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ALBETTONE (VICENZA) – Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha chiesto all’Europa di autorizzare una proroga di due anni alla concessione di Autostrada Brescia-Padova. Attilio Schneck, presidente di A4 Holding (che controlla il 100% della Brescia-Padova) e Flavio Tosi, numero uno della concessionaria, ci contano. Tanto che ieri, durante l’inaugurazione del nuovo tratto di 7,9 chilometri della Valdastico Sud (dal casello di Montegaldella-Longare a quello di Albettone-Barbarano) l’ipotesi del prolungamento dei termini per presentare la progettazione definitiva della Valdastico Nord è stata definita «abbastanza concreta». Come noto, la concessione della Brescia-Padova prevede il prolungamento della stessa dal 2013 al 2026 solo a fronte della presentazione della progettazione definitiva del prolungamento a Nord della A31 entro fine mese. Impossibile che questo accada, vista l’opposizione al progetto della Provincia di Trento. Nonostante l’ok incassato in sede Cipe per il solo tratto veneto serve, quindi, l’intervento di Bruxelles. Perché le concessioni autostradali che vanno a scadenza, come ampiamente già emerso nel caso della Autobrennero, devono essere oggetto di una gara europea. Il ministro Lupi, dopo il confronto con i rappresentanti dei due territori interessati (Veneto e Trentino) e con il concessionario, ha definito un percorso “in deroga” a tale principio sul quale, però, serve il via libera della Ue. «Il fatto che ci sia l’ipotesi di una proroga della concessione» ha detto Tosi, «significa che ci sono le condizioni per arrivarci. E la proroga va secondo me letta in questo senso: Trento va al voto in ottobre e quindi è serio da parte di chi oggi amministra, e in effetti seri lo sono nella Provincia trentina, non prendere decisioni vincolanti visto che sono in scadenza elettorale». La proroga, ha aggiunto Tosi, «dà la possibilità seria di trovare con Trento un accordo politico». Il ministro Lupi, ha confermato il sindaco di Verona, sta perorando la causa della Brescia-Padova a Bruxelles. «Questa si chiama Valdastico Sud» ha ribadito invece Schneck «perché c’è una tratta Nord da realizzare. L’intenzione del ministro Lupi è chiara e credo che su questa partita, a breve, ci saranno esiti positivi». Trento sta guardare, il governo preme e Brescia-Padova ci conta. Senza la proroga biennale, infatti, la società avrebbe solo sei mesi di tempo per ridiscutere la concessione con Roma. Ipotesi che pare spaventare lo stesso governo visto che tempi brevi di concessione significano aumenti molto salati dei pedaggi in pochi anni per permettere al concessionario di rientrare degli investimenti. La proroga della concessione, quindi, potrebbe non essere solo una soluzione ad hoc per la società veneta. Nel frattempo qualche novità potrebbe arrivare anche sul fronte del cosiddetto polo autostradale del Nord. «È una prospettiva fondamentale per il Nord e per il suo sistema. L’interesse delle concessionarie c’è e il ministro ha le caratteristiche adatte per coordinare questa partita» ha concluso Tosi. Una holding unica risolverebbe i problemi di bancabilità delle nuove opere e per questo Lupi vuole accelerare.

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TREVISO. La superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta finisce davanti alla Corte costituzionale, per dirimere una volta per tutte lo scontro che si è già registrato in almeno due occasioni tra i giudici del Tar del Lazio e il Consiglio di Stato. Motivo dello scontro: l’esistenza o meno dell’emergenza traffico a Vicenza e Treviso in base a cui, nel 2009, fu deciso di nominare un commissario straordinario. È quanto ha deciso proprio il tribunale amministrativo laziale, che ha depositato un’ordinanza per il ricorso presentato questa volta da Francesco e Paolo Fanna, proprietari a Villorba (Treviso) del complesso monumentale di villa Venturali. Secondo i Fanna il tracciato in trincea della Pedemontana danneggia l’area vincolata.

Matteo Marian

 

 

PAESE – La Provincia rinvia ancora la decisione sulla discarica Terra. Martedì la commissione ambiente del Sant’Artemio avrebbe dovuto votare sul progetto presentato da Mosole per portare 460 mila metri cubi di amianto nella discarica a cavallo tra Porcellengo e Castagnole, ma è stato deciso di fare prima un sopralluogo. I membri della commissione il 10 luglio visiteranno il luogo deputato ad ospitare l’amianto, e solo in una riunione successiva si esprimeranno sul progetto. «Si doveva votare», ha detto il consigliere di Sel Luigi Amendola, «i cittadini sono preoccupati e la Provincia da oltre due mesi li tiene con il fiato sospeso, sembra una tecnica per prendere tempo». D’altra parte che al Sant’Artemio si sia optato per l’ambiguità sul tema è ormai evidente, anche il presidente Muraro non ha mai voluto dire la sua apertamente sul progetto di Mosole, osteggiato da una petizione con oltre 7 mila firme. Intanto ieri le discariche di Paese sono tornate all’attenzione della Commissione Europea. L’eurodeputato Andrea Zanoni aveva denunciato a Bruxelles la discarica dismessa Sev a Padernello.

«La Commissione non è informata sulla discarica in Via Veccelli. Questo è il motivo per cui non rientra nella procedura di infrazione n. 2003/2077, riguardante numerose discariche abusive in tutta Italia. La Commissione Europea chiederà quindi al Governo italiano di fornire informazioni sulla discarica in modo da assicurare l’osservanza del diritto UE applicabile».

È la risposta del Commissario Ue all’Ambiente Janez Potocnik all’interrogazione presentata da Andrea Zanoni. (f.cip.)

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ASOLO. Slitta l’adozione del nuovo piano di assetto del territorio (Pat).

Prima vittoria delle minoranze e dei cittadini contro la colata di cemento prevista dalla giunta Baldisser.

Il vicesindaco Federico Dussin di fronte all’interrogazione dei gruppi di opposizione ha dovuto ammettere che la mancanza di una regolare partecipazione per la realizzazione del pat da parte dell’urbanista Franco Mancuso rende invalido il nuovo piano di assetto del territorio.

La giunta per il momento è costretta a fa un altro passo indietro. Con una lettera inviata al sindaco Baldisser il professionista aveva chiarito di essere estraneo alla redazione del pat e aveva minacciato querele per non aver mai autorizzato l’uso del suo nome che invece figurava in tutti i documenti e nelle tavole del pat.

Ora la giunta sta cercando di risolvere questo ennesimo pasticcio e l’assessore Dussin ha dichiarato di essere impegnato «in una ricomposizione del dissidio emerso».

Per le opposizione e i gruppi di cittadini, che si sono attivati immediatamente per fermare le previsioni del piano di assetto, questa però è solo una prima vittoria.

«Il piano di assetto del territorio dovrà ripartire con nuove modalità che tengano conto della valenza urbanistica di Asolo, che facciano tesoro di questa sfortunata esperienza, ma anche della larga mobilitazione internazionale scattata, in uno spirito di larga partecipazione e coinvolgimento che, in questo caso, è completamente mancato»,

dichiarano le minoranze,

«Il vicesindaco Dussin ha detto che il curriculum professionale di Mancuso è stato determinante nell’assegnazione dell’incarico ai professionisti Tepco-Proteco. Senza una ricomposizione con Mancuso non potrà essere adottato il piano e il Comune si riserva di agire per vie legali nei confronti dei professionisti incaricati che hanno millantato il contributo di Mancuso impropriamente».

Soddisfazione anche da parte del comitato Asolo Viva:

«Si è evitato uno scempio e di tale circostanza se ne devono compiacere tutti quei cittadini che insieme al Comitato si sono prodigati per sensibilizzare l’opinione pubblica».

Vera Manolli

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Sono partiti alle 9 del mattino da piazza dei Signori per dire no al traforo della Valsugana. Arrivati a Castagnole a loro si sono aggiunti altri ciclisti, e così a Montebelluna, Asolo fino a San Zenone. Quando sono arrivati a Romano d’Ezzelino i ciclisti del comitato che si batte per salvaguardare il massiccio del Grappa erano una trentina ed hanno trovato ad attenderli tutti gli altri partecipanti alla pacifica manifestazione di protesta fatta di giochi, cibo, aria aperta e animali. «È stata dura per il grande caldo» racconta Michele Zoccarato, «ma ci siamo diverti. È stata una biciclettata e una manifestazione colorata e divertente per una causa giusta che coinvolge molte persone».

 

La Regione frena i sindaci: «Possibili varianti dopo l’avvio dell’iter»

QUINTO «Non c’è ancora nessun progetto presentato per l’elettrodotto»: la Regione risponde ai sindaci che stanno chiedendo l’intervento dell’ente veneziano sul piano da 380 mila volt di Terna.

«Il progetto non è ancora stato presentato ufficialmente al Ministero dello Sviluppo economico. Ciò dovrebbe essere fatto entro l’anno», spiegano dalla Regione in una nota, «è durante la fase di approvazione del progetto che possono essere avanzate proposte alternative come quella dell’interramento della linea, sollecitata da alcuni sindaci dei Comuni interessati, purché risultino percorribili sotto tutti i profili. Il progetto non ha ancora iniziato l’iter. Non mancheranno le sedi tecniche e istituzionali in cui valutare le varie opzioni».

Intanto in questi giorni proseguono le approvazioni da parte dei consigli comunali degli otto Comuni interessati dal tracciato (sei trevigiani e due veneziani) di un ordine del giorno congiunto per chiedere tra l’altro che la Regione si esprima sulla richiesta di Terna di realizzare la nuova linea. In più occasioni i primi cittadini hanno interpellato la Regione sull’effettiva necessità dei tralicci della nuova linea. Intanto tra il gestore della rete elettrica e i Comuni la battaglia si inasprisce ogni giorno di più, nonostante la Regione Veneto ricordi che sul tema, con sindaci, Provincia e Parco del Sile, sono stati svolti quasi cento incontri a partire dal 2006.

(ru.b.)

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Tribuna di Treviso – Asolo. Italia Nostra

Posted by Opzione Zero in Rassegna stampa | 0 Comments

8

giu

2013

ASOLO. Anche il consiglio regionale veneto di Italia Nostra si schiera contro il nuovo piano di assetto del territorio proposto dalla giunta Baldisser appoggiando l’azione intrapresa dalla sezione di Asolo.

«In particolare per quanto riguarda la scelta dell’ampliamento della zona industriale», spiega la presidente Maria Letizia Panajotti, «questo piano comporterà purtroppo un ulteriore devastante consumo del suolo a fronte della totale assenza di una qualsiasi proposta per la riqualificazione e il riutilizzo dei numerosi capannoni dismessi, senza fare per nulla attenzione alla conservazione e al restauro dell’edilizia rurale tradizionale».

(v.m.)

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AUTORIZZAZIONE DELLA PROCURA DI VENEZIA

VENEZIA – È giallo sull’autorizzazione della Procura di Venezia a riprendere l’attività alla «Mestrinaro spa» di via Bertoneria a Zero Branco. Si tratta dell’impianto sotto sequestro che ha messo nei guai per traffico illecito di rifiuti pericolosi i titolari, Lino e Sandro Mario Mestrinaro, il loro dipendente Italo Bastianella e gli imprenditori Loris Guidolin, di Castelfranco titolare di «Adriatica Strade Costruzioni generali», e Maurizio Girolami, veneziano titolare di «Intesa 3». Nella mattinata di ieri, i pubblici ministeri di Venezia Giorgio Gava e Roberto Terzo hanno firmato il provvedimento, il quale prevedeva che alla «Mestrinaro spa» potesse riprendere ad una condizione: i rifiuti in entrata non avrebbero dovuto essere inquinanti, in modo da impedire che qualsiasi cosa accadesse all’interno, quando sarebbero usciti non avrebbero comunque inquinato. Secondo le accuse mosse dai due pubblici ministeri veneziani, sulla base di due anni di indagini dei carabinieri del Noe, i Mestrinaro avrebbero impiegato un vecchio, reiterato, lucrosissimo maneggio: invece di trattare (a caro prezzo, 45 euro a tonnellata) i rifiuti inquinati che le aziende edili gli conferivano per renderli inerti, li miscelavano tali e quali a calce e cemento, per poi venderli a 39 euro a tonnellata a questo o quel cantiere edile, dove finivano a far da base (inquinata) a questa o quell’opera. Il tutto moltiplicato per decine di migliaia di tonnellate e centinaia di migliaia di euro, così, illecitamente guadagnati. Grandi quantità di Rilcem – con questo nome l’impresa vendeva sul mercato il suo misto cementato per sottofondi stradali – per grandi cantieri: 4145 tonnellate di Rilcem contaminato sono state utilizzate per realizzare il parcheggio dell’aeroporto Marco Polo di Venezia; 34.157 tonnellate sono finite nel tratto della nuova terza corsia dell’A4, all’altezza del casello di Roncade di Treviso. L’indagine è chiusa e i rappresentanti dell’accusa si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio degli indagati dopo aver depositato gli atti, ma di fronte alla richiesta dei Mestrinaro di poter riaprire l’azienda hanno risposto positivamente ponendo quella prescrizione. Però, il 15 maggio scorso, alla società di Zero Branco era stato notificato un provvedimento della Provincia di Treviso con il quale si revocava loro l’autorizzazione a ricevere qualsiasi tipo di rifiuto. Avevano dunque già in mano l’ordinanza della Provincia ed hanno comunque chiesto alla Procura il via libera. Quando, nel pomeriggio di ieri, i pm Gava e Terzo sono venuti a conoscenza del provvedimento, hanno immediatamente corretto quello che avevano emanato nel mattino, scrivendo che i Mestrinaro possono trattare solo i rifiuti che sono all’interno dell’azienda e che sono stati bloccati con il sequestro. Prima o poi, comunque, arriverà loro anche la richiesta dei comuni di Zero Branco, Venezia e Roncade per bonificare le aree che hanno inquinato (Zero Branco, parcheggio del «Marco Polo» e terza corsia a Roncade). I soldi per farlo, infatti, dovranno sborsarli proprio loro.

Giorgio Cecchetti

 

«Unindustria dirotti l’investimento in un impianto di recupero»

SILEA «I soldi dell’inceneritore? Unindustria li dirotti su un impianto per il recupero di materia». L’appello arriva da Lucia Tamai, dei Comitati riuniti rifiuti zero. Pochi giorni fa il gruppo ha consegnato alla Regione le osservazioni al piano regionale per la gestione dei rifiuti speciali, ovvero il documento che ha contribuito a bloccare la realizzazione dei due inceneritori in provincia di Treviso. Nessun progetto avrebbe potuto essere approvato in assenza del piano. Ora quest’ultimo è in via di approvazione, ma l’interesse economico per i due impianti è venuto meno. «Unindustria», prosegue Lucia Tamai, «ha sempre detto di voler realizzare gli inceneritori anche per fare un servizio alla comunità. Senza alcuna polemica, voglio quindi invitarli a non perdere questa propensione e a fare qualcosa per la comunità con altri tipi di impianti». I Comitati riuniti guardano a tre categorie principali: il recupero dei pneumatici, «che oggi vengono bruciati nei cementifici»; impianti come quello in fase di progettazione da Fater spa e dal Comune di Ponte nelle Alpi, per il recupero di cellulosa, plastica e rifiuto organico; infine la possibilità di recuperare del materiale plastico delle utenze domestiche non gestito dal Conai (come scolapasta, appendiabiti, parti plastiche di giochi ) «attraverso la produzione di materie prime seconde come avviene da anni al Centro di Riciclo di Vedelago dove viene prodotta sabbia sintetica». Nel piano regionale non è comunque ancora esclusa la possibilità dell’incenerimento dei rifiuti, seppur venga ritenuta secondaria rispetto al recupero e al riciclo.

(f.c. )

 

 

ZERO BRANCO – I pubblici ministeri Giorgio Gava e Roberto Terzo hanno chiuso le indagini e si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio per traffico clandestino di rifiuti pericolosi di Lino e Sandro Mario Mestrinaro, Italo Bastianella, Loris Guidolin e Maurizio Girolami.

Gli imprenditori Lino e Sandro Mario Mestrinaro non hanno inventato nulla, ma nella loro azienda di Zero Branco – secondo le accuse che gli muovono i due pubblici ministeri veneziani, sulla base di due anni di indagini dei carabinieri del Noe – hanno impiegato un vecchio, reiterato, lucrosissimo maneggio: invece di trattare (a caro prezzo, 45 euro a tonnellata) i rifiuti inquinati che le aziende edili gli conferivano per renderli inerti, li miscelavano tali e quali a calce e cemento, per poi venderli a 39 euro a tonnellata a questo o quel cantiere edile, dove finivano a far da base (inquinata) a questa o quell’opera. Il tutto moltiplicato per decine di migliaia di tonnellate e centinaia di migliaia di euro, così, illecitamente guadagnati.

Grandi quantità di Rilcem – con questo nome l’impresa vendeva sul mercato il suo misto cementato per sottofondi stradali – per grandi cantieri: 4145 tonnellate di Rilcem contaminato sono state utilizzate per realizzare il parcheggio dell’aeroporto Marco Polo di Venezia; 34.157 tonnellate sono finite nel tratto della nuova terza corsia dell’A4, all’altezza del casello di Roncade di Treviso, nel cantiere gestito da «La Quado scarl». Qui sono stati trovati quantitativi di arsenico, cobalto, nichel, cromo, Cod, rame fino a cento volte i limiti tollerati dalla legge. L’attività della «Mestrinaro Spa» è stata interrotta dal sequestro preventivo, confermato dal Tribunale del riesame di Venezia, di 12 mila metri quadrati dell’impianto, con capannoni e attrezzature e 4 mila metri cubi di rifiuti. Un provvedimento firmato dal giudice per le indagini preliminari Antonio Liguori, per il quale le prove raccolte da carabinieri e Procura nel corso dell’indagine – soprannominata “Appalto scontato” – dimostrano che

«la Mestrinaro Spa tra il 2010 e il 2012 non solo non ha recuperato e/o trasformato in inerti i rifiuti trattati, ma ha immesso nell’ambiente ingenti quantità di rifiuti, cagionando contaminazione degli ambiti di destinazione, traendone profitto illecito».

Da qui l’accusa di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”, prevista dall’articolo 260 del decreto 152/2006. I due pm probabilmente chiederanno il giudizio anche per i due imprenditori i cui rifiuti erano arrivati all’impianto Mestrinaro: il veneziano Maurizio Girolami dell’«Intesa 3» e Loris Guidolin (di Castelfranco) dell’«Adriatica Strade costruzioni generali», oltre a Italo Battistella, operaio specializzato della stessa Mestrinaro.

Giorgio Cecchetti

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Ascom durissimo: è inutile, dove sono i proclami di Zaia sul «cemento zero»?

Muraro apre: favorisce l’occupazione

Confcommercio è già sulle barricate, Muraro apre al colosso del mobile, ma mette un freno alle restanti attività del centro commerciale.

La nuova domanda di Ikea per l’insediamento a Casale sul Sile – fra i 420 e i 430 mila metri quadri di superficie, di cui 60 mila destinati al megastore dell’arredamento – rilancia le polemiche e torna a delineare gli schieramenti.

Guido Pomini, presidente provinciale di Ascom – Confcommercio, ribadisce il suo no:

«Non entro nel merito delle scelte Ikea, non so quali aree e quali parametri abbia utilizzato per la scelta, ma dico no all’insediamento per almeno tre motivi fondamentali: il polo commerciale va contro il Ptcp sancisce l’utilizzo di aree dismesse per i nuovi insediamenti, e oggi la politica non deve ammettere deroghe a questo principio. Poi perché lo store sarà inserito in un centro commerciale di marchi internazionali, che andrà in concorrenza con altri 27 colossi commerciali che già gravitano sulla Marca. E il terzo, perché anche volendo lasciar perdere gli incalcolabili danni ambientali, viabilistici, di traffico e di inquinamento, i risvolti sociali e le perdite occupazionali nelle imprese esistenti, comunque devastanti, l’insediamento non risponde ad alcuna esigenza di spesa delle famiglie o domanda di mercato, che registra da 4 anni cali di consumi progressivi, costanti, ultimamente molto preoccupanti».

Ascom rilancia con forza il progetto cubatura zero, tavolo delle associazioni di categoria, cui invita, il 6 giugno, anche Unindustria, sinora alla finestra. Pietro Tedesco, direttore di Ascom, ricorda come

«lo stesso Zaia abbia più volte annunciato una legge per fermare la cementificazione» e si dice sorpreso che «il vicepresidente regionale starebbe invece lavorando per inserire nel Ptrc norme che la incrementano e la favoriscono».

Tedesco puntualizza:

«Non intendiamo frenare lo sviluppo ma è indiscutibile che siamo di fronte a moltissime aree dismesse, centri commerciali che perdono terreno nelle vendite, centri storici che si svuotano, ed enormi problemi idrogeologici. Se la politica non è capace di programmare seriamente, allora vadano a casa. Che bisogno c’è di nuova cementificazione? Sorgono capannoni che poi rimangono vuoti e lasciati al degrado, con enormi costi di riqualificazione», continua Tedesco, «Carrefour ha annunciato che dismetterà in Italia 18 punti vendita. Le ricette sono due: cemento zero e crediti edilizi per la riqualificazione. Chiediamo coerenza alla Provincia: il Ptcp in quella zona non ha destinazione commerciale, e andrebbe modificato per ospitare Ikea. Ma si è sempre detto che non ci dovranno essere deroghe, ora non si torni indietro».

Da Sant’Artemio, il presidente Leonardo Muraro ribadisce però di non essere contrario. Ma c’è un «ma»: «Il Comune di Casale ha dato l’ok, credo che su Ikea si possa ragionare, anche per le ricadute occupazionali a favore del territorio, mentre bisogna ridiscutere il resto del centro commerciale, che forse non serve».

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