshore Onshore Port System)?
Perché le sempre più grandi navi porta container, che non entrerebbero neppure per la bocca di porto di Malamocco, potrebbero fermarsi in un nuovo porto in mare aperto (del costo di oltre 2 miliardi), mentre le mega navi da crociera – anche queste sempre più grandi – invece non potrebbero fermarsi in un nuovo terminal alla bocca di porto del Lido?
Il nuovo off-shore per il traffico container, tra l’altro, sembra lo voglia solo Costa, Prodi (si, ancora lui, colui il quale ha regalato a Venezia il bidone del Mose) e qualche altro amico lobbista e che tutta l’operazione pare del tutto insensata dal punto di vista del mercato, dato l’attuale contesto dei traffici marittimi internazionali e le previsioni che si fanno sul futuro; insomma, se il Ministero delle Infrastrutture dovesse dare il via libera a quest’altra grande opera, sarà un’altra grande opera inutile e dannosa: anche il Voops – come il Mose – servirà solo a chi lo fa, le solite grandi imprese, responsabili del più grande scandalo del secolo ai danni dei contribuenti.
Persino l’UNESCO ha dato l’ultimatum a Governo ed amministrazioni locali: se entro il 1 febbraio 2017, non saranno presi provvedimenti credibili contro l’ingresso dei giganti del mare in Laguna e per porre un limite alla monocoltura turistica, che sta trasformando Venezia in una sorta di parco a tema, svuotato dei suoi residenti (a settembre la popolazione della città antica andrà sotto i 55.000 abitanti), Venezia sarà inserita nella lista dei luoghi in pericolo di esclusione dai siti patrimonio dell’Umanità.
Anche noi vogliamo lanciare l’ultimatum ai padroni della città:
Mobilitiamoci tutti il 25 settembre, fuori definitamente le grandi navi dalla Laguna, una vittoria su questo consentirebbe di invertire la tendenza ai processi di devastazione ambientale, all’uso speculativo della città.
E’ per questo che questo appello è rivolto anche ai giovani, agli studenti e ai precari , ai lavoratori, perché si riprendano la possibilità di vivere e ripopolare Venezia, imponendo una politica per il diritto alla casa e al welfare, fermando la privatizzazione e la svendita del patrimonio immobiliare pubblico, scalzando le politiche di austerità che impoveriscono i settori sociali più deboli, ma che continuano a foraggiare le grandi opere volte al profitto per pochi e alla devastazione ambientale e sociale per tutti.
Venezia, 20 agosto 2016
COMITATO NO GRANDI NAVI – LAGUNA BENE COMUNE
C.S. Op.Zero 14/07/16 – Orte-Mestre: progetto insostenibile anche dal punto di vista tecnico. I Sindaci rispettino il mandato.
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15
lug
2016
Comunicato Stampa Opzione Zero 14-07-2016
Orte-Mestre: progetto insostenibile anche dal punto di vista tecnico. I Sindaci rispettino il mandato.
Sembra assurdo dover tornare a parlare di autostrada Orte-Mestre, soprattutto dopo il grave disastro ferroviario di due giorni fa in Puglia. Un disastro che dimostra per l’ennesima volta come la politica delle “grandi opere”, spesso inutili e insensate, abbia disastrato il Paese assorbendo miliardi e miliardi di euro che invece dovevano essere spesi per interventi di manutenzione, riqualificazione e messa in sicurezza delle infrastrutture esistenti. Se sulle ferrovie regionali si muore perché non si fanno investimenti sui dispositivi di sicurezza mentre si buttano 20 miliardi di euro per il tunnel di base della TAV in Val di Susa; qui da noi si continua a morire perché da decenni non si è voluti intervenire su una delle strade più pericolose d’Italia per giustificare la necessità dell’ennesima autostrada a debito.
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici domani dovrà esprimere un parere decisivo per l’iter della Orte-Mestre: da quanto si apprende emerge in modo chiaro come anche i tecnici del Ministero si siano resi conto dell’insostenibilità di questo progetto. E non si tratta solo di insostenibilità ambientale ma anche tecnica ed economica; numerose infatti le osservazioni critiche presenti nel documento in discussione: dalla scarsità dei rilievi geologici e idrogeologici, alla mancanza di un’adeguata progettazione preliminare per tratti importanti come il tunnel sotto il Brenta, alla mancanza di uno studio di fattibilità, alle analisi dei flussi di traffico e di trasporto delle merci datati e inadeguati; anche la stima dei prezzi e la sostenibilità economica vengono messi in discussione.
Tutte questioni già sollevate in tante sedi da vari comitati e associazioni che come Opzione Zero aderiscono alla rete Nazionale Stop Orte-Mestre, ma rimaste troppo a lungo inascoltate.
Il fatto che questi rilievi ora emergano da documenti ufficiali del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici fa ben sperare, peccato però che non sia ancora stata scritta in modo chiaro quella che è la conclusione più logica, e cioè che questo progetto deve essere ritirato definitivamente.
In questo senso, il ruolo dei Sindaci alla riunione di domani è importantissimo, visto e considerato che oltre tutto il nuovo Codice degli Appalti, abolendo la Legge Obiettivo, torna a dare alle amministraioni locali un ruolo non secondario.
Ed è proprio ai Sindaci della Riviera del Brenta che si rivolge il Comitato Opzione Zero, rammentando loro come i Consigli Comunali di Mira, Dolo, Mirano, Camponogara e anche Pianiga abbiano approvato a stragrande maggioranza nel 2014 degli ordini del giorno con i quali si richiede al Governo la cancellazione della nuova autostrada e la messa in sicurezza immediata della Romea.
Un mandato espresso in modo forte e inequivocabile che non lascia spazio ad ambiguità e tentennamenti che in questo momento sarebbero deleteri e ingiustificabili; Opzione Zero è vigile e pronto a inchiodare alle proprie responsabilità i voltagabbana di turno.
Il Sole 24 Ore – Il clima (e il disastro) che verra’
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11
ott
2015
I guai da effetto clima che hanno martoriato l’Italia anche quest’estate? Altro che congiunzioni astrali. Altro che colpo di coda del destino. È il segnale, o meglio la prova generale, di quello che promette di accadere entro qualche decennio: un vero disastro ambientale, e dunque sociale. Con una ulteriore sorpresa, naturalmente negativa, proprio per il nostro paese. Il più esposto in tutto il continente europeo all’onda dei cambiamenti climatici. A causa della sua conformazione geografica, e della morfologia del suo territorio.
Colpa del destino più che dell’uomo. Che però ha la sua pesante responsabilità. Perché è in gran parte sua la responsabilità dell’incalzante dissesto idrogeologico. Ecco allora l’ultima e qualificata diagnosi previsionale, decisamente terrificante. Viene dal Cmcc, il centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista International Journal of Climatology, che sintetizza una ricerca condotta dagli studiosi Alessandra Lucia Zollo, Valeria Rillo, Edoardo Bucchignani, Myriam Montesarchio e Paola Mercogliano.
Le cifre dell’allarme
Tra una cinquantina d’anni, il tempo di un paio di generazioni, l’Italia si ritroverà ben oltre i parametri di guardia indicati dagli scienziati mondiali per i disastri dell’effetto clima. Ben oltre i 2 gradi di aumento delle temperature medie, con tutto il loro corredo di sciagure. Sarà così che nell’ultimo trentennio di questo secolo le precipitazioni medie aumenteranno di quasi il 10% mentre le temperature, sia nei valori minimi che in quelli massimi, cresceranno di soli 2 gradi centigradi (che pur rappresentano la soglia del disastro) solo se noi e la comunità internazionale riusciremo a fare l’impossibile per frenare l’effetto serra. Altrimenti, ad atteggiamenti e politiche invariate rispetto ad oggi, i nostri territori si scalderanno ben di più, fino a 6 gradi.
I ricercatori del Cmcc giurano di aver utilizzato le tecnologie più avanzate nella modellistica climatica, aggregando le previsioni sulle variazioni di temperatura e precipitazioni medie di tutto il nostro stivale anche se sono stati privilegiati i trend degli eventi estremi in quattro regioni considerate emblematiche: il Veneto, la Calabria, la Sardegna e la Toscana. Il tutto confrontando i dati dello scorso trentennio (dal 1981 al 2010) con quelli prodotti dal modello previsionale per l’ultimo trentennio del secolo corrente (2071-2100).
Veneto sulla graticola
L’allarme colpisce in particolare il Veneto, per il quale sono previsti aumenti della temperatura fino a 7 gradi. Ma nelle altre regioni esaminate a campione non andrà molto meglio. Le notti tropicali, cioè i giorni con temperatura minima sopra i 20 gradi, o i giorni estivi (quelli con temperatura massima superiore ai 25 gradi) aumenteranno nella loro frequenza annuale soprattutto in Calabria e in Sardegna. E siccome sono questi i principali sintomi dei disastri ambientali che si materializzano sotto forma di siccità o di improvvise alluvioni, con il loro drammatico carico di conseguenze, ecco che dallo studio emerge un sicuro e progressivo aumento degli eventi più estremi che colpirà tutti i territori italiani.
Gli scettici e i negazionisti dell’allarme climatico (che continuano a non mancare) sono serviti. Che fare? Il warning sulla necessità di un intervento pronto e deciso, come ben sappiamo, riguarda i governanti dei singoli paesi ma soprattutto l’indispensabile coordinamento della comunità internazionale, visto che l’effetto serra all’origine dei cambiamenti climatici è frutto, anche per le conseguenze locali, delle emissioni complessive e non di quelle generate sul posto. Certo, nel frattempo i paesi possono e devono operare con solerzia a casa propria per tamponare se non altro gli effetti pratici degli sconquassi ambientali. E la cosa riguarda in particolare il nostro paese, visti i suoi problemi, appunto, di dissesto idrogeologico.
Pesi supplementari
A confermare che l’Italia è particolarmente esposta sono i coordinatori del IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, il comitato Onu sul clima. Proprio qui da noi la temperatura sta crescendo più velocemente della media globale: un grado e mezzo in più rispetto all’ultimo trentennio del secolo scorso nel 2014, più del doppio della media globale. E proprio l’anno scorso il disastro ha lanciato sonori avvertimenti con alluvioni a Genova, Modena, Senigallia e Chiavari, solo per citare le più rilevanti.
Una spia eloquente è rappresentata anche dalla progressiva disgregazione dei nostri ghiacciai, che negli ultimi anni ha subito un’ulteriore accelerazione rispetto all’allarme rosso lanciato cinque anni fa in uno studio coordinato dal CNR: già nel 1991 i ghiacci del versante piemontese del Gran Paradiso avevano perso la metà della loro area ottocentesca. E ancora peggio era successo sul Monte Rosa, mentre nell’intera Val d’Aosta i ghiacciai si sono ritratti per oltre il 40%.
Nuova Venezia – Cemento e dissesto. E’ un territorio violato
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24
mag
2015
L’indice di costruzione secondo solo a quello lombardo, l’incuria pluriennale nella salvaguardia idrogeologica. Gli ambientalisti: troppi impegni disattesi
VENEZIA – Il cimitero degli elefanti dei capannoni abbandonati, gli insediamenti abitativi che invecchiano senza inquilini, le discariche selvagge, i veleni occultati nel sottosuolo, le costruzioni sregolate che costellano campagna, colline, litorale.
L’ambiente veneto aggredito e indifeso, ostaggio di un modello di industrializzazione diffusa e accelerata, che ha frantumato le barriere tra urbanesimo e ruralità, che dal 1970 ad oggi ha trasformato in costruzioni 180 mila ettari di terreno (pari all’intera provincia di Rovigo) con un’indice di cementificazione (il 14%) secondo su scala nazionale soltanto a quello lombardo.
Se questo è l’album del passato (prossimo), l’attualità dei nostri giorni racconta l’epilogo di un ciclo economico espansivo e il suo malinconico corollario fitto di zone commerciali dismesse e impianti inutilizzati, siti produttivi da bonificare e ferite aperte sul territorio.
«Negli ultimi tempi la situazione si è addirittura aggravata, ora nessuno sta peggio di noi», è il severo commento di Andrea Ragona, dirigente di Legambiente «mentre un po’ dovunque spuntano cartelli “vendesi” sugli edifici e nella sola Padova ci sono 10 mila appartamenti vuoti, i costruttori sollecitano ulteriori colate di cemento, funzionali esclusivamente ai loro profitti, non certo ai cittadini. L’altra faccia della cementificazione è l’assenza drammatica di una politica della mobilità pubblica che riduca l’inquinamento dell’aria: aperture di facciata e promesse elettorali, nel concreto quasi nulla. Stiamo scontando gli effetti devastanti di 14 anni di gestione Chisso nei trasporti. Una buona notizia? Finalmente si riparla di idrovia con minimo di concretezza, però dobbiamo essere chiari: o diventerà un canale navigabile, con il traffico pesante sottratto alla strada e posto sopra le chiatte, o si ridurrà all’ennesimo palliativo. Temo che, aldilà degli slogan, la consapevolezza della gravità della situazione e la conseguente volontà di agire, siano del tutto insufficienti».
Abusi e dissesti non indolori, pagati a carissimo prezzo ogniqualvolta le precipitazioni superano le medie stagionali, il bollettino dei danni racconta esondazioni fluviali e torrenti in piena, centri sommersi e distruzioni, vittime e sfollati. Sul fronte della salvaguardia idraulica, dopo lunghi anni di colpevole incuria, la disastrosa alluvione del 2010 è valsa, se non altro, a ridestare l’amministrazione regionale, che, per volontà del governatore Luca Zaia, si è dotata nello stesso anno di un Piano di azioni e interventi per la mitigazione del rischio idraulico e geologico, stimando in 2,7 miliardi di euro il costo complessivo della messa in sicurezza del martoriato territorio veneto. Un obiettivo lungi dall’essere centrato – complice la crisi che ha prosciugato i rubinetti finanziari del Governo – perseguito attraverso l’apertura di 925 cantieri grandi e piccoli, con priorità ai bacini di laminazione di Caldogno, Muson dei Sassi, Viale Diaz a Vicenza, La Colomberetta, Montebello, Pra dei gai, Trissino; i punti più dolenti nella mappa nostrana.
«È un primo passo utile dettato dall’emergenza ma occorre fare molto di più», sentenziano all’unisono i comitati spontanei sorti come funghi nelle zone a rischio alluvionale.
Altro versante, quello del risparmio del suolo abbinato alla rigenerazione urbana. A lavorarci, da tempo, sono quelli di Urbanmeta, un “cartello” sorto in Veneto e ad oggi unico in Italia perché include ambientalisti e Ance, architetti e docenti universitari; figure difformi, spesso in conflitto, accomunate dall’interesse per le scelte urbanistiche: «Il Piano Casa voluto dalla Regione ha lievemente attenuato l’impatto sul territorio, escludendo le costruzioni ex novo, però ha concesso chance di ampliamento abitativo che riteniamo del tutto eccessive», è l’opinione di Andrea Ginestri, attivo nel sodalizio «ma ciò che più ci sconcerta è la strategia che emerge in alcune amministrazioni locali.
Ci dicono: “Fra tre anni esauriremo la cubatura prevista dal Piani di assetto territoriale e allora introdurremo lo stop ai cantieri edili”; ebbene, alcuni di quei Pat prevedono aumenti della cementificazione fino al 40% : una follia, impraticabile per il venir meno di suolo disponibile prima ancora che per decenza amministrativa».
Intanto la legislatura si è conclusa ma l’annunciata legge quadro regionale è rimasta alla fase progettuale alcuna: «Se è per questo, siamo in ritardo anche sul piano delle idee», chiosa Ginestri «finora, il massimo che si è riusciti a escogitare per riqualificare un sito industriale dismesso, è stato piazzarci un centro commerciale o un silos di auto. La moderna rigenerazione urbana è altra cosa».
È tutto? Non proprio. C’è anche il rischio persistente di terremoto (confermato dalla recente serie di scosse) che i geologi individuano nell’arco della Pedemontana che si estende dalla Lessinia al Cansiglio e coinvolge le province di Verona, Vicenza e Treviso, dichiarate zone sismiche di seconda categoria. Gli esperti della prevenzione sollecitano a gran voce uno screening organico, ovvero una mappatura degli edifici – abitativi e produttivi – accompagnata da incentivi finanziari all’adeguamento degli stabili pubblici e privati. Il Piano Casa, in verità, assegna alcuni fondi in questa direzione, legati alla ristrutturazione e messa in sicurezza. Ma è soltanto l’inizio di un percorso che si annuncia lungo e accidentato.
Filippo Tosatto
Il docente di Idraulica: «Basta strade, ci vuole equilibrio. Bene l’Idrovia. Il Mose? Speriamo almeno che funzioni»
D’Alpaos: «Il rischio allagamenti è alto, servono invasi»
VENEZIA – Il territorio e la sua sicurezza sacrificati sull’altare del cemento, come risultato di una politica che per almeno quarant’anni si è lasciata dettare l’agenda delle grandi e piccole opere da pochi portatori di interesse. E l’interesse generale torna a far capolino solo quando si verificano le tragedie, come l’alluvione del 2010.
Luigi D’Alpaos, professore emerito di Idraulica dell’università di Padova chiede al nuovo governatore il coraggio di scegliere: la sicurezza idraulica del Veneto è l’unica priorità su cui concentrare le risorse.
Professore, come sta il territorio veneto? «Ha i suoi problemi dal punto di vista della difesa idraulica, una situazione che è conseguenza di anni di incuria, sfruttamento del suolo e della stessa acqua. Ma anche di una politica che ha concentrato progetti e risorse sempre e solo su cemento e asfalto».
Dove è urgente intervenire? «Ci sono due piani, quello del grande sistema idrografico e le reti minori. Il problema dei nostri fiumi è che non sono in grado di convogliare al mare in sicurezza la portata delle piene. È un problema grave perché quanto accaduto nel 1966 può succedere di nuovo. Servono invasi per trattenere temporaneamente i colli di piena».
E l’Idrovia Padova-Mare di cui da qualche anno si è tornati a parlare? È certamente un’opera necessaria per garantire la sicurezza idraulica di tutta la zona a valle del nodo idraulico di Voltabarozzo, sia nel Padovano che nel Veneziano, potendo fungere da canale scolmatore per Brenta e Bacchiglione. Se ne è tornato a parlare dopo l’alluvione del 2010 quando tante persone e tante imprese si sono ritrovare in ginocchio. Eppure se si chiede a qualsiasi imprenditore cosa serve al Veneto, si parla ancora e sempre di strade, autostrade e tangenziali. Non capiscono cosa stanno rischiando. È quello che io chiamo il “partito degli stradini” che ha dettato lo sviluppo del nostro territorio. La politica deve prendere in mano la situazione, smettere di rilanciare, di ascoltare pochi portatori di interesse e fare le opere di difesa idraulica».
Non è cambiato nulla dopo il 2010? «Qualcosa si è iniziato a fare, ma sono solo i primi passi di un cammino che sarà lunghissimo e dovrà impegnarci per i prossimi 30 anni. L’acqua è una minaccia, ma anche una grande risorsa. Difendersi dalle acque, difendere le acque: sono i due lati della stessa medaglia. Da una parte il rischio alluvioni, dall’altra fiumi ridotti a rivoli, come il Piave. Va ristabilito l’equilibrio».
E il Mose? «Un’opera troppo complessa e troppo costosa. Ma arrivati a questo punto non possiamo che augurarci tutti che funzioni».
Elena Livieri
Gazzettino – Mirano. Vandali. Detersivo nel Muson e olio esausto in un canale.
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30
apr
2015
MIRANO – Prima i detersivi nelle acque del Muson, poi l’olio in un fossato di aperta campagna. Doppio intervento dei vigili del fuoco a Mirano, la Polizia indaga per rintracciare i responsabili ma non sarà affatto facile.
Ieri mattina un miranese ha segnalato la presenza in via Viasana di tre bidoni colmi d’olio rovesciati sullo scolo a lato strada. Si trattava di olio che deve essere smaltito rivolgendosi alle ditte specializzate, così non è stato e ora il Comune di Mirano dovrà pagare degli specialisti per procedere con il recupero di quel liquido dannoso e successivamente con la bonifica di quel tratto di fossato. Non sarà facile individuare gli autori di questo abbandono perché siamo in una zona di aperta campagna.
Lunedì invece durante il mercato moltissimi miranesi avevano segnalato l’insolita presenza di moltissima schiuma al bacino dei Molini di Sotto in via Barche. I tecnici hanno accertato che si trattava di detersivo, probabilmente il liquido è stato svuotato in qualche punto del fiume Muson e poi la pioggia di domenica ha fatto il resto. Potrebbe essere la conseguenza del lavaggio di qualche piazzale, non è affatto la prima volta che capita.
(g.pip.)
Nuova Venezia – Spinea. In due anni ridotte del 24% le emissioni in atmosfera.
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25
apr
2015
SPINEA – Spinea si “gode” il suo Paes, il Piano per l’energia sostenibile: in due anni, ridotte del 24,24% le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, nonostante la crescita della popolazione del 10%.
Un dato molto significativo, a cui guardano con curioso interesse anche i Comuni che hanno adottato il Paes dopo Spinea: il successo è dovuto per il 26% alla diminuzione delle emissioni nel comparto pubblico, per l’8% alla diminuzione del comparto residenziale privato e soprattutto alla drastica diminuzione delle emissioni relative ai trasporti, pari al 50%, anche se avvenuta su scala sovracomunale in conseguenza della crisi economica. Le emissioni procapite sono passate da 3,6 tonnellate per abitante a 2,7 tonnellate.
I dati sono stati presentati giovedì in seconda commissione, alla presenza dell’assessore all’Ambiente Stefania Busatta che afferma soddisfatta: «Sono risultati che ci dicono che siamo sulla strada giusta, anche se molto resta da fare. Il Paes ha consentito di avviare azioni concrete sotto il profilo dei lavori pubblici, dell’ambiente, di viabilità, urbanistica ed edilizia. Ora puntiamo a migliorare ancora».
(f.d.g.)
Nuova Venezia – Pianiga. Il Pionca inquinato da idrocarburi. Esami e indagini.
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24
apr
2015
CAMPAGNA LUPIA – Inquinamenti in corsi d’acqua negli ultimi due giorni a Pianiga e Campagna Lupia. A Pianiga l’inquinamento maggiore si è avuto a ridosso del canale Pionca dove nella mattinata di lunedì i residenti hanno sentito un gran odore di nafta provenire dalla superficie dell’acqua. Immediatamente sono stati allertati i vigili del fuoco, i tecnici dell’Agenzia regionale protezione ambientale (Arpav) e del Comune che sono intervenuti. Sono state collocate delle pannellature per evitare che il carburante provocasse danni a flora e fauna e finissero all’interno di qualche altro corso d’acqua.
Ora si sta cercando di capire chi possa aver sversato in acqua il materiale. Si pensa che possa essersi trattato della pulizia di una cisterna di carburante. Una operazione fatta da qualche azienda agricola nel tratto a monte (cioè nel padovano) del Pionca.
Un altro inquinamento invece si è verificato a Campagna Lupia ieri mattina in una canaletta consorziale ai confini con il comune di Campolongo. Anche in questo caso si è trattato di uno sversamento di materiale inquinante e cioè idrocarburi. A mettere in sicurezza l’area, un tratto di 300 metri, con pannellature sono intervenuti i pompieri.
(a.ab.)
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