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AUTOSTRADE: SALTA L’ASSEMBLEA

VENEZIA – Si fa sempre più complicata la strada che dovrebbe portare Serenissima, ex concessionaria dell’autostrada Venezia-Padova, a un aumento di capitale da 10 milioni. Dopo aver già incassato una bocciatura dagli azionisti lo scorso 11 dicembre, ieri l’assemblea dei soci è saltata per mancanza del quorum necessario. Alla convocazione ha risposto solo Autovie Venete (che controlla il 22,3% della società presieduta da Rino Mario Gambari), più che mai determinata a votare contro l’operazione «a queste condizioni» ribadisce il presidente dei friulani Emilio Terpin. Si rischiava una nuova bocciatura, e così Mantovani (25%) e A4 Holding (19,05%) hanno preferito far slittare l’assemblea in seconda convocazione. Già fissata per il 30 dicembre: per approvare l’aumento basterà poco più della metà del capitale presente in assemblea. Non è, però, affatto scontato che questo accada.

A scombinare i programmi è stata, infatti, una lettera di Apv investimenti (5,13%), società del Porto di Venezia, nella quale, annunciando un voto contrario, si chiedeva al Cda di Serenissima di chiarire le ragioni della spaccatura. Da qui il rinvio che, però, sposta solo di qualche giorno il problema. Se, da una parte, alla richiesta di chiarimenti sembra essere seguita una nota con cui Serenissima rinvia a un tavolo «dopo le festività natalizie» per meglio definire l’operazione, dall’altra il presidente Rino Mario Gambari chiude a un possibile rinvio. «Gli azionisti si assumeranno le proprie responsabilità» è il laconico commento. «La seconda convocazione dell’assemblea resta fissata per il 30 e poi si vedrà. Se l’aumento non passerà vorrà dire che la società sarà messa in liquidazione». Autovie Venete non può assumersi impegni finanziari, anche se modesti, che esulino dal progetto Terza corsia. Le Camere di commercio di Padova (11,87%) e Venezia (11,95%) hanno, invece, dei vincoli di spending review. «Anche da un non voto possono conseguire delle responsabilità» sottolinea Terpin sulla programmata assenza in assemblea dei due enti camerali per ovviare al problema. «Comunque io non dispero che prima del 30 si possa trovare un accordo» conclude Terpin. Resta il fatto che il futuro della società, coinvolta nei project delle Torricelle e della Nogara Mare, sia oggi fortemente a rischio.

(m.mar.)

 

Nuova Venezia – Treni pieni. Chisso promette piu’ vagoni .

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

22

dic

2013

Chisso striglia Trenitalia: «Più vagoni»

L’assessore regionale dà una prima risposta ai pendolari. Il 24 dicembre alle 12 incontrerà i sindaci della provincia

VENEZIA «Abbiamo “strigliato” Trenitalia perché si desse da fare e, da oggi (ieri ndr), i treni regionali Udine – Venezia, via Treviso, avranno un maggior numero di vagoni, rimediando al constatato sovraffollamento di questi giorni dei convogli cadenzati attualmente in servizio lungo la linea». È l’assessore alle politiche della mobilità del Veneto, Renato Chisso, a dare la notizia, che sicuramente renderà felici i pendolari che ogni giorno da Mogliano piuttosto che da Castelfranco devono recarsi a Venezia. E che hanno in più occasioni, come i colleghi di altre tratte, segnalato il disagio. Un primo rimedio, dunque, arriva entro Natale. «In questo come in altri casi», ricorda l’assessore, «si è dovuto avviare il cadenzamento con materiale che non era quello che come Regione avevamo previsto. Deve, infatti, essere ancora completata la fornitura degli Stadler, ne mancano otto su venti, che in origine dovevano essere tutti disponibili ai primi di dicembre. Contiamo di metterli in linea a partire dalle prossime settimane. Ma mancano anche i nuovi Vivalto per i quali è impegnata Trenitalia. Li attendiamo e li sollecitiamo, perché vogliamo e dobbiamo risolvere tutti i problemi di questa natura, per ridare dignità ad un servizio che non è all’altezza né delle aspettaive né del corrispettivo economico che paghiamo». La Regione ammette che non tutto è andato come doveva. «Noi continuiamo a monitorare la situazione, incalzando Trenitalia alla quale stiamo letteralmente con il fiato sul collo per eliminare ogni criticità possibile, ricordando che una cosa è il sistema cadenzato, altra cosa è la gestione del servizio con i ritardi e le cancellazioni registrate in questi primi giorni e che non dovrebbero esserci mai». Le cose però, sembrano migliorare secondo Chisso: «Venerdì il 79 per cento dei treni regionali ha viaggiato senza ritardo o con ritardo contenuto entro i 5 minuti. È ancora poco, anzi pochissimo, ma tuttavia molto meglio del 59 per cento del venerdì successivo all’entrata in vigore del nuovo orario 2012, che di cambiamenti ne aveva pochi». Mentre arrivano le soluzioni per la tratta Venezia-Udine, l’assessore ha dato appuntamento – come promesso – ai sindaci per martedì prossimo, vigilia di Natale, nella sede di Veneto Strade per «rimediare ai problemi più gravi e avviare un tavolo permanente».

La comunicazione è arrivata al sindaco di Quarto, Silvia Conte, che sta contattando tutti gli amministratori della Conferenza dei sindaci del Veneto Orientale assieme ai colleghi della provincia. «Ci presenteremo», spiega Conte, «con una lista di difficoltà che sono quelle che l’assessorato regionale conosce, arricchite dai pendolari e con le soluzioni».

Prosegue: «Ricordo che con il Codacons, mi sto muovendo sia sul fronte delle difficoltà dei disabili, che su quello del danno economico derivato dai ritardi causati dal nuovo orario a chi arriva 15, 30 minuti in ritardo e potrebbe rischiare il posto».

«Speriamo che Babbo Natale martedì ci porti un bel dono», commenta Andrea Cereser, presidente della Conferenza dei sindaci, «erano problemi già prefigurati, speriamo che adesso questa prova non duri mesi. Noi le soluzioni le avevamo già anticipate. Questo orario cozza con l’idea di città metropolitana e di integrazione forte con Venezia e il resto del territorio, la scelta fatta invece va nella direzione opposta».

Marta Artico

 

stazione di marano

Rifondazione: «Corse cancellate di sabato»

MIRA. Saltano le corse del sabato mattina in direzione Padova dalla stazione di Marano di Mira sulla linea Padova – Venezia e scatta la protesta di Rifondazione Comunista che si fa portavoce del disagio . A denunciare la situazione è la segretaria di Rifondazione locale, Sabrina Vian.

«Il sabato», denuncia, «i clienti di Trenitalia che timbrano il cartellino alle 10 e che devono andare a lavorare a Padova (e sono decine) prendendo il treno alla stazione di Mira- Mirano (Marano), utilizzata ogni giorno da migliaia di persone (circa 900 solo in direzione Padova), sono costretti a prendere il convoglio delle 8.27, perché i treni delle 8.42, delle 8.57, delle 9.42, con il nuovo orario cadenzato, non effettuano servizio il sabato e i festivi. Nemmeno il treno delle 10.57 c’è più con il nuovo orario. Il primo treno utile, scorrendo il tabellone, lo si può prendere alle 11.12. Va detto poi che la stazione, nonostante sia utilizzata da tantissime persone, ha i bagni chiusi. La biglietteria è stata tolta, sostituita da poco da una automatica, che spesso si guasta». In alternativa, si offrono soluzioni con cambio di treno.

«Bisogna prendere il treno per Mestre»,spiega la Vian, «e dalla stazione di Mestre quello per Padova, con conseguente aggiunta di costi. Si obbligano così gli utenti a spendere 53,80 euro invece che 36,50, con disagi enormi negli orari e negli spostamenti».

(a.ab.)

 

«Il Bassano-Venezia deve fermare a Spinea»

Il sindaco Silvano Checchin lamenta la cancellazione della corsa delle 7,21 e propone la soluzione

SPINEA – Anche il sindaco di Spinea, Silvano Checchin, sarà nella sede di Veneto Strade, per manifestare il disagio che si trovano a subire i pendolari e chiedere all’assessore regionale un cambio di rotta sul “pasticcio” ferroviario di metà dicembre. Spinea si ritiene oltremodo penalizzata: ha perso corse e, soprattutto, pendolari, con buona pace di tutti i progetti della giunta di risolvere i guai del traffico su gomma in città anche attraverso la ferrovia. Venerdì sera, in Consiglio comunale, rispondendo a un’interrogazione sul tema presentata da Edmondo Piazzi, Checchin ha definito «assurdo» il nuovo orario cadenzato, «peggiorativo delle condizioni precedenti». Condanna senza appello dunque. Non va giù al sindaco la soppressione di una corsa mattutina nell’orario di punta:

«Ha lasciato a piedi cinquanta pendolari che faticosamente avevamo avvicinato al trasporto ferroviario», accusa Checchin, «e che ora avranno trovato altri sistemi per viaggiare».

Il sindaco lamenta in particolare la cancellazione della corsa delle 7.21, la più frequentata dai pendolari di Spinea. «Per mantenerla, o meglio riattivarla, ora c’è solamente un modo: far fermare a Spinea il treno regionale veloce da Bassano a Venezia».

Su questa ipotesi però Chisso si è già espresso: non se ne parla e non perché non ne voglia discutere a priori, ma perché un cambio del genere stravolgerebbe tutti gli orari e le coincidenze sulla tratta, ma soprattutto perché un regionale veloce che ferma in tutte le stazioni sarebbe un regionale e basta, mandano all’aria i tempi rapidi di percorrenza. L’unica concessione, per ora, sono stati due bus sostitutivi per Venezia: il primo giorno partiti vuoti, ora cominciano pian piano a essere utilizzati.

Ma l’obiettivo restano i treni. «Dieci minuti in più non cambiano nulla», protesta Checchin, «non sono tempi sostanziali di fronte alla perdita di oltre cinquanta pendolari e soprattutto dei disagi lamentati da chi continua a utilizzare il treno».

L’obiettivo è aggiungere non un treno, ma una fermata ai treni veloci che percorrono la Bassano-Venezia: quella di Spinea. Per avere più forza nelle sue richieste Checchin ha chiesto a maggioranza e opposizione in Consiglio di accompagnarlo con un consigliere ciascuno.

Filippo De Gaspari

 

a MEOLO nuova iniziativa

Car sharing per spostarsi rete solidale tra pendolari

MEOLO – Ancora presidi contro l’orario cadenzato nelle stazioni della linea Venezia-Portogruaro. Anche alla fermata di Meolo si è svolto un volantinaggio a cui hanno partecipato, con i pendolari, gli attivisti locali del Partito Democratico e di Sinistra Ecologia e Libertà.

Nel frattempo contro i disservizi del cadenzamento, i pendolari si stanno organizzando con il «car sharing». L’iniziativa spontanea si sta attivando a Meolo e nel Veneto Orientale. Parecchi pendolari, infatti, sono stati costretti a ripiegare sull’auto per andare a lavoro, considerata la mancanza dei treni per i turnisti, la carenza di collegamenti il sabato e la domenica e i frequenti ritardi. Perché, dunque, non sfruttare l’opportunità del «car sharing» così da andare in auto insieme e ridurre almeno un po’ l’aggravio dei costi per benzina e parcheggio?

«Abbiamo notato che si è attivata spontaneamente una rete di solidarietà tra utenti», spiega Giampiero Piovesan, segretario del Pd meolese. «Chi poteva metteva a disposizione degli altri la propria auto per raggiungere Mestre, Venezia o Quarto d’Altino. Si potrebbe organizzare una sorta di car sharing fra pendolari, quale possibile tampone iniziale al problema».

Per questo, durante i prossimi volantinaggi, sarà fornito un indirizzo e-mail apposito, per poter raccogliere dai pendolari le indicazioni sulle loro destinazioni, sugli orari di spostamento e l’eventuale disponibilità a offrire l’auto. Quindi le informazioni potranno essere messe a sistema attraverso un sito internet. Conclude Piovesan:

«Rimane purtroppo il problema di un servizio di trasporto indecente, che deve essere subito migliorato e corretto. Abbiamo aderito all’iniziativa del volantinaggio lanciata dal Comitato Pendolari. Purtroppo abbiamo assistito alla drammatica quotidianità dei pendolari. Venerdì una studentessa doveva recarsi a Bologna per un esame: il treno per Venezia era talmente in ritardo che si è messa a piangere per la disperazione».

Giovanni Monforte

 

Mattino di Padova – Un vagone in piu’ sul treno

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

22

dic

2013

MATTINO

Chisso: «Ma non basta»

Dalla Regione una prima risposta ai disagi segnalati fra Conegliano e Venezia «A breve Trenitalia deve garantirci un servizio migliore». E Bottacin accusa Zaia

La Regione ha strigliato Trenitalia per i treni come “carri bestiame” che passano per Treviso, diretti a Venezia o a Udine. E il risultato si è visto ieri: un vagone in più, oltre ai convogli dell’orario cadenzato. La scorsa settimana i treni viaggiavano non con 5, come ieri, bensì con 6 vagoni, alcuni anche con 7. Ed ecco che pure ieri i convogli allungati sono stati presi comunque d’assalto: qualcuno è rimasto in piedi, altri sono rimasti a terra. Come è successo a Conegliano e a Treviso, nella mattinata. «Costringeremo Trenitalia ad ulteriori migliorie», assicura l’assessore Renato Chisso, «in questo come in altri casi si è dovuto partire con il cadenzamento con materiale che non era quello che, come Regione, avevamo previsto. Deve infatti essere ancora completata la fornitura degli Stadler (ne mancano otto su venti) che in origine dovevano essere tutti disponibili ai primi di dicembre. Contiamo di metterli in linea a partire dalle prossime settimane. Ma mancano anche i nuovi Vivalto per i quali è impegnata Trenitalia. Li attendiamo e li sollecitiamo, perché vogliamo e dobbiamo risolvere tutti i problemi di questa natura, per ridare dignità ad un servizio che non è all’altezza né delle aspettative né del corrispettivo economico che paghiamo». Chisso garantisce di portare a casa, subito dopo le feste, un risultato positivo anche per quanto riguarda nuovi treni da Venezia, la sera, per Treviso e Padova.

Ma i problemi da affrontare sono ancora parecchi, come segnala il sindacato Filt Cgil, che riporta, fra le altre testimonianze, quella di un viaggiatore di Montebelluna. «Alcuni anni fa la percorrenza mattutina si attestava nella migliore tratta del mattino Montebelluna-Castelfranco 6.44-7.01 Castelfranco- Vicenza Intercity 7.05-7.32, quindi 48 minuti. Dal 15 dicembre l’attuale traccia prevede Montebelluna- Castelfranco 6.14- 6.30, Castelfranco -Vicenza 7.07-7.48, ovvero 94 minuti».

Anche Diego Bottacin, consigliere regionale di Verso Nord, se la prende direttamente con il presidente Luca Zaia. «Zaia vuole il monopolio ferroviario, dice che così si risolverebbero i problemi. Dovrebbe ricordarsi che il servizio è regionalizzato da tredici anni e che finora non ha mosso un dito per modificarlo né da vice presidente, né da presidente. Ha precise responsabilità sullo stato di fatto».

 

La questione idrovia Padova-Venezia entra in Parlamento con un ordine del giorno firmato da tre senatrici dell’ex M5S e ora del Gap (Gruppo di azione politica). A presentare il documento tre donne, la trevisana Paola De Pin, la romana Fabiola Anitori e la genovese Adele Gambaro. L’ordine del giorno è stato presentato in Senato al momento dell’esame del disegno di legge recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)”. Questo il testo del documento.

«Da diversi anni è in cantiere il completamento dell’idrovia Padova-Venezia, che dovrebbe diventare un canale navigabile per il trasporto delle merci fino alla laguna e utilizzato come scolmatore per la diversione delle piene del sistema Brenta-Bacchiglione. Tale opera si inserisce a pieno titolo negli interventi previsti dal Piano morfologico per la qualità dell’ambiente e della laguna e per arrestare il degrado lagunare, previsto dalla normativa sugli «Interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna». La sua realizzazione, anche come scolmatore, si rende ormai improcrastinabile contro i rischi e le criticità da sempre presenti nell’area padovana, evidenziati dall’alluvione del novembre 2010. L’idrovia è fortemente voluta da molti cittadini del padovano, contrari alla costruzione di ulteriori strade per far transitare le merci, con il relativo carico di traffico e inquinamento. Lo studio di fattibilità degli interventi per il completamento dell’idrovia commissionati dalla Regione Veneto è ultimato dal mese di settembre scorso. Considerato che le opere di progetto possono essere realizzate attraverso finanziamenti statali nell’ambito del sistema trasportistico nazionale in quanto l’idrovia Padova-Venezia fa parte del sistema idroviario padano veneto e detto sistema è parte del Sistema Nazionale integrato dei trasporti (Snit), impegna il Governo ad intervenire al fine di reintegrare le risorse mancanti e necessarie al completamento dell’opera in premessa».

Vittorino Compagno

 

Nuova Venezia – Treni, ritardi di un’ora e soppressioni

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21

dic

2013

orario cadenzato

Mattinata di caos ieri sulla tratta Venezia-Portogruaro per guasti sulla linea.

Volantinaggio a San Donà. Proteste a Quarto

QUARTO D’ALTINO – Ritardi fino a trequarti d’ora e soppressioni, ieri mattina, sulla linea ferroviaria Venezia-Portogruaro, nel giorno in cui i pendolari hanno attuato un volantinaggio alla stazione ferroviaria di San Donà. Un presidio che comitati e amministratori locali hanno intenzione di replicare anche nelle altre fermate della tratta per tenere alta l’attenzione sui problemi dell’orario cadenzato. Ieri i pendolari del Sandonatese e di Quarto d’Altino hanno vissuto un venerdì mattina da dimenticare, con ritardi e soppressioni in piena fascia di punta, che hanno avuto inizio, secondo quanto si è appreso, a causa di un guasto a un treno. I problemi sono iniziati poco prima delle 7, con un convoglio soppresso e ritardi che hanno coinvolto almeno altri tre convogli, con punte di quasi 45 minuti per il Regionale 11110 Portogruaro-Venezia. Le ripercussioni sono proseguite poi fino a mattinata inoltrata. Mentre si consumavano i disagi, un gruppo di volontari del Comitato Pendolari del Veneto Orientale ha attuato un volantinaggio alla stazione di San Donà, per invitare i viaggiatori a segnalare come l’orario cadenzato abbia inciso sulla loro vita lavorativa. Al presidio ha aderito l’amministrazione comunale di San Donà. A distribuire i volantini sono arrivati anche l’assessore ai trasporti Francesca Zottis e il consigliere comunale di maggioranza Daniele Terzariol, peraltro lui stesso pendolare.

«È evidente l’incapacità dell’assessore Chisso nel gestire la situazione, così come la scelta della giunta Zaia di puntare esclusivamente sulle infrastrutture stradali a discapito del trasporto locale», ha attaccato Terzariol, «per l’ennesima volta chiediamo a gran voce di essere ascoltati sia in qualità di amministratori, sia di pendolari. Una categoria, quest’ultima, per nulla tutelata nonostante i grandi proclami e le promesse che si sono susseguite negli anni».

Intanto ieri le organizzazioni sindacali regionali dei trasporti hanno incontrato i vertici della Direzione regionale passeggeri di Trenitalia per una prima verifica sull’andamento dell’orario. Trenitalia ha spiegato che, nonostante la complessità tecniche e le condizioni meteo legate al gelo, il sistema ha risposto positivamente alle modifiche introdotte.

«La società ha fatto presente che la situazione si sta stabilizzando con il dato positivo grazie al lavoro professionale e al tanto impegno della maggioranza dei ferrovieri», riferisce una nota della Filt Cgil, «si deve convenire sul fatto che sono stati incrementati i treni dal lunedì al venerdì di circa 200 al giorno. Questo nulla toglie alle criticità che abbiamo segnalato riguardo i treni del primo mattino, della sera e del sabato e domenica, che devono essere ripristinati».

In tal senso, l’impegno pattuito con la Regione è di lavorare su alcune possibili modifiche già da gennaio. Per questo la Filt Cgil invita a mandare segnalazioni mirate all’indirizzo istituito dalla Regione: nuovorariocadenzato@treniveneto.it

Giovanni Monforte

 

«Qui rischiamo di non andare a lavorare» Grido d’allarme di una infermiera di Mira

MIRA – «I servizi ferroviari sulla linea Mestre – Padova? Centinaia di utenti, a causa dei tagli indiscriminati fatti alle corse nell’ultimo periodo rischiano di non raggiungere il posto di lavoro».

A dirlo è Enrica.C infermiera professionale che ogni giorno da Mira va a lavorare in un ospedale veneziano. Enrica rappresenta un gruppo di persone esasperate dai tagli delle corse dei treni che sono state fatte in questo periodo.

«Perché», si chiede la donna, «è stata tagliata la corsa delle 5.55 con l’orario cadenzato, da Marano fino a Venezia? Perché le corse del primo mattino sono state soppresse alla domenica e limitate il sabato? Non sa la Regione che noi lavoriamo anche nei giorni festivi e nel periodo natalizio ?. In queste condizioni solo in Riviera siamo almeno una quarantina».

Molti utenti della Riviera del Brenta hanno scelto il treno perché finora si era rivelato una scelta comoda in grado di evitare i congestionamenti del traffico legati all’autobus.

«Ci sono comodi e ampi parcheggi», conclude per gli utenti l’infermiera, «dove posteggiare l’auto ed evitare così di congestionare e inquinare i centri urbani».

(a.ab.)

 

Pendolare da vent’anni racconta l’inutile ricerca del bus sostitutivo dopo la soppressione di una corsa per Camposampiero

ODISSEA PADOVANA – Annunci degli altoparlanti poco chiari Ufficio informazioni che non dà risposte, autisti delle corriere che non conoscono le variazioni

Stazione senza bussola. Pendolari disorientati. Ai treni cadenzati in tilt fa da contraltare il flipper con i viaggiatori sbattuti qua e là da indicazioni sbagliate e assenti. È il racconto personalizzato di un lettore, Fabio Zorzetto, pendolare di lungo corso: vent’anni avanti e indietro tra Padova e Camposampiero, in giornate scandite dagli orari ferroviari e dalle coincidenze “intermodali”. Il suo racconto dei disservizi fa allargare le braccia di fronte «al caos completo». Dopo un mercoledì pomeriggio passato a rincorrere un bus fantasma, Zorzetto decide di impugnare la penna e descrivere le sue disavventure.

«Treno Regionale 5936 in partenza da Padova alle ore 16.16 per Bassano» riporta il professionista, «Ci sono circa 80 persone in attesa del treno sul binario. Alle 16.15 compare la scritta sul tabellone: “treno cancellato”. E veniamo avvisati dagli annunci dell’altoparlante che il treno viene rimpiazzato da una “corsa sostitutiva in partenza alle ore16.25 dal piazzale delle stazione”. Quindi ci si deve adattare». Chi può prendere un altro treno, lo fa. Chi, invece, deve passare per Cittadella cerca di capire dove trovare il mezzo di trasporto su gomma. «Con alcune persone, ci dirigiamo agli uffici dell’atrio stazione dove riceviamo conferma da una ragazza presente nell’atrio che il bus sostitutivo effettuerà le stesse fermate previste dal treno. E che per salire dobbiamo obliterare il biglietto ferroviario» si legge nella cronaca di viaggio. Informazione che viene confermata ieri anche dall’ufficio informazioni della stazione, uno spazio allestito da poco accanto alle biglietterie proprio per garantire l’assistenza ai viaggiatori. Non va confuso con quello dedicato alle “Frecce” che non si occupa dei treni locali (ma nella calca e nelle code, sbagliare è facile). «Ore 16.30 arriva l’autobus ex Sita direzione Bassano» continua il pendolare, «l’autista ci guarda basito in quanto il mezzo è già pieno a metà. Ci comunica che a lui non è stata data comunicazione che quella è una corsa sostitutiva. Chi voleva salire, doveva pagare il biglietto e le fermate non sarebbero state quelle previste dal treno ma le normali soste della tratta su gomma». Secondo quanto riporta la segnalazione, il bus riparte mezzo vuoto. Decine di persone rimangono sul piazzale ad attendere. Inutile provare a verificare nelle biglietterie di piazzale stazione: la gestione è in mano alle Ferrovie, tanto che gli autobus sostitutivi hanno una corsia apposita di fronte alla stazione. Ma quel bus proprio non si trova: «Siamo rimasti sul piazzale ad aspettare l’autobus che non c’è» continua la lettera, «Poi abbiamo fatto ritorno all’ufficio informazioni dell’atrio stazione: nessuno sapeva più nulla». Com’è andata a finire? «Abbiamo preso il treno successivo» spiega il protagonista della disavventura, «Ormai da settimane viaggiamo nel caos». Un’amarezza che si aggiunge alle disavventure quotidiane: treni pieni di mattina; partenze sfalsate di sera.

(v.v.)

 

SIMONAGGIO (CGIL)

«Si è voluto accelerare tutto con scelte tecniche sbagliate»

Rimuovere le cause è un dovere. Questo il senso del messaggio, che il segretario regionale di Filt-Cgil invia ai vertici della Regione, di Trenitalia e di Rfi.

«Ancora una volta è stata adoperata la logica borbonica dell’armiamoci e partite» spiega Ilario Simonaggio, «Si è voluto fare tanto in breve tempo e senza risorse aggiuntive. L’impianto per il nuovo orario cadenzato doveva essere messo in piedi con una politica tecnica più oculata e rodata meglio».

Un giudizio argomentato dal sindacalista Cgil: «Ci sono scelte di base che non vanno bene. Ad esempio i treni vecchi, tra cui le antiquate littorine in circolazione sulla linea Mantova-Monselice-Padova, andavano messe da parte già nel primo giorno.

I nuovi treni Stadler, fabbricati in Svizzera, hanno seri problemi di captazione dell’energia elettrica lungo quasi tutte le linee ed in particolare tra Monselice e Legnago. E, aspetto gravissimo, hanno pochissimi posti a sedere: sono carrozze prodotte per le metropolitane delle grandi città, dove la gente resta in viaggio dai cinque ai venti minuti. Sono tutti fattori che bisognava considerare con grande attenzione già durante le varie fasi del progetto».

E Simonaggio ricorda anche un altro problema, non di poco conto. «Bisogna lavorare anche molto sulle coincidenze, che, già sulla carta non sono sempre garantite. Neanche nelle grandi stazioni».

(f.pad.)

 

NUOVI ORARI – Pendolari, da Salzano al Veneto Orientale aria di “sollevazione”

A Salzano tanta rabbia alla riunione con i tecnici regionali sul nuovo orario cadenzato dei treni

ARRABBIATI – Alcuni dei partecipanti all’assemblea che si è tenuta ieri nel comune di Salzano. Molto scontento tra i presenti

«L’orario cadenzato è vergognoso, penalizza studenti e lavoratori. Se resta così, ci organizziamo e il prossimo mese non paghiamo l’abbonamento». Quando la studentessa si rivolge con tono perentorio ai dirigenti regionali, scatta l’applauso. L’immagine rende l’idea del clima che si respirava ieri all’assemblea organizzata da amministrazione di Salzano e comitato di pendolari: una sala consiliare ribollente di rabbia con oltre 100 persone ha accolto il dirigente regionale Bruno Carli e l’ingegnere Domenico Menna, uno dei tecnici regionali che hanno seguito la riorganizzazione.

L’assessore comunale Lucio Zamengo ha illustrato i disagi: «I treni diminuiscono, il servizio è stato limitato. Molte corse costringono al cambio a Noale e Mestre, ma la gente arriva tardi a scuola o a lavoro. Salzano non ha le corse Actv per Venezia, qui abbiamo solo treni».

Cosa vuole la gente? «Chiediamo che nell’orario di punta alcuni treni che si fermano a Noale facciano una fermata pure a Salzano» spiega una pendolare, Elena Guida. Molti puntano il dito sulla differenza con Noale: «Abbiamo un servizio dimezzato e paghiamo lo stesso abbonamento».

Menna e Carli si sono appuntati ogni lamentela: «L’orario perfetto non esiste, accontentare i 200mila pendolari veneti è impossibile. Ben vengano però queste proposte, le studieremo» ha dichiarato Carli. «Potremo perfezionare qualcosa – sottolinea Menna – ma per le nuove fermate serve un input politico dalla Regione». Tradotto: la decisione spetta all’assessore Chisso.

A sostenere che «il nuovo sistema non funziona» anche il sindaco di Spinea Silvano Checchin. Nei giorni scorsi è andato in stazione a verificare di persona la situazione, ma gli esiti non sono stati soddisfacenti: «Non è stata data nessuna informazione sull’opportunità di usufruire di un servizio di autobus sostitutivo del vecchio treno delle 7.21 – spiega il Sindaco – i due pullman delle 7.21 in direzione Mestre sono partiti completamente vuoti. I disagi riscontrati si potrebbero evitare se il treno regionale veloce proveniente da Bassano e in transito per Spinea alle 7.12 fermasse anche da noi».

Il Comune di Spinea sta cercando di modificare le abitudini degli spinetensi offrendo un sistema intermodale di trasporti per diminuire il numero di auto. «Ma la stazione di Spinea deve offrire un servizio in linea con le esigenze di mobilità dei cittadini – conclude Checchin – altrimenti questi continueranno a preferire gli spostamenti su gomma».

Damiano Corò e Gabriele Pipia

 

La lunga lotta del sindaco: «Le fermate non si toccano»

Continua incessante l’azione di rimostranza da parte dell’amministrazione comunale di Pederobba nei confronti della Regione e delle Ferrovie per garantire le fermate ferroviarie delle stazioni di Levada e di Pederobba rivendicando il diritto dei cittadini di Pederobba e dell’intera Pedemontana a servirsi del treno nella tratta Padova-Calalzo.

«Il Comune non cederà -ribadisce il sindaco Raffaele Baratto- siamo consapevoli di trovarci ai margini delle grandi arterie viarie e dobbiamo garantire un minimo di servizio a studenti e operai pendolari».

Il vice sindaco, Marco Turato, presente al tavolo di conferenza a Belluno con i sindaci del bellunese e dell’Alto Trevigiano, si è trovato contro le associazioni pendolari che sostengono che le fermate di Levada e di Pederobba risultano superflue e causano solo ritardi.

«Ciò che andrebbe, invece, contestata -sostiene Turato- è la scelta di Trenitalia di risparmiare sul costo del gasolio, perché i tre minuti che vengono persi nelle nostre fermate potrebbero essere recuperati, ma l’accelerazione significa maggior costo».

Intanto la linea Padova-Calalzo resta tra le peggiori del nord Italia: carente di corse, di coincidenze, con vagoni freddi d’inverno e forni d’estate.

 

A proposito di… NUOVI ORARI FERROVIARIO

Più che cadenzato, sembra cadente, carente e scadente il nuovo orario ferroviario. L’ennesima novità peggiorativa partorita da un amministrazione-gestione della ‘cosa pubblica’ che riesce solo ad aggravare la crisi, intervenendo con pezze tampone o “taconi” che sono persino peggiori dello “sbrego”. Guardiamo i treni, rovinarne anche solo l’immagine, equivale ad aprire ulteriormente il gas di scarico dovunque e per tutti, anche in faccia a chi il treno non lo usa. Ostracizzare chi si muove con il treno (air-friendly, tra l’altro!) allungandogli i tempi sprecati e il tragitto-itinere invece di agevolarlo con le coincidenze e aumentandone la frequenza è un crimine. Anche contro il più elementare buonsenso. Che la mobilità serva (persino ai mobili) l’Italia del made in Italy lo sa bene e lo canta fin dai tempi lontani-progressivi di “la donna è mobile”. E che la mobilità sia essenziale – sempre e soprattutto per uscire dalla crisi – non è certo un segreto di Stato e nemmeno uno dei misteri vergognosi di questo Paese. Viceversa è del tutto incomprensibile l’autismo (imperdonabile-impunito) tra chi dirige il trasporto pubblico, e il gradimento dell’utenza. Insomma proprio no, non merita un premio e nessuna ricompensa-riconferma, chi è responsabile di quest’ulteriore riduzione-dimezzamento dei mezzi pubblici, che oramai più che mezzi, possiamo chiamare quarti.

Fabio Morandin – Mestre

 

TRENITALIA, IL NUOVO ORARIO CHE REGALO!

Ho finalmente avuto modo di apprezzare il magnifico dono che Trenitalia ha voluto offrire agli utenti per le prossime festività, il famoso orario cadenzato. Ho scoperto che la tratta Venezia-Calalzo (e viceversa) non esiste più. Ora il malcapitato che desidera raggiungere il Cadore è costretto a sottoporsi a ben due cambi di treno, a Conegliano e a Ponte delle Alpi, con tutto ciò che ne consegue di disagi per anziani, mamme con bimbi al seguito e quant’altro. Riguardo ai tempi di percorrenza ricordo un articolo sul Gazzettino a proposito della tratta Venezia-Calalzo, che negli anni Trenta del secolo scorso veniva percorsa dalle famose “Littorine” in un tempo inferiore a quello attuale, e con più fermate! Oggi la corsa che al mattino partiva alle ore 8,04 da Venezia per arrivare a Calalzo alle 10,47 è stata anticipata di ben 33 minuti per arrivare, con i soliti due cambi, solo alle 10,42: più di mezz’ora perduta solo ad aspettare le famose coincidenze, portando così la durata (teorica) del percorso a ben tre ore e 11 minuti.

Giuseppe De Marchi – Lido di Venezia

Un’altra giornata da dimenticare: continuano i ritardi e le lamentele degli utenti. L’assessore dà colpa al gelo

BELLUNO – Ancora una giornata da dimenticare per i pendolari delle ferrovie. A quattro giorni dall’entrata in vigore del nuovo orario cadenzato, i disagi si riconfermano quelli di prima. Anzi, forse sono aumentati. La via crucis dei pendolari è iniziata presto ieri mattina, con il treno delle 6.35 da Belluno per Treviso e Montebelluna soppresso per un guasto. Imprecazioni non sono mancate da parte degli utenti che hanno visto arrivare il pullman sostitutivo del treno soltanto alle 8. Forse a quell’ora di passeggeri ce ne saranno stati ben pochi, visto che molti hanno preferito arrangiarsi con altri mezzi per raggiungere la meta prevista. Il peggio è andato per chi doveva arrivare in tempo al lavoro o per appuntamenti di studio.

Come se non bastasse una brutta sorpresa è arrivata anche per gli utenti della linea Belluno-Calalzo e viceversa. Il treno delle 9.45 per Calalzo è stato semplicemente soppresso e sostituito da un autobus e la stessa sorte è capitata anche per il treno in discesa da Calalzo delle 13.43. Questo significa ritardi e allungamenti nei tempi di percorrenza.

Ad aumentare la situazione di disagio e di sofferenza degli utenti e le loro proteste contro il servizio ferroviario e contro l’orario cadenzato, anche i ritardi in partenza da Belluno e da Padova: ieri il treno delle 13.25 in partenza da Padova e diretto a Belluno alle 14 segnava già 30 minuti di ritardo e lo stesso ritardo è stato rilevato per il treno della tarda mattinata sempre dalla città del Santo.

Di fronte a questa situazione ieri l’assessore regionale Renato Chisso è intervenuto in Commissione trasporti precisando che «i forti ritardi di lunedì scorso sulle percorrenze e i disagi per i passeggeri sono stati causati non dall’introduzione dell’orario cadenzato, ma dal gelo che ha causato cadute di tensione lungo le linee elettriche e in congelamento ieri, in particolare in provincia di Belluno, del gasolio delle motrici, malgrado queste siano rimaste accese tutta la notte. Problemi che si sono verificati nello tesso periodo anche l’anno scorso». E poi parlando dell’orario cadenzato l’assessore Chisso ha sottolineato come «i problemi si stanno gradualmente risolvendo e per il loro monitoraggio sono attivi tre osservatori, uno dell’assessorato, uno di Trenitalia e uno, tramite il numero verde, degli utenti, per segnalare ogni tipo di inconveniente». Anche per Enrico Caberlotto, portavoce de l Gruppo Treni Belluno diventa «difficilmente giustificabile il ritardo in partenza da Belluno per treni che hanno origine nel capoluogo montano. Forse c’è qualcosa che non quadra». E poi sottolinea il fatto che «le criticità del sovraffollamento si sarebbero potuto evitare visto che avevamo già segnalato in incontri precedenti con la Regione quali erano i treni più a rischio e ci saremmo aspettati che avrebbero aumentato le carrozze, ma non è stato così. Servono, in questo senso, dei correttivi».

Paola Dall’Anese

 

in arrivo la batosta

A gennaio previsto l’aumento del biglietto

Non faranno i salti di gioia i pendolari bellunesi delle ferrovie. Dal primo gennaio, a completare il quadro di un servizio tutt’altro che di qualità, arriverà l’aumento del biglietto ferroviario. L’anno scorso di aumenti ce n’erano stati più dei soliti due canonici (uno all’inizio dell’anno e l’altro a metà). Ma a fronte di quanto è avvenuto in quest’anno con ritardi, soppressioni quasi quotidiane dei treni soprattutto per la parte alta della provincia, un aumento suonerà come una presa in giro.

 

Corriere del Veneto – Scaricabarile sui binari veneti

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18

dic

2013

L’EDITORIALE

La rivoluzione e le criticità

Bisogna dare atto a Renato Chisso di avere coraggio. Con l’orario cadenzato, l’assessore ai Trasporti ha lanciato un’idea fortemente innovativa: treni con partenze fisse di ora in ora, possibilità di prendere coincidenze come su una metropolitana, integrazione (o almeno un primo tentativo) fra trasporto su rotaia e su gomma. Peccato che la rivoluzione abbia ben poche possibilità di decollare. E, al di là del flop degli esordi, rischi di non migliorare affatto, semmai di peggiorare, gli spostamenti dei 161.600 pendolari (più 6,3 per cento nel 2013) che ogni giorno si muovono sui 1.190 chilometri della rete ferroviaria regionale. Il motivo? Semplice. Per aumentare la qualità del servizio non bastano le idee. Servono materiali moderni, investimenti, quattrini sonanti. L’esatto contrario di quanto avviene: dal 2009 a oggi, a livello nazionale, i passeggeri sono cresciuti del 17 per cento, mentre le risorse per il trasporto locale si sono ridotte del 25. Trenitalia e regioni (compreso il Veneto) si guardano in cagnesco e si rimpallano le responsabilità di una situazione da terzo mondo, o quasi.

Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, va molto fiero dei 42 milioni di viaggiatori sulle varie frecce ad alta velocità, sbandiera i 380 e passa milioni di utile e i margini operativi percentualmente superiori a quelli della Deutsche Bahn. Quanto al tasto dolente dei pendolari, promette (sempre) nuovi treni e comunque vede forti passi avanti. Sarà. Ma i pantografi che vanno in tilt al primo freddo nemmeno Vigonza si trovasse in Siberia? Le batterie scariche che non consentono di avviare i locomotori? Le coincidenze che si trasformano in miraggi? E che dire delle tratte come la Padova-Calalzo, dove i tempi di percorrenza sono fermi, se non superiori, a 50 anni fa? Moretti, minimo, dovrebbe fare come Innocenzo Cipolletta, che quando era presidente delle Fs se ne uscì con scuse ufficiali: «Mi fa male al cuore offrire un servizio non adeguato ai cittadini». Invece, di fronte alle organizzazioni dei pendolari e ai sindaci imbufaliti, il numero uno dell’azienda continua a gettare tutte le colpe sulle regioni, ree di tirare sul prezzo all’atto della stipula del contratto di servizio, la cornice che regolamenta linee, frequenza dei convogli, numero di carrozze e così via.

Brutto scaricabarile. Però è vero anche questo. Secondo il rapporto Pendolaria 2013, curato da Legambiente e appena pubblicato, il Veneto stanzia per il servizio ferroviario lo 0,31 per cento del bilancio regionale, quattro volte meno della Lombardia e sei volte e mezzo meno della provincia di Bolzano. Non finisce qui: nell’ultimo decennio, il Veneto ha destinato il 92,46 per cento del totale degli investimenti in infrastrutture alla realizzazione di strade e autostrade, mentre alle rotaie è andato un misero 7,54 per cento, in concreto sono 932 milioni contro 76. Chiaro che è necessario un salto di qualità. Politico, progettuale, finanziario. Altro che annunci ad effetto, come il famoso progetto Sfmr (Sistema ferroviario metropolitano regionale), di cui si favoleggia da una ventina d’anni. In fondo, se un giorno d’inverno un viaggiatore sale su un treno vorrebbe semplicemente arrivare in orario.

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Terpin: «Manifestate le nostre esigenze, si trovi un accordo anche le camere di commercio sono a rischio se dicono di sì»

VENEZIA – La riduzione dell’importo dell’aumento di capitale da 17 a 10 milioni di euro e l’allungamento dei tempi per il pagamento della prima tranche non sembrano essere condizioni sufficienti. E così, dopo la prima bocciatura nell’assemblea dei soci dello scorso 11 dicembre, sul rafforzamento patrimoniale di Serenissima, ex concessionaria dell’autostrada Venezia-Padova, l’orizzonte continua a restare buio.

«In Serenissima sanno molto bene quali sono i nostri impegni per la realizzazione della Terza corsia» ha detto ieri il presidente di Autovie Venete, Emilio Terpin «e sono anche al corrente del fatto che per quest’opera abbiamo siglato un contratto con Cassa depositi e presti per 150 milioni. Un aumento di capitale con queste modalità ci penalizza e, rimanendo questo lo schema, il nostro voto sarà un no».

Terpin non chiude definitivamente la porta. «Abbiamo espresso in modo chiaro la nostra posizione e confidiamo che si possa trovare una forma di accordo» sottolinea il presidente di Autovie Venete. «Non possiamo impegnare risorse su progetti che non siano legati alla Terza corsia. Con un aumento di capitale così strutturato la nostra partecipazione del 22,3% si diluirebbe e il valore della quota deprezzato. Sotto il 20%, per altro, non sarebbe possibile promuovere azioni di tutela soci. Dire no è un atto dovuto, anche a fronte di un’assenza al momento del voto i soci di Autovie potrebbero, a buon diritto, promuovere un’azione di responsabilità».

Il quadro, in vista della seconda assemblea di Serenissima del 23 dicembre prossimo, rimane complicato. «Noi» ribadisce Terpin «abbiamo manifestato le nostre esigenze, so che in Serenissima ci sono persone ragionevoli. In questo momento senza un accordo siamo costretti a votare contro. Il problema, per altro, non riguarda solamente noi».

Terpin si riferisce alle Camere di commercio di Padova e Venezia che hanno, rispettivamente, l’11,87% e l’11,95% di Serenissima. «Noi richiamo l’azione di responsabilità» aggiunge, «ma loro sono soggetti pubblici puri e anche non partecipando alla votazione rischiano un’azione per danno erariale».

A una settimana dalla prima bocciatura dell’operazione i dubbi non sono, quindi, affatto fugati. Oltre al no di Autovie, in quella occasione c’è stato il voto contrario della Camera di commercio di Venezia e l’astensione del porto di Venezia, presente nell’azionariato con Apv investimenti (5,13%). La Camera di commercio di Padova, invece, ha preferito non presentarsi in assemblea.

Il blocco ha fatto saltare l’aumento e la situazione rischia di ripetersi. Per la società controllata dal gruppo Mantovani con il 25% – direttamente attraverso la Ing. Mantovani (17,45%) e tramite Serenissima Holding (7,61%) – ci sono, per altro, stringenti esigenze di cassa necessarie per fare fronte all’ordinaria operatività del prossimo trimestre.

Sulla strategicità della partecipazione, Terpin chiarisce che «Autovie dipende dal ministero delle Infrastrutture (la concessione di Autovie scade nel 2017, ndr) e chissà quale sarà il futuro della società. La partecipazione in Serenissima potrebbe diventare di grande interesse».

Proprio per questo la cessione della quota, sempre qualora si trovasse un acquirente, non pare un argomento all’ordine del giorno. «Solo un anno e mezzo fa la società ha distribuito 40 milioni di euro ai soci. Esistono altre forme di aumento da considerare».

La matassa è ingarbugliata, e forse solo con nuovi soci pronti a entrare l’ex concessionaria potrebbe riuscire a trovare il bandolo.

Matteo Marian

 

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