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 Prima versione di Veneto City

Seconda e ultima versione di Veneto City

Una speculazione ben congeniata

Operazioni come Veneto City partono da lontano. Gli speculatori immobiliari, ancor prima della progettazione del Passante, avevano già acquisito molti terreni agricoli a prezzi vantaggiosi in seguito convertiti dai Comuni ad altra destinazione d’uso. In questo modo ingenti somme sono state investite in un affare che non poteva non andare a buon fine perché garantito dagli amministratori degli Enti locali con i quali l’operazione è stata concordata. Chi, in tutti questi mesi e anni, dal governatore Giancarlo Galan ai sindaci di Dolo, Pianiga e Mirano, passando dall’ex presidente della
Provincia Davide Zoggia per finire alla giunta Zaccariotto, ha pubblicamente e ripetutamente garantito che su Veneto City “non esiste alcun progetto preciso”, e che “tutto verrà deciso esclusivamente in base al bene e alle esigenze della collettività”, ha, parallelamente, sollecitato la buona riuscita dell’operazione.

Cos’e’ Veneto City?

Sulla carta, gli oltre 2 milioni di metri cubi di cemento e vetro potrebbero diventare qualsiasi cosa, le ipotesi avanzate includono, sede degli uffici regionali, un ospedale unico, il polo universitario, polo fieristico, centro ricerche. Di fatto Veneto City è una enorme operazione immobiliare che cancellerà decine di ettari di campagna veneta con la costruzione di un’intera città direzionale – commerciale di cui, però, nessuno ha ancora chiari i contenuti. L’importante, sembra, è iniziare a costruire. Un altro “non-luogo” che stravolgerà definitivamente l’identità dei nostri paesi inglobandoli in una grande e informe periferia.

Consumo di suolo: una spirale perversa

Veneto City è un ottimo esempio per spiegare come si innesca la spirale perversa del consumo di suolo: Fase 1: si costruiscono nuove arterie autostradali (es. il Passante) che inglobano territori agricoli; Fase 2: società immobiliari
e latifondisti acquistano i terreni attraversati dalla nuova infrastruttura a prezzi molto bassi (es. Veneto City spa); Fase 3: i terreni da agricoli diventano edificabili con varianti urbanistiche o accordi di programma; in questo modo il loro valore si moltiplica improvvisamente di decine di volte; Fase 4: vengono costruiti nuovi centri commerciali, direzionali, produttivi (es. Veneto City); Fase 5: i nuovi insediamenti attraggono nuovo traffico e come soluzione vengono realizzate
altre strade che attraversano altre zone agricole (es Romea Commerciale) e via di nuovo.

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Tutta la nuova pianificazione tra Mestre e Padova—al centro VC

 

IL PROGETTO

Collocazione:  Zona di Roncoduro. Area compresa tra i comuni di Dolo, Pianiga e Mirano

Superficie totale interessata (comprese strade): 1.600.000 mq di superficie

Superficie area d’intervento: 1.290.000 mq (prima fase 718.000 mq)

Infrastrutture complementari: Nuovo casello A4 di Albarea, nuova stazione FS, viabilità di accesso

Infrastrutture correlate: Romea Commerciale, Camionabile, Tangenziali BS-PD, bretella TAV per Vigonza

Traffico giornaliero attratto: Almeno 70.000 veicoli/giorno in più

Valore dell’operazione: Circa 2 miliardi di euro

Proponenti: Luigi Endrizzi (costruttore che ha realizzato l’IKEA di Padova), Giuseppe Stefanel (imprenditore trevigiano del settore moda), Fabio Biasuzzi (escavazioni), Olindo Andrighetti (importatore di legname), Giancarlo Selci (macchine lavorazione legno).

 

——————————  VERSIONE ESTESA ——————————

 

CHE “COSA” E’ VENETO CITY?

Una decina d’anni dopo la costituzione della società Veneto City spa, il grande sogno di Luigi Endrizzi (ingegnere padovano già artefice dell’operazione IKEA- Padova Est), si sta concretizzando. La firma della bozza di accordo di programma tra Regione, Provincia, amministrazioni di Dolo e Pianiga e la società Veneto City spa [di cui Endrizzi è presidente, mentre Rinaldo Panzarini, già direttore della Cassa di Risparmio del Veneto, ne è l’amministratore delegato], chiude i tre giorni di fine giugno che hanno arroventato l’aria già afosa della Riviera. Lunedì 27 un’assemblea pubblica a Dolo in cui i CAT, di fronte a oltre 400 persone hanno smascherato la vera natura di Veneto City; martedì 28 i consigli comunali di Dolo e Pianiga, per dare il mandato ai Sindaci per sottoscrivere la bozza di accordo di programma; mercoledì 29 per la sua firma presso la sede di Veneto Strade. Diviso in due fasi, la prima, che copre i prossimi dieci anni, prevede la realizzazione di 500mila mq di superficie suddivisi secondo varie funzioni su di un’area territoriale di 715.000 metri quadri. Valore stimato dell’operazione, circa 2 miliardi di euro; alle amministrazioni interessate andranno i contributi di costruzione – stima sui 50 milioni – e i futuri proventi dell’ICI, ripartiti all’80 per cento per il comune di Dolo e il 20 per cento per quello di Pianiga. L’area in questione è agricola ma comunque destinata, come ricorda Endrizzi, dalla pianificazione esistente a divenire industriale, e per questo la proposta di Veneto City viene motivata come una valida alternativa ai capannoni. Dopo le osservazioni e le controdeduzioni, l’iter prosegue con la ratifica da parte degli enti sottoscrittori, e si conclude con un decreto del Presidente della Regione; da questo momento l’accordo diventa variante urbanistica a tutti gli effetti e scatta la fase attuativa con la redazione dei PUA (Piani Urbanistici Attuativi). Se questa prima fase riguarda un’area agricola, la seconda fase concerne l’attuale area industriale del comune di Pianiga, che secondo il progetto dovrebbe trasformarsi in 400mila mq ad uso terziario. Sottolineato che la Regione, pur connotando Veneto City di rilevanza strategica nello sviluppo regionale, ha bocciato l’idea del polo fieristico nell’area, contenuto nella proposta iniziale, la versione verde di Mario Cucinella e Andreas Kipar, presentata lo scorso inverno, non cambia poi molto la sostanza delle cose. Si prosegue nella logica del consumo del territorio; e la cornice nella quale viene presentata la Veneto Green City (un vero e proprio modello attraverso il quale si vorrebbe cementificare l’intera striscia che si estende da Padova a Venezia compresa tra l’autostrada A4 e la ferrovia per una lunghezza di 28,5 km e 800 m di larghezza) non contribuisce a rasserenare gli animi. Perché nonostante le parole, nessuno si fida più: il parere negativo della Commissione di Salvaguardia a Veneto City è stato cancellato dal presidente della Regione, e la commissione regionale VAS ha escluso che il progetto di Veneto City debba essere sottoposto alla valutazione. E già ci si chiede se arriverà prima il groviglio stradale della connessione con la nuova Romea commerciale, proprio in corrispondenza dello snodo tra A4 e Passante di Mestre, sulla punta orientale di Veneto City, o gli alberi previsti da Cucinella e Kipar che dovrebbero occupare gli spazi di campagna, in attesa delle colate di cemento; peraltro con un paradossale effetto di museificazione del paesaggio, ridisegnando e sovrapponendo campagna a campagna (filari di alberi, corsi d’acqua) all’interno di una città finta.

 

CHI CI GUADAGNA CON VENETO CITY?

Tutti possono constatare il caos di traffico generato dall’IKEA a Padova Est. Luigi Endrizzi assieme a Marchi (patron di Save Aeroporti e grande amico di Galan) fu l’ideatore di quella operazione.  Alla fine degli anni ‘90, quando non era ancora stata decisa la costruzione del Passante, Endrizzi costituisce la società Veneto City e, per una fortuita coincidenza, inizia ad acquistare terreni per circa 400.000 mq in comune di Dolo, proprio nei pressi del futuro del Passante. Veneto City ha un capitale sociale di oltre 9 milioni di euro; attualmente Endrizzi detiene il 26% delle azioni tramite due s.r.l. con capitale sociale di 10 mila euro ciascuna, Vecifin e Lefim Unipersonale. In buona sostanza a Endrizzi fanno capo 2 milioni e 400 mila euro di azioni attraverso due società minuscole. Curioso che una parte di queste azioni siano state date in pegno il 27 maggio scorso a Giancarlo Selci, industriale di Pesaro attivo nel settore macchine per lavorazione del legno. Sempre a Selci sono state date in pegno parte delle azioni della s.r.l. Makore (10 mila euro di capitale) di Andrighetti (importatore di legnami di Piove di Sacco), che detiene il 10% di Veneto City. Altro socio di Endrizzi in questa impresa è Giuseppe Stefanel con il 26% delle azioni intestate a Finpiave (una parte sempre in pegno a Selci). Con il 6% recentemente è entrata in Veneto City anche la Pittarello Holding (quella delle scarpe), le cui quote di maggioranza sono state acquistate dal gruppo Benetton (Società Autostrade). Ma la novità più importante è che nel consiglio di amministrazione di Veneto City è entrato con il 22% anche “mister appalto”, alias Piergiorgio Baita della Ing. Mantovani S.p.A., il gruppo che ha il “monopolio” degli appalti in Veneto ed è di proprietà della famiglia Chiarotto a capo della quale c’è Romeo, un tempo molto vicino al potente ex presidente democristiano della Regione Franco Cremonese. Con l’esplodere di Tangentopoli Chiarotto, allora molto amico di Cremonese, viene indagato e subisce l’onta di un arresto nell’ambito dell’indagine sugli appalti di Autovie Venete, poi conclusasi per lui con un patteggiamento. Anche Baita (braccio destro di Cremonese) e attuale amministratore del gruppo, finisce travolto dalla Tangentopoli veneta: Felice Casson e Ivano Nelson Salvarani lo fanno arrestare nell’ambito dell’inchiesta che svela la spartizione degli appalti tra i socialisti di Gianni De Michelis e i democristiani di Bernini e Cremonese. Parla con i giudici per ore svelando i meccanismi di distribuzione degli appalti. Ne esce con un’assoluzione.

PROPRIETARI DEI TERRENI

Ma Veneto City spa non è l’unica cordata in campo. Proprietario di un’altra parte di terreni è anche il Gruppo Basso/Lefim di Treviso, che negli ultimi due anni ha sfiorato il fallimento e ha rinegoziato il debito con le banche per due volte; a fine 2010 ha perso il ricorso al Consiglio di Stato per l’apertura del outlet di Roncade: circa 100 milioni di euro immobilizzati. Ad appesantire la situazione della società anche recenti investimenti in Libia. Particolare curioso: advisor di una delle operazioni di rinegoziazione del debito è stata Finint, finanziaria di proprietà di Marchi, amico di Endrizzi e Galan.

Operazioni come Veneto City partono da lontano. Gli speculatori immobiliari, ancor prima della progettazione del Passante, avevano già acquisito molti terreni agricoli a prezzi vantaggiosi in seguito convertiti dai Comuni ad altra destinazione d’uso. In questo modo ingenti somme sono state investite in un affare caratterizzato “dalla scarsissima trasparenza della mano pubblica il cui iter è stato concluso con l’approvazione da parte della Provincia di Venezia guidata da Zoggia” (Renzo Mazzaro – La Nuova Venezia).

Chi, in tutti questi mesi e anni, dal governatore Giancarlo Galan ai sindaci di Dolo, Pianiga e Mirano, passando dall’ex presidente della Provincia Davide Zoggia, ha pubblicamente e ripetutamente garantito che su Veneto City “non esiste alcun progetto preciso”, e che “tutto verrà deciso esclusivamente in base al bene e alle esigenze della collettività”, ha, parallelamente, sollecitato la buona riuscita dell’operazione.

 

ENDRIZZI DIXIT

E’ il 2007 quando Endrizzi presenta la prima versione di Veneto City ai comuni di Dolo e Pianiga e alla provincia di Venezia. Dopo aver raccontato che da ‘assatanato’ cacciatore da 30 anni uccide ogni anno 100/120 beccacce, alla ristretta cerchia di consiglieri snocciola la sua filosofia: l’area di progetto è per Endrizzi nientemeno che “l’ombellico d’europa” e vi si realizzerà “una capitale del terziario del Veneto”, “una City di dimensioni internazionali”, “il bilanciamento a nord est di quello che è Milano a Nord Ovest”. Ma cosa ci sarà dentro tutti questi metri cubi. Beh, c’e un po’ di tutto: Fiere, musei, outlet, negozi, alberghi, ospedali, uffici, università…. Tutto fa brodo per chi è proprietario del 20% dell’intera area e, casualmente di quella parte che sarà immediatamente impegnata dalle costruzioni. Già, ma chi dovrebbe costruire tutto ciò, chi dovrebbe investire i 4-500 milioni di euro all’anno per 20 anni? Semplice, nel Consorzio che dovrà essere costituito, come dice Endrizzi, ci entreranno “le banche, le autostrade ( i gestori), veneto sviluppo, e soprattutto enti pubblici. Insomma, Veneto City, se sarà, la pagheranno alla fine i cittadini con le loro tasse, i loro risparmi, i pedaggi delle autostrade che finiscono nelle casse di noti benefattori come Benetton o Mantovani, non a caso recentemente entrati nella società Veneto City spa. Soldi che potrebbero essere utilizzati per i servizi pubblici, per investimenti occupazionali, per la ricerca invece che premiare la mera rendita fondiaria. Ma chi e quanto ci guadagna da Veneto City?  Lo sappiamo dallo stesso Endrizzi che nella stessa presentazione afferma: ”anche le parti (già) edificate con il tempo dovranno essere riqualificate e quindi chi avrà le aree lì prenderà soldi a sufficienza per andarsi a realizzare la sua azienda da un’altra parte e mettersi anche dei soldi in tasca. Quando il valore degli immobili esistenti per effetto di Veneto City che nasce sarà tale da consigliare ai proprietari di vendere quello che hanno, perché con i soldi che prendono possono farsi un’altra azienda nuova e anche avanzarsi qualche cosa che io valuto attorno ai 1000 euro al metro quadrato…per fare un esempio pratico: se uno ha un lotto di 10.000 metri normalmente ci costruisce 5000 no? E quindi se tu gli dai 10 milioni di euro questo qua ne spende 5 per farsi una fabbrica nuova e 5 se li mette in tasca. Adesso così facendo il conto della serva”. E con il conto della serva si capisce che ciò che la società Veneto City Spa guadagna con la pura e semplice approvazione della variante urbanistica sono almeno 500 milioni tondi, come risulta dalla moltiplicazione dei 500.000 mq in suo possesso per 1000 euro. Un capitale fondiario sufficiente a salvare qualsiasi azienda in crisi. Per quanto riguarda la viabilità, Endrizzi afferma che lui ci metterà 100/150 milioni di euro. Ma dal quadro economico allegato al recente accordo di programma si scopre che per la prima fase sono previsti solo 65 milioni di euro, di cui 24 per la stazione SFMR (a servizio di VC) e il rimanente è relativo ad opere viarie interne o adiacenti a VC. Intanto i 30 milioni di euro per il casello autostradale di Albarea funzionale a VC sono tutti a carico del pubblico, cioè dei contribuenti. (informazioni tratte dalla registrazione integrale della presentazione di Veneto city alla Giunta di Pianiga nel novembre 2007)

 

LE RICADUTE NEGATIVE SULLA COLLETTIVITA’

Il commercio, il paesaggio, la cultura locale e la socialità. Il piccolo commercio dei centri storici ha subito una veloce e inarrestabile crisi dovuta al proliferare di ipermercati, centri commerciali e outlet.

Veneto City diventerà il più grande centro polifunzionale d’Europa e la preoccupazione per l’economia dei paesi circostanti è stata più volte sollevata dalle Associazioni di categoria dei commercianti. Il nostro paesaggio rurale verrà deturpato da torri alte 150 metri e da una città artificiale con 40.000 presenze al giorno stimate, che di notte si svuoterà completamente.

Inoltre la diffusione di questi “non-luoghi” offende l’identità originaria delle nostre località e induce una fruizione distorta del tempo libero e socialità, sostituendosi alle piazze.

IL GRANDE PARADOSSO

Il motivo principale addotto dalla Regione per avallare operazioni come Veneto City, Tessera City e altri, è che vanno concentrati i poli insediativi in quanto “è ora di finirla con villettopoli e con la diffusione disordinata nel territorio di capannoni”. Ma allora perché non costruire questi nuovi poli nelle grandi aree dimesse come Porto Marghera, tra l’altro servita da una buona rete infrastrutturale? Costano troppo le bonifiche? Invece di costruire inutili “grandi opere” lo stato spenda i soldi per risanare queste aree; un’operazione di questo tipo consentirebbe di salvare i posti di lavoro e di crearne di nuovi altamente specializzati.

Di fatto incentivare l’economia legata alle costruzioni, oltre che agevolare quasi esclusivamente i soliti noti legati al partito del cemento, ha una prospettiva di breve periodo e provoca irreparabili danni ambientali, sociali ed economici che colpiscono tutta la collettività.

IL RISCHIO IDRAULICO

Uno dei principali problemi ambientali della provincia di Venezia, da tutti riconosciuto, è il consumo di suolo, che già allo stato attuale ha raggiunto livelli più che preoccupanti ai quali è legata la fragilità dell’assetto idrogeologico. Veneto City è progettata su un’area ad elevato rischio idraulico, Superfluo ricordare, a questo proposito, le emergenze sempre più frequenti di esondazioni e vere proprie alluvioni.

IL TRAFFICO

Il traffico previsto dagli stessi progettisti è di 3.500 veicoli ora con punte di 7.000, un flusso veicolare di 70.000 veicoli al giorno. Il Piano trasportistico presentato dai progettisti prevede solo la viabilità interna all’area, ed un nuovo collegamento della variante sp 28 con la sp 25. Ma Veneto City attrarrà traffico da tutto il Veneto e da alte regioni confinanti mandando definitivamente in tilt tutta la viabilità del Graticolato, del Miranese e della Riviera. L’operazione Veneto City finirà quindi per giustificare la realizzazione di nuovi assi stradali, cementificando ulteriore suolo agricolo.

CRONISTORIA DEL PROGETTO

Gennaio 2009: presentazione da parte dei proponenti di Veneto City di uno studio trasportistico che prevede un casello ad Albarea. · Agosto 2009: il Commissario Vernizzi presenta pubblicamente, con procedura di legge obiettivo, il casello: il caso vuole che sia previsto in località Albarea. ARRETRAMENTO DELLA BARRIERA DI VILLABONA . La delibera CIPE 80/2003 relativa al Passante prevede l’arretramento a Roncoduro della barriera di Villabona. . Il 20 settembre 2004 con decreto n.12 il Commissario approva il progetto del Passante sulla base della delibera CIPE. . In novembre 2007 il Commissario Vernizzi scrive alla Società Passante di Mestre e all’Ing. Giuseppe Fasiol che verrà mantenuta la barriera a Villabona. Nel comunicato stampa della Regione Veneto n. 1104 del 7 luglio 2008, l’assessore Chisso, il Commissario Vernizzi e l’a.d. della società autostrade PD-VE Brentan definiscono il casello di Vetrego “provvisorio.. per permettere…la successiva realizzazione della nuova barriera di Roncoduro. . Il Commissario col decreto 72/2008 che approva un nuovo progetto esecutivo che non prevede l’arretramento. I decreti che hanno prorogato lo stato di emergenza fino al 30 novembre 2009, limitavano l’attività del Commissario ad “assicurare il completamento delle iniziative intraprese”. Ma il Casello di Albarea non è un’opera di completamento. Su quanto avvenuto, CAT ha presentato tre esposti alla Procura della Repubblica per far luce sui fatti.

PER IL BENE DI TUTTI

Della nuova città del consumo, Veneto City, concepita dal centrosinistra provinciale e partorita dal centrodestra marcato Lega, ciò che più lascia interdetti è la gelosa custodia del silenzio che ne ha caratterizzato l’approvazione, quasi fosse cosa estranea alla vita ed agli interessi della comunità. Paradossale il fatto che parte delle procedure utilizzate siano previste dalla Legge n. 241/90, che è la legge sulla trasparenza amministrativa. Non l’unico paradosso a dire il vero, visto che il Prg di Dolo con i piani norma 4 e 5 introduce la possibilità di costruire capannoni nell’area in questione nel 29.6.1999, mentre Veneto City Spa nasce già il 20.1.1998. Sarà forse per quello che solo a Dolo i Capannoni ad uso industriale possono essere suddivisi in 3 piani in 10 metri di altezza massima, di tre piani. Interessante domanda da rivolgere all’ex amministrazione dolese che alla fine del 2004, allo scadere del mandato, inoltrava alla Provincia la proposta di variante puntuale del PRG del Comune di Dolo per il settore produttivo in località “Arino”. Proposta subito accolta dall’allora presidente Davide Zoggia che nel febbraio 2005 siglava “l’Accordo per la pianificazione coordinata relativa alla proposta di variante puntuale del PRG del Comune di Dolo relativamente alla previsione di ampliamento di una area produttiva tra la Regione, la Provincia, il Comune di Dolo, il Comune di Mirano il Comune di Pianiga”. Visto che nel 2005, grazie l’ex Sindaco Bertolin, il Consiglio Comunale di Dolo non ha poi adottato la variante al PRG relativa al progetto Veneto City nei tempi utili previsti dalla normativa, le parti in causa hanno considerato la possibilità di avvalersi dello strumento dell’”Accordo i Programma”, previsto dall’art. 32 della L.R. 35/200. L’accordo di programma permette infatti di velocizzare i tempi di approvazione evitando il “passaggio” attraverso i nuovi strumenti della pianificazione territoriale (il PTCP per il livello provinciale il PAT per quello Comunale), che richiedono tempi più lunghi e procedure più complesse. Ed è a questo punto che entra in scena la Regione, perché l’art. 32 della L.R. 35/2001 prevede che sia proprio il Presidente della Giunta regionale l’istituzione che può promuovere, ma soprattutto portare a conclusione l’iter amministrativo. Infatti come recita la norma, “L’accordo consiste nel consenso unanime dei soggetti interessati, autorizzati a norma dei rispettivi ordinamenti in ordine alla natura e ai contenuti dell’accordo stesso. Esso è reso esecutivo con decreto del Presidente della Giunta regionale ed è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto. L’accordo sostituisce ad ogni effetto le intese, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta previsti da leggi regionali. Esso comporta, per quanto occorra, la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, nonché l’urgenza e l’indifferibilità dei relativi lavori, e la variazione integrativa agli strumenti urbanistici senza necessità di ulteriori adempimenti”. E’ chiaro il senso? Grazie ad alchimie amministrative, il puro interesse di privati è divenuto interesse pubblico. E’ questo ciò che i Sindaci di Dolo e Pianiga hanno firmato dopo aver convocato d’urgenza i Consigli Comunali ed aver avuto lo scontato voto favorevole di maggioranze bulgare che non rappresentano la maggioranza dei cittadini. Hanno trasformato la causa di Endrizzi, di Stefanel, di Benetton, nella causa di tutti. Insomma, ringraziando PdL, PD e, da ultimo, la Lega, Veneto City la fanno per noi, per il bene di tutti.

MA E’ VERO CHE VENETO CITY …

I sostenitori e i proponenti di Veneto City utilizzano in modo artificioso alcune argomentazioni per giustificare la bontà dell’operazione. Ma vediamo in 10 punti se è proprio vero che Veneto City…

1. Porta lavoro

Endrizzi e soci promettono 7000 nuovi posti nel 2020 e altri 6000 nel 2030. Peccato che le persone hanno il brutto vizio di mangiare tutti i giorni e che la disoccupazione è un problema che richiede risposte oggi. In ogni caso, anche ammettendo che queste stime siano attendibili ( e non lo sono), uno studio commissionato dalla Confesercenti dimostra come per 1 posto di lavoro nella grande distribuzione se ne perdono 3 nel commercio al dettaglio. Di fatto un Polo delle dimensioni e delle caratteristiche di VC prosciugherebbe i centri storici dei paesi rivieraschi (e oltre) facendo chiudere tutti o quasi i piccoli – medi esercenti, e riducendo sul lastrico centinaia di famiglie. Inoltre la previsione di 70.000mq di superficie ricettiva e i gravi danni all’ambiente e al paesaggio arrecati da Veneto City e da tutte le strade e autostrade connesse, mineranno la vera vocazione di questo territorio: quella turistica e culturale. Il settore turistico locale salterebbe letteralmente per aria. Insomma, a conti fatti, il saldo dei posti di lavoro sarebbe sicuramente negativo. Nemmeno l’indotto temporaneamente generato in fase costruttiva è argomento che regge: si sa che proprio in queste situazioni, il settore edile è uno di quelli con il più alto tasso di manodopera dequalificata, sottopagata (e in nero), e con bassissimi livelli di diritti e di sicurezza.

2. Fa bene all’ambiente

Le conclusione del Rapporto Ambientale dei proponenti e della Commissione Regionale Valutazione Ambientale Strategica (VAS) è che: “Veneto City non ha ricadute negative sull’ambiente”, ma anzi solo effetti positivi. Per questo motivo l’analisi VAS è stata ritenuta non necessaria. Ma nel rapporto ambientale sono assenti o estremamente carenti studi e analisi riguardanti impatti non proprio secondari provocati da VC, come ad esempio: inquinamento atmosferico e elettromagnetico, qualità delle acque e sicurezza idraulica, cantierizzazione, valutazione di incidenza ambientale, gestione dei rifiuti, discariche di rifiuti tossici presenti nell’area, cumulo degli impatti con altre opere … il tutto inserito in una situazione ambientale già ora estremamente critica. Ad avvisare la Regione di questi “buchi” e a chiedere almeno degli approfondimenti se non la VAS stessa, sono stati enti come ARPAV, USSL 13, Provincia di Venezia, Consorzio di Bonifica, Direzione Regionale Ambiente… Come mai la Commissione VAS ha ritenuto superfluo fare delle verifiche più accurate e ha dato semaforo verde all’operazione? Forse perché una valutazione più dettagliata avrebbe portato ad una conclusione diversa, cioè che gli impatti causati da VC sarebbero talmente gravi da non consentirne la realizzazione?

3. Riqualifica il Paesaggio

Sarà anche tutto relativo, ma sostenere che aggiungendo cemento al cemento si migliora il Paesaggio ha tutta l’aria di essere una barzelletta. Secondo i progettisti, il nuovo Polo del Terziario Avanzato metterebbe ordine al caos urbanistico accentrando funzioni che ora sono sparse in tutto il territorio; ma in realtà i centri commerciali, gli hotel, i centri direzionali e tutto quello che è previsto in VC andrebbe ad aggiungersi e non a sostituire la miriade di zone artigianali/commerciali che assediano la campagna veneta. Inoltre se è vero che i capannoni attualmente previsti sono brutti e inutili, altrettanto fuori luogo sono palazzi e torri alte fino a 80 m a due passi dal Graticolato Romano, zona archeologica di interesse nazionale, e dalle Ville Venete della Riviera. Quanto alle promesse dell’architetto Mario Cucinella di privilegiare il “verde”, si tratta anche in questo caso di un’operazione di puro “maquillage”, visto che la maggior parte delle piantumazioni di alberi previste inizialmente saranno sostituite dal cemento, e molte delle “aiuole” sono in realtà tetti verdi o riporti di terra per nascondere i 600.000mq di parcheggi sotterranei.

4. Diminuisce il consumo di suolo

Si dice che rispetto a quanto previsto dalla pianificazione vigente (capannoni industriali) il progetto VC diminuisce il consumo di suolo perché si sviluppa di più in altezza. In realtà la superficie cementificata per costruire i soli edifici è praticamente la stessa; con la differenza che VC ha bisogno di molte più strade, parcheggi e altre infrastrutture di servizio (es. nuova stazione, casello di Albarea). Quindi a conti fatti la superficie impermeabilizzata (oggi quasi totalmente agricola) sarà di almeno il doppio rispetto a quella che sarebbe consumata se si realizzassero i capannoni (almeno 700.000mq contro  367000 mq). Si tenga poi conto che comunque l’area complessivamente interessata dall’intervento (prima fase) è di almeno 1.000.000 di mq. E se invece di capannoni, “scatoloni”, o grattacieli si facesse un confronto con un intervento di compensazione ambientale (es. un bosco di pianura), quanto sarebbe il territorio risparmiato?!

5. E’ la migliore operazione possibile

Il Sindaco di Dolo si ostina ripetere che se non si fa Veneto City, allora si dovranno fare i capannoni già previsti dal PRG. A parte il fatto che sarebbe proprio da vedere chi ha ancora il coraggio di investire in capannoni, in una situazione in cui ce ne sono tantissimi di dismessi e in piena crisi economica. Ma in ogni caso, quello che il Sindaco colpevolmente non dice (o non sa?), è che, a 13 anni dall’approvazione del PRG, tenuto conto che nel frattempo è cambiato il mondo, e che non sono mai stati presentati dei veri e propri progetti edilizi da parte dei proprietari dei terreni, i Comuni possono cambiare come vogliono la destinazione d’uso di quelle aree senza che i privati possano ribattere nulla e senza conseguenze sul piano legale. A riprova che è possibile fermare sia Veneto City sia i capannoni ci sono sia esperienze dirette di altri Comuni (es. Grottamare), sia sentenze del Consiglio di Stato e del TAR. In altre parole, se il Comune di Dolo lo vuole, si può fermare il cemento e decidere di destinare  quelle aree a opere di compensazione ambientale

6. Migliora la mobilità

Nuova stazione, piste ciclabili, mobilità sostenibile… queste le promesse dei proponenti. In realtà il traffico generato da VC, per loro stessa ammissione, sarà di almeno 70.000 veicoli in più al giorno (attualmente in Riviera presso Casello 9 ne transitano circa 24.000/giorno). E infatti l’area prevista a parcheggio è dimensionata per 30.000 nuovi posti auto!!! Inoltre, Veneto City, come un tumore ha bisogno di arterie per alimentarsi e attirerà su di sé la Romea Commerciale, la Camionabile, le Tangenziali BS-PD, il tutto corredato da una miriade di opere “minori” – innesti, svincoli,, nuovi caselli, ecc… . Di questo ovviamente non si è tenuto conto nelle relazioni tecniche. Infine i progettisti hanno curato molto bene la viabilità interna e di accesso a VC, ma hanno tralasciato di occuparsi dei problemi e delle soluzioni per tutta la viabilità circostante, già oggi in grave sofferenza. Conclusione: con VC sono assicurati più  traffico, più smog e più tumori.

7. Migliora la sicurezza idraulica

Secondo Comuni e proponenti, nonostante la pesante cementificazione, i bacini di laminazione e le opere di mitigazione consentirebbero di mettere in sicurezza un’area classificata ad alto rischio idraulico. Il Consorzio di Bonifica, ente competente in materia, non è però così sicuro; e infatti in una nota inviata alla Commissione Regionale VAS, il Consorzio si astiene dall’esprimere un parere fino a quando non saranno forniti dati e informazioni più dettagliati in particolare per quanto riguarda: “l’analisi di dettaglio dello stato attuale del sito, la verifica della disponibilità e della effettiva trasformabilità delle aree utilizzabili per le opere di mitigazione, l’individuazione e il dimensionamento degli interventi ottimali per raggiungere l’obiettivo della riqualificazione idraulica, le garanzie (anche in termini finanziari) per una loro effettiva esecuzione”. Visto con chi abbiamo a che fare, che sia da fidarsi?!

8. Rende ricchi i Comuni

In una operazione da almeno 2 miliardi di euro, i contributi extra concordati per gli enti pubblici si aggirano intono allo 0,09%, precisamente: per il Comune di Dolo 1.800.000 euro, per Pianiga 1.200.000 euro, per la Regione 1.500.000 di euro.  Insomma poco più che elemosine quelle elargite da Endrizzi e soci. Ma i Comuni dicono di fare affidamento soprattutto sugli introiti derivati dall’ICI (permanenti) e dagli oneri di urbanizzazione (una tantum). Effettivamente, almeno inizialmente, la svendita del territorio permetterà agli enti locali di “fare cassa”, ma ben presto la “pacchia” sarà destinata a trasformarsi in un vero e proprio cappio per i bilanci comunali. Infatti la manutenzione delle opere cedute ai Comuni a scomputo degli oneri di urbanizzazione (esterne al perimetro di intervento), avrà costi ingentissimi e graverà vita natural durante sulle voci di spesa dell’ente. Se a questo aggiungiamo poi i costi mai conteggiati da nessuno delle esternalità negative causate da VC, come ad esempio gli effetti sulla salute provocati dall’inquinamento, l’intasamento da traffico, gli allagamenti, ecc… , allora si fa presto a capire che nel giro di qualche anno il “buco” di bilancio causato da VC potrebbe essere talmente grande da indurre i Comuni a manovre pesantissime o all’indebitamento. E alla fine a pagare saranno sempre e solo i cittadini, mentre i proponenti si saranno assicurati profitti milionari portando a termine un affare immobiliare senza precedenti.

9. Porta nuove opere pubbliche

Le principali nuove opere pubbliche di cui si parla sono: un’altra stazione SFMR, il casello di Albarea, la viabilità di collegamento verso Vigonza (viabilità TAV), alcune bretelle e interventi di adeguamento per facilitare l’accesso a Veneto City. La prima domanda è: ma senza Veneto City ci sarebbe bisogno di queste infrastrutture? La risposta è no, perchè ad esempio il nuovo casello autostradale è funzionale solo a VC, mentre basterebbe riaprire quello di Roncoduro per alleggerire immediatamente il traffico della Riviera; di stazioni SFMR ce ne sono già abbastanza, mancano però un numero sufficiente di treni. La seconda domanda è: chi paga? Stando a quanto scritto nell’accordo di programma a carico dei proponenti c’è la nuova stazione (circa 23.000.000 di euro), mentre la viabilità complementare è a carico di chi (?) realizzerà gli edifici di VC. Il casello di Albarea non compare invece nell’accordo, e quindi i 30.000.000 di euro stimati sono da considerarsi a carico dei contribuenti, così come i soldi già spesi per la stazione di Vigonza (appena costruita) che verrà inevitabilmente chiusa e sostituita da quella nuova. In conclusione anche per quanto riguarda le nuove infrastrutture la “bilancia” finisce per gravare sulla collettività a vantaggio dei privati sia in termini economici, sia in termini di maggiori impatti su ambiente e salute.

10 E’ di Pubblica utilità

Secondo quanto si legge nell’accordo firmato, la pubblica utilità consisterebbe soprattutto nella “possibilità di creare un luogo particolarmente idoneo, delle strutture e delle opere in cui le aziende venete possono rappresentarsi nel panorama internazionale”. Ammesso e non concesso che questa si possa definire “pubblica utilità”, la maggior parte delle superfici previste in VC sono dedicate a funzioni tipo commerciale, tempo libero, ricettivo e altre analoghe che nulla hanno a che vedere con la rappresentazione delle aziende venete nel panorama internazionale. La realtà è che VC è un progetto che non ha nessuno dei requisisti fondamentali per essere approvato con accordo di programma, vale a dire: pubblica utilità, indifferibilità e urgenza. Veneto City è un ammasso di scatoloni vuoti, una grande operazione di rendita immobiliare spacciata come “benefica”.

 Clicca sull’immagine per leggere la formula magica che

ha permesso ai proponenti di raddoppiare la cubatura edificabile !!

 

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